Le Borse tornano a intonarsi verso un ottimismo che parte da Wall Street e si estende all’Europa. Sarà il fatto che si torna a parlare, se non altro, di economia e che questa, negli Usa, torna a crescere. Anche se la stessa Fed non si fida tanto. Oppure… Oppure potrebbe essere una strategia che serve per mettere le mani avanti in caso di rialzo anticipato (per la serie: comunque sia noi ve l’avevamo detto). Ad ogni modo la moneta unica continua a perdere terreno, deo gratias, e a permettere di vedere, in Europa, un minimo di speranza nel frattempo che il buon Mario (Draghi) si decida a dare lumi e concretezza alle parole. Settembre permetterebbe di avere un chiaro praticamente definitivo in un mese che storicamente non è molto favorevole all’azionario.
Su tutti l’acuirsi della questione geopolitica con l’arrivo, seppur mediatico, dell’Isis nella vita degli Usa con la decapitazione di un reporter statunitense. E la paura dell’escalation ritorna, anche se sembra ancora lontano (molto) l’intervento diretto: non conviene a nessuna delle parti in causa. Usa in primische preferiscono vedere l’andamento sui mercati in vista (e anche dopo) del meeting di Jackson Hole, nel Wyoming incentrato sul lavoro. Lavoro che migliora nel numero ma non nella qualità e nei salari, ancora bassi rispetto ai prezzi. Lavoro che continua ad essere precario, a tempo troppo determinato e che sottopagato, appunto. Una buona prospettiva per chi chiede l’allungamento delle politiche di “soccorso” per l’economia Usa. Un dato molto importante quello dei salari in un’economia che si basa per i 3/4 sui consumi dei privati e che sarà un problema da risolvere per i falchi, sempre più numerosi, presenti all’interno della Fed.
Dall’altra parte dell’oceano, invece, l’Europa. I nuovi report sulla produzione suggeriscono che l'economia non è in ripresa in modo significativo nemmeno per la seconda parte dell’anno con un PMI che da 53,8 è sceso a 52,8 calo generalizzato che si è diffuso anche alla Germania (ormai ex locomotiva d’Europa) e alla Francia (sempre più ufficialmente malato cronico come l’ha recentemente definita un editoriale del FT).
Numeri che per il terzo trimestre fanno prevedere una crescita non oltre lo 0,3% -0,4%, troppo poco, anche se positivo, per incoraggiare una inversione di marcia nell’immediato, complice anche la disoccupazione a due cifre presente ormai da tempo nell’eurozona e ai tanti punti deboli dell’area. Un’economia stagnante anche nel terzo trimestre dunque? le basse pressino inflazionistiche lo farebbero presupporre e la deflazione, realtà ufficiale già in alcune zone, potrebbe estendersi oltre l’area considerata tecnicamente più a rischio. Il tallone d’Achille continua a essere la relativa debolezza in corso nel settore industriale, più che altro perchè è un trend particolarmente forte e sistematicamente quasi ignorato dalla politica e dalle riforme.
Non dimentichiamo mai che quando i poteri forti della finanza dicono "buy" e' sempre sinonimo di "sell"