Buongiorno ai Lettori di Investing.com.
Le prospettive rialziste del dollaro hanno subito una decellerazione, questo perché nelle ultime 24 ore abbiamo assistito a una minore propensione al rischio degli investitori.
Ma qual è il motivo? Sicuramente le ulteriori preoccupazione sulla riforma fiscale USA e le conseguenti ripercussioni sull’obbligazionario.
L'appiattimento della curva dei rendimenti è nuovamente esacerbata, basti pensare che lo spred tra la scadenza a 2 anni e la scadenza a 10 anni è appena di 67 punti base.
Niente di nuovo, verrebbe da dire, considerando che è da tempo che lo spread è decisamente basso.
Riduzione che, nelle ultime ore, è stata provocata da un calo del rendimento del decennale e ciò ha messo pressione ai rialzisti del biglietto verde.
Avendo precedentemente superato il 2,40%, il Bond statunitense è sceso al 2,35%.
La reazione più consistente ha colpito il principe dei cambi, EUR/USD, che ha messo a segno il più importante rally da 5 mesi a questa parte.
Sul fronte USD/JPY, vista la correlazione positiva con i rendimenti obbligazionari, stiamo assistendo al test dell’importantissimo supporto a quota 113.
La forza dello yen è dettata, come detto in apertura, dalla minore propensione al rischio ed è evidente che in tali circostanze la corsa ai beni rifugio è più pressante.
Non solo, durante la notte abbiamo avuto una serie di dati macroeconomici nipponici che hanno sostenuto lo Yen.
Wall Street chiudeva la sessione del martedì leggermente al di sopra dei minimi intraday, ma di certo non si può parlare di una ripresa del trend rialzista.
La correzione c’è ed è profonda e molti iniziano a domandarsi se siamo di fronte a un cambiamento nel sentiment generale.
La debolezza ha colpito anche i listini asiatici, importante la perdita del Nikkei a -1,6% e sul fronte europeo l’azionario è già sotto pressione.
Nel valutario, detto della debolezza del Dollaro e dell’Euro in ripresa, non possiamo non menzionare la debolezza dell’Aussie a seguito di salari più bassi del previsto.
Ovviamente l’avversione al rischio sta innescando acquisti dell’oro, giunto a quota 1284 dollari l’oncia, mentre il Future Petrolio Greggio WTI non è riuscita a sforare la resistenza dei 57 dollari al barile (WTI) dopo che è trapelata l'aspettativa di una crescita mondiale della domanda (600.000 barili al giorno) nel primo trimestre del 2018.
Il calendario macro economico prevede dati importanti, già dalla mattinata europea.
Si partirà con la disoccupazione britannica, che dovrebbe rimanere al 4,3%, ma l'obiettivo sarà focalizzato sui salari settimanali medi, esclusi bonus, per i quali si prevede un miglioramento al +2,2% (dal +2,1 % precedente). Con i dati inflattivi di ieri, sotto le aspettative, i salari reali potrebbero diminuire. Nel pomeriggio attenzione al CPI statunitense, che potrebbe scendere al +2,0% (dal + 2,2% precedente) mentre il CPI core dovrebbe rimanere ancorato al + 1,7%. Su dati di questo genere non aspettiamoci ripercussioni sulla curva dei rendimenti e di conseguenza su una ripresa immediata del Dollaro. Importante anche il dato sulle vendite al dettaglio, attese in crescita del + 0,2% su base mensile. Il New York Fed Manufacturing dovrebbe restare vigoroso, +26.0, anche se leggermente al di sotto rispetto al +30.2 del mese scorso. Chiuderemo con le scorte di Petrolio, per le quali ci si aspettano -2,2 milioni di barili (+2,2 milioni la settimana scorsa). In calo anche i distillati, -1,8 milioni di barili (-3,4 milioni la settimana scorsa) così come la benzina -1,5 milioni di barili (-3,3 milioni di barili la scorsa settimana).