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Trading: metodo

Pubblicato 29.09.2014, 11:39
Aggiornato 09.07.2023, 12:32

Parliamo un po’ di metodo.

Un trader “ha un metodo”. Qualcuno ha il suo proprio metodo, altri adoperano qualcosa che hanno studiato, derivato, interpretato dalla letteratura, o semplicemente da chi gli vende segnali.

E’ un trader colui che ha un proprio metodo e non lo è chi invece si affida ai segnalatori? Può essere vero il contrario.

Avere un metodo per fare trading è essenziale. Se non ho il brevetto in mano di questo metodo però non sono escluso dal mondo del trading. Non necessita che io sia un inventore, un genio, un mago per essere un trader. Occorrono ben altre caratteristiche.

Paradossalmente un trader può non saper nulla di analisi tecnica, fondamentale, quantitativa o altro ed essere vincente.

Potrà sembrare ridicolo ma è così. Quel trader che si affidasse a dei segnali di terzi di cui abbia compreso e comprovato le caratteristiche intrinseche di probabilità e ne abbia così costruito un giusto utilizzo attraverso parametri di convenienza, condizioni da lui stesso rilevate per la loro profittabilità, potrebbe benissimo campare di ciò operando sul mercato.

Questo cosa significa? Significa solamente che la professione del trader ha molte risorse, una delle quali è il metodo. Questo è paragonabile a un impianto fisso che si può comprare da terzi oppure costruire in casa, cambiare, integrare, riparare, migliorare con le tecniche di impresa. Ne consegue che lo apprezziamo per la sua redditività e ci poniamo il problema di mantenerlo sempre al massimo grado di efficienza.

Tuttavia, pur con lo stesso “impianto fisso” non tutte le imprese (e il trader fa impresa) hanno la stessa redditività, alcune sono addirittura in perdita a fronte di altre che sono leader del mercato.

In ogni impresa, chi fa la differenza è il manager. In un’ impresa di trading è sempre il manager a fare la differenza. Se la figura del manager corrisponde a quella del trader, sarà quindi il trader a discriminare tra comportamenti conveniente e non. Lo farà nel ruolo di manager della sua impresa: un’impresa che investe denaro in finanza: money. Per semplice traslazione il trader fa la differenza nel ruolo di Money Manager.

Non pensiamo pertanto di utilizzare kelly, fixed ratio money management o altro che si voglia utilizzare a prescindere chiudendo lì la faccenda. Il mestiere del money manager non è semplice e non può ridursi ad un applicativo. Abbiamo dei fondi di investimento che non fanno altro che replicare uno o più indici. Più semplice di così! Basta avere i dati dei pesi dei titoli nell’indice e rifarlo tale e quale. La nostra performance sarà data da quella dell’indice stesso. L’asset allocation che replica i pesi dell’indice affidando denaro agli index funds diviene conveniente rispetto alla detenzione dei titoli in proprio per la riduzione delle quantità di transazioni rispetto a quello che il singolo sarebbe obbligato ad effettuare. Infatti negli index funds si compra una quota di tutto l’indice e non si è obbligati ad acquistare titolo per titolo il listino. Quando è necessario inserire e togliere titoli per ciclici cambiamenti dei pesi dell’indice, ci pensa la SGR. Tuttavia pur in questa passività, che nulla ha di sensazionale è il Money manager a fare la differenza, perché avrà come obiettivo quello di ridurre al minimo i costi delle transazioni, interagire convenientemente coi regimi fiscali, gestire in maniera oculata l’ingresso e l’uscita dei capitali privati nel proprio fondo, contenere i costi della gestione del risparmio (e altro).

La passività dettata dal fatto che l’index fund è esentato da coperture in derivati, carry trading, stock picking, timing, diversificazioni di portafoglio ecc,,, non esime dalla disciplina del money management.

Dove invece, come nelle nostre esperienze, abbiamo a che fare con una gestione attiva del denaro, peraltro nostro, dobbiamo oltre a questo capire come investire al meglio senza pregiudicare la capacità di far reddito della nostra attività. Il reddito deriva dai profitti, certo. Tuttavia il trader che faccia questo di lavoro deve pensare che con meno di 5000 euro /mese di profitti non va da nessuna parte. Già perché la parte che gli resta è attualmente: 3700 € (netto dopo le imposte). Ha delle spese per abbonamenti vari (o strumenti di analisi evoluti o, in alternativa per chi non avesse una propria strategia analitica, il servizio dei segnali) che nel caso più favorevole sono di 200 euro/mese, a dare € 3500 e poi deve sapere che nessuno gli darà la pensione e deve accantonare per quella.

E sappiamo bene che solo a fine anno possiamo fare un bilancio veramente consuntivo dei nostri profitti. Con ciò significando che non è possibile mese con mese pretendere di lasciare in piena efficienza i nostri investimenti prelevando la parte di reddito, a meno di avere in atto una quantità di denaro destinata al trading tale da essere capiente di una parte di reddito, una di profitto e una di extraprofitto (scelta consigliata).

Pertanto Ross, Elliott, Gann, Andrews, Fibonacci, price actions, pattern geometrici, armonici, giapponesi….. , quantitativi, algoritmici, fondamentali-macro, metodi proprietari, segnali comprati, regalati, mischiati singoli o fruttati, non bastano a questa professione.

Quello che conta è come siamo in grado di renderli efficienti, contestualizzandoli, storicizzandoli, interagendoci e funzionalizzandoli.

Essendo a fine mese dell’esperimento di trading che accompagna queste pubblicazioni, verranno pubblicati negli articoli a seguire alcuni dati sulle operatività del mese di settembre e mostrato dunque praticamente quello che in teoria abbiamo scritto qui, nell’articolo “Esperimenti di trading: riflessioni”; “trading: rischio rendimento”

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