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E' forse giunto il momento per un nuovo QE americano?

Pubblicato 31.08.2015, 17:15
Aggiornato 09.07.2023, 12:32

Sui quotidiani economici dominano gli articoli sulle deboli condizioni economiche della Cina e le speculazioni su ciò che la Yellen potrebbe decidere con i tassi di interesse. 10 mesi fà, quando i mercati si erano indeboliti, il Giappone, la Cina, Draghi, la Banca d'Inghilterra, sono intervenuti con una politica monetaria molto più flessive. Ora gli stessi protagonisti e molti altri, stanno adottando ulteriori misure di allentamento delle condizioni finanziarie.

Nel caso della BCE e della BOJ (Bank of Japan), questo significa stampare moneta, mentre cosa fa la Federal Reserve? Sta pensando di alzare i tassi di interesse. Cosa invece potrebbe fare la Fed se volesse seguire il gruppo? Riproporre un quantitative easing, altrimenti noto come stampa di denaro sotto forma di QE4. Ray Dalio (tra gli altri) ha suggerito proprio questo. Ecco che cosa ha detto in un'intervista: Un altro giro di quantitative easing darebbe sicuramente ulteriore stimolo ai mercati azionari indeboliti.

Diamo uno sguardo a come lo S&P 500 ha risposto ai tre precedenti stimoli da parte della Fed.

L'esperimento iniziale ha richiesto un paio di mesi affinché il mercato si rendesse conto di ciò che stava accadendo, quando lo ha fatto però, i mercati hanno visto un'espansione prolungata. È interessante notare che, quando il primo QE si è concluso, il mercato si è indebolito, come previsto, anche se è avvenuto con un certo ritardo.

Quando il QE2 è stato attivato, circa un anno dopo la fine del primo, ovviamente, il mercato ha risposto positivamente. Poi, quando si è concluso, il mercato ha nuovamente risposto negativamente.

Qualcosa di simile è avvenuto con il QE3. Quindi possiamo affermare che, anche se l'indice S&P 500 è molto più volatile rispetto all'espansione del bilancio della Fed, è difficile negare però che questi due si sono mossi in tandem negli ultimi anni. Quando la Fed ha ampliato le sue consistenze di bilancio, l'indice è salito e, quando la Fed ha smesso di intervenire aggressivamente le azioni si sono stabilizzate o sono diminuite. Queste osservazioni danno alla Fed e ai politici sufficienti munizioni per evitare una caduta dei mercati azionari, semplicemente, potrebbero riproporre un quantitative easing, anche se la scorsa settimana, la volatilità azionaria cinese si è estesa ai mercati globali, portando gli investitori verso una sicurezza percepita quali le obbligazioni governative e lo yen giapponese. Questo ha anche spinto gli investitori a riconsiderare che la Federal Reserve avrebbe alzato i tassi di interesse già a settembre. La riunione del fine settimana a Jackson Hole, tra i banchieri delle Banche Centrali, tuttavia, potrebbe aver dissipato alcuni di questi dubbi, infatti i funzionari della Fed hanno suggerito che la recente volatilità del mercato non aveva materialmente cambiato il loro modo di vedere la ripresa economica degli Stati Uniti con un continuo miglioramento del mercato del lavoro.

L'esperienza del Giappone

La Fed non è certamente l'unica banca centrale che ha optato per la crescita del suo bilancio per raggiungere i suoi obiettivi. Un buon esempio è la Banca del Giappone (BoJ). La BoJ prese le cose alla leggera durante i primi anni della crisi finanziaria. Ma, successivamente, ha intensificato i suoi sforzi di espansione del bilancio in modo drammatico in quello che sembrava essere lo sforzo finale per sbarazzarsi della deflazione strutturale che è costata al Giappone due decenni di crescita economica. Dall'inizio del massiccio aumento del bilancio BoJ, i titoli giapponesi (NKY) hanno risposto particolarmente bene. Come per gli Stati Uniti l'aumento più rapido del quantitative, è coinciso con un netto miglioramento per i titoli azionari. Nel grafico si può notare qual'è stata la performance dell'indice Nikkei durante le operazioni di quantitative della Banca Centrale del Giappone. Sorprendentemente, c'è un rapporto incredibilmente forte negli ultimi anni. Gli investitori giapponesi possono ringraziare la loro banca centrale per tali ritorni.

