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Mercati finanziari settimana del 7 dicembre

Pubblicato 06.12.2015, 10:45
Aggiornato 09.07.2023, 12:32


La BCE estende il Quantitative easing fino a Marzo 2017 ma lascia invariati gli acquisti mensili. Ulteriormente abbassato il tasso sui depositi presso la banca centrale a -0,30% da -0,20% (quindi inasprimento del costo di “inattività” per le banche). L’incremento in termini di impegno complessivo c’è, ma diluito nel tempo. Draghi non spara quindi tutte le cartucce come atteso dai mercati, probabilmente consapevole che torneranno utili in futuro.

Reazione decisamente negativa degli indici europei in settimana, mentre gli indici USA rimangono sostanzialmente stabili in attesa della loro banca centrale tra due settimane. Il dollaro si indebolisce contro le principali valute e assistiamo ad un buon rimbalzo delle materie prime.

Sugli indici (in particolare quelli europei) ovviamente nulla è perduto. Siamo di nuovo in prossimità dei supporti settimanali da dove potrebbero ripartire gli acquisti. Sempre con cautela per il momento, poiché le vendite sono scattate da livelli di resistenza “credibili”, ed è quindi un segnale che non può essere certo sottovalutato nel breve.

USA: tra i pochi indici con chiusura non negativa in settimana. Si recupera tutto venerdì dopo i dati sull’occupazione, superiori alle attese (+211k posti di lavoro creati a novembre). La Yellen stessa afferma che non ci sono più motivi per non alzare i tassi (quindi già dalla prossima riunione del 15 dicembre), ma che il rialzo sarà molto graduale. Graficamente non cambia nulla, si dovrà aspettare verosimilmente un paio di settimane per vedere qualche movimento più rilevante e direzionale.

Europa: cresce l’indice PMI dell’area Euro a 52,8, migliore rilevazione dell’anno. Bene Italia e Germania, sotto le attese quello della Francia, rimasto stabile a 50,6. Positivo anche il tasso di disoccupazione, che mostra un lieve progresso nei principali paesi. Ferma invece l’inflazione, misurata a +0,1% a novembre. Ma ha naturalmente prevalso la reazione alla BCE, che nel caso del Dax in poche ore ha portato giovedì i prezzi da resistenze (area 11.500) a supporti (area 10.500) di periodo. Ora situazione più dubbia, in caso di ulteriori ribassi nelle prossime settimane, quota 10.000 supporto principale di medio periodo

Italia: stabile all’11,5% la disoccupazione, ma con un preoccupante aumento degli inattivi e della disoccupazione giovanile. L’indice chiude sopra i 22.000, ma con i prezzi di nuovo respinti con violenza da 22.800. Prosegue di fatto il tedioso trading range tra 21.500 e 22.800 che dura ormai da due mesi. MACD di nuovo in incrocio ribassista, e situazione generale senza chiare indicazioni almeno finché non si esce da questo intervallo di stabilizzazione. L’anno scorso dicembre fu debole, ed il rialzo vero partì da gennaio: non è ipotesi da escludere a priori.

Asia: prevale la negatività, con solo Shangai in moderato rialzo tra i principali. Russia (-5,1%) e Turchia ancora penalizzati. Rimane sotto i 50 punti (49,6) l’indice PMI cinese, ormai per il quarto mese consecutivo. Prezzi di Shangai che nonostante l’incremento settimanale rimangono all’interno del potenziale canale ribassista, non ancora negato.


Anche il Giappone (-1,9%) ritraccia dalle resistenze più lontane (20.000), dopo aver ampiamente chiuso il gap di agosto. Trend che rimane rialzista, con primi dubbi solo con una chiusura sotto 18.500, primi supporti rilevanti

Latin america: per il Brasile il PIL del terzo trimestre sotto le attese (-1,7%) conferma lo scenario recessivo, con una situazione politica che si fa sempre più complessa. Il presidente della camera Cunha autorizza il procedimento di impeachement per il presidente Rousseff (bilanci statali truccati l’accusa più pesante), ma lo stesso Cunha è indagato per avere 4 conti milionari in Svizzera. Il tutto con il noto scandalo Petrobas sullo sfondo, il più grande intreccio di corruzione della storia del paese. In questo scenario i prezzi hanno tuttavia reagito dai supporti di area 45.000, ma reazione per ora insufficiente per scongiurare ulteriore debolezza.


Metalli: comparto dei preziosi che beneficia del generalizzato rialzo delle commodities più della componente industriale: finché non vi sono chiari segnali di ripresa cinese, sarà difficile vedere importanti spunti per Rame, Zinco o Nickel. Per l’Oro un buon rimbalzo dopo nuovi minimi pluriennali. Possibile estensione del rimbalzo, con prima resistenza a 1140. Guardando ai dati C.O.T., per il momento non vi sono stati acquisti da parte degli hedge funds, che anzi questa settimana hanno di fatto azzerato le loro precedenti posizioni nette rialziste, ponendosi così in maniera assolutamente neutrale rispetto a questo asset. Vedremo se la prossima settimana vi sarà qualche ritorno agli acquisti.


Agricoli: rialzi intorno al 3% per quasi tutti gli agricoli, in buona parte veicolati dall’indebolimento del dollaro. Caffè che si allontana dai minimi di periodo. Sulla rottura dei massimi di questa settimana, potenzialità di estensione fino a 135-140. Contrariamente all’Oro, qui qualche incremento di esposizione netta rialzista da parte degli hedge fund vi è stato, fornendo un ulteriore indizio a supporto.


Energia: la riunione OPEC si chiude con un nulla di fatto, rimane invariato il tetto di produzione di 30 milioni di barili al giorno (ma da tempo se ne produce regolarmene di più). Prezzi in pressione sul primo livello di supporto, i 40usd. Permane la pressione ribassista, che si allenterebbe solo sopra i 45 usd. In caso di ulteriori ribassi, molta attenzione al livello di 36 (attuale base del triangolo), che se rotto con decisione alimenterebbe gli scenari più cupi.

Eur-Usd: dopo l’annuncio della BCE, un rimbalzo giornaliero di oltre 3%, inusuale per questa coppia (da 1,05 fino a lambire 1,10 in poche ore). Come si ipotizzava la scorsa settimana, questa è una prima conferma che le decisioni delle banche centrali fossero in parte già scontate nei prezzi, ed ora si rimane in attesa della FED. Non sarà tanto importante il primo rialzo dei tassi, ma ciò che si dedurrà sulla tempistica dei successivi. Ma è difficile pensare ad una FED iper aggressiva sul rialzo, che alimenterebbe non graditi rafforzamenti del dollaro. Chiusura poco sotto 1,09, prime resistenze importanti tra 1,10 ed 1,11 in caso di estensione rialzista nelle prossime settimane. Siamo probabilmente in una zona prezzo che “soddisfa” i due contendenti (Usa ed Europa)


​Riccardo Zarfati
www.onehourtrading.it

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