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2 rischi politici che potrebbero pesare sul mercato del greggio nei prossimi mesi

Pubblicato 21.02.2018, 17:15
Aggiornato 09.07.2023, 12:31

La versione originale di questo articolo, in inglese, è stata pubblicata il 21.02.2018

Mentre il prezzo del Future Petrolio Greggio WTIcontinua ad oscillare vicino al livello di 60 dollari, due imminenti minacce potrebbero avere un impatto significativo sulle prossime dinamiche del prezzo. I trader e gli investitori ferrati dovrebbero tenere d’occhio:

1. Le elezioni presidenziali in Messico

Nel 2014, il governo messicano (guidato dal presidente Enrique Peña Nieto) ha approvato il piano per la privatizzazione di alcune industrie del greggio nazionalizzate da tempo.

La motivazione era che gli investimenti delle fonti private avrebbero contribuito a rivitalizzare un settore energetico messicano sofferente per corruzione, problemi di infrastrutture, calo della produzione e cattiva gestione. Nel 2015, il governo messicano aveva messo all’asta licenze per ricerche e produzione offshore nel Golfo del Messico. Il Messico è rimasto deluso dai risultati e in particolare la tempistica è stata cattiva.

Il calo del prezzo del greggio ha spinto molte compagnie a ridurre i budget di ricerca e produzione.

Adesso, sembra che persino i contratti del greggio già firmati con compagnie estere siano a rischio. Il Messico è nel bel mezzo di un’elezione presidenziale e due dei principali candidati sono di sinistra.

L’attuale favorito nei sondaggi ha già promesso di rivedere questi contratti se verrà eletto ed è intenzionato a far decidere la questione con un referendum.

Se ciò dovesse avvenire, probabilmente il processo del Messico verso la liberalizzazione si fermerà, dal momento che i sondaggi da tempo mostrano che la maggior parte della popolazione messicana (il 65%) non è a favore delle politiche di liberalizzazione petrolifera di Peña Nieto.

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Gli investitori dovrebbero seguire con attenzione la situazione politica messicana e le prossime elezioni, che si svolgeranno domenica 1 luglio, perché se la produzione petrolifera messicana non dovesse ottenere degli investimenti esteri, la produzione continuerà a scendere.

2. Turchia, greggio curdo e Iraq

Da ormai un po’ di tempo, la Turchia sta organizzando il trasporto e la vendita di greggio curdo dal suo porto di Ceyhan.

Sebbene i curdi e i turchi condividano una lunga storia di conflitti politici e non sembrino partner naturali in affari, la relazione è stabile e reciprocamente vantaggiosa.

Da quando il governo iracheno a Baghdad ha riottenuto il controllo della città di Kirkuk e dei vicini giacimenti di petrolio, ha cercato di bloccare la vendita di greggio curdo (che in parte proviene da Kirkuk) attraverso il porto di Ceyhan.

Sembra che ora l’Iraq stia sottoponendo la questione direttamente al governo turco. Il ministro del petrolio iracheno Jabar al-Luaibi si recherà in Turchia alla fine di questa settimana per discutere dell’argomento.

L’Iraq vorrebbe che la Turchia accettasse di bloccare il trasporto dall’Iraq di qualsiasi greggio che non abbia un contratto tramite la compagnia statale irachena per la commercializzazione del petrolio, la SOMO.

Gli investitori dovrebbero notare che, secondo TankerTrackers.com, i principali clienti per il greggio proveniente dal Governo Regionale Curdo (KRG) sono Grecia, Israele, Croazia, Polonia ed Italia.

Il governo iracheno, tuttavia, ha dato disposizioni per vendere invece il petrolio della regioni di Kirkuk all’Iran.

La Turchia ha goduto dei benefici economici del trasporto e della vendita del petrolio del KRG quindi il governo iracheno potrebbe dover offrire alla Turchia un accordo migliore per convincerla di smettere di lavorare con i curdi.

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D’altra parte, le pressioni politiche irachene potrebbero essere sufficienti a spingere la Turchia a mettere fine alle relazioni commerciali con i curdi. Se così fosse, il KRG ne sarebbe pesantemente colpito. Inoltre, Grecia, Israele, Croazia, Polonia e Italia dovrebbero cercare petrolio altrove. Magari dalla Russia? O dagli Stati Uniti?

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