L'esperienza europea

Ecco l'esperienza europea, in questo caso è stato preso come riferimento l'intervento della Banca centrale europea (BCE) e la performance dell'indice tedesco DAX. Il legame più netto si presenta negli ultimi 12 mesi. È interessante notare che, anche se i tedeschi disprezzano l'idea che la BCE continui a stampare denaro, gli investitori tedeschi hanno trovato un modo per trarne vantaggio, anche se non in modo cosi netto come negli altri paesi. Inoltre in questo momento sembra non sortire più nessun effetto. In primo luogo, la dimensione dell'espansione del bilancio della banca centrale è nettamente inferiore rispetto ai paesi sopra menzionati. Inoltre, nei casi precedenti l'espansione del bilancio si qualifica come quantitative easing a titolo definitivo (cioè acquisto di bond). Tuttavia, la crescita del bilancio della BCE è il risultato di sistemi di rifinanziamento a lungo termine (LTRO) per le istituzioni finanziarie. Questo non è necessariamente visto come un quantitative easing. Come la BCE ha dichiarato: "il quantitative easing della Fed è un sostituto per allentamento convenzionale, una volta che il tasso di riferimento ha raggiunto il limite di zero, le operazioni non convenzionali della BCE, mirano soltanto a garantire una corretta trasmissione della politica monetaria e potrebbero concettualmente essere intraprese con qualsiasi livello di tasso di interesse". Di qui, sia la dimensioni che la natura dell'espansione del bilancio da parte della BCE differiscono da quella dei paesi di cui sopra. Detto questo la BCE ha realizzato il suo Programma di Sicurezza dei Mercati (SMP) quando il rendimento dei titoli dei paesi periferici è salito alle stelle, ma la quantità totale delle obbligazioni acquistate finora è stata molto piccola. Il calo del prezzo del petrolio nell'ultimo mese sta accentuando le spinte deflative nell'area euro. Non a caso l'inflazione attesa nella media a 5 anni (tasso swap 5y5y) è scesa nell'ultima settimana all'1,6%. Quando a febbraio scivolò all'1,5% la Bce decise che non c'era più tempo da perdere e lanciò il quantitative easing, un piano di acquisto di titoli di Stato e privati per dare ossigeno all'economia dell'area. Adesso che questo tasso sta rivedendo certe soglie, Peter Praet, membro della Bce non ha escluso un aumento del “Qe”. Giovedì è previsto il nuovo meeting della Bce e parlerà il governatore Mario Draghi. Gli investitori attendono di capire se anche Draghi la pensa come Praet e intende mettere il turbo al “Qe” europeo, una notizia che non farebbe certo dispiacere a chi finora ha puntato sul mercato azionario.

Diamo uno sguardo alla Cina

Possiamo affermare che, il mercato che ha fornito le migliori prestazioni in tutto il mondo negli ultimi dieci anni o giù di lì è il mercato cinese. È interessante notare che, nello stesso tempo, la banca centrale che ha stampato più soldi è, ovviamente, la Banca Popolare Cinese.

In definitiva

È interessante notare che una delle poche banche centrali che stà pensando, ora, ad una politica monetaria più restrittiva sia la Federal Reserve, forse la banca centrale più potente del mondo. E' un po' strano che gli americani vengano considerati un lupo solitario nel mondo della politica monetaria, ma poi, gli americani hanno sempre pensato a se stessi come, speciali. L'analisi del rapporto tra espansione del bilancio centrale e mercati azionari è molto semplicistico. Molti altri fattori potrebbero aver influenzato i risultati presentati sopra. Ad esempio fattori come i diversi mandati delle banche centrali, la crisi dell'euro, la salute del settore imprenditoriale locale durante questo periodo, gli effetti valutari, la correlazione dei mercati azionari in generale e molti, molti altri. Ciò non toglie, tuttavia, che l'impatto delle politiche delle banche centrali è meglio percepito nei mercati azionari che nell'economia globale.

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