Investing.com - I futures dell’oro sono in calo negli scambi europei di questo giovedì, ma resta sopra i 1.200 dollari tra i segnali che la Federal Reserve potrebbe rallentare il tasso di aumento dei tassi di interesse USA.
Sulla divisione Comex del New York Mercantile Exchange, l’oro con consegna ad aprile scende di 4,10 dollari, o dello 0,34%, a 1.207,30 dollari l’oncia troy alle 08:55 GMT, o alle 3:55 ET.
Ieri, il prezzo è salito di 3,20 dollari, o dello 0,26%.
I verbali del vertice di gennaio della Fed pubblicati ieri hanno rivelato che i policymaker temono che l’inasprimento delle condizioni finanziarie potrebbe pesare sull’economia statunitense e che stanno considerando una modifica dei previsti aumenti dei tassi di interesse nel 2016.
I policymaker hanno discusso di “modificare le precedenti opinioni sull’andamento del tasso dei federal fund”, secondo i verbali.
Giovedì scorso l’oro è schizzato al massimo di un anno di 1.263,90 dollari, grazie all’aumento della richiesta di investimenti rifugio. L’oro è schizzato di quasi il 14% finora quest’anno tra i segnali che i problemi economici e finanziari globali possano convincere la Federal Reserve a non alzare i tassi di interesse come annunciato quest’anno.
I traders non prevedono ulteriori aumenti dei tassi quest’anno, mentre la Fed ha intenzione di effettuare quattro aumenti. Un aumento graduale dei tassi di interesse avrebbe ripercussioni minori per il prezzo dell’oro rispetto ad una serie di aumenti in un breve lasso di tempo.
I dati economici previsti per oggi prevedono le richieste settimanali di sussidio di disoccupazione e l’indagine della Fed di Philadelphia sul settore manifatturiero, previsti alle 13:30 GMT, o alle 8:30 ET. I principali indicatori sono attesi alle 10:00.
Sempre sul Comex, i futures dell’argento con consegna a marzo scendono di 12,2 centesimi, o dello 0,79%, a 15,25 dollari l’oncia troy negli scambi della mattinata londinese.
Intanto, i futures del rame scendono mentre gli investitori valutano i dati mensili sull’inflazione in Cina.
L’Ufficio Nazionale di Statistica ha reso noto che l’indice dei prezzi al consumo in Cina è salito dell’1,8% a gennaio rispetto allo scorso anno, poco meno dell’1,9% previsto e dopo l’aumento dell’1,6% di dicembre.
L’indice dei prezzi alla produzione è sceso del 5,3% su base annua, contro il calo del 5,9% di dicembre secondo l’agenzia. I prezzi alla produzione sono in calo da 47 mesi consecutivi, per via della domanda debole e del calo dei prezzi globali delle materie prime.
Col 45% della richiesta globale di rame, la nazione asiatica è considerata il principale consumatore mondiale del metallo rosso.