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4 cose da sapere su petrolio, gas e scontri in Medio Oriente

Pubblicato 16.08.2016, 13:57
Aggiornato 09.07.2023, 12:31

La versione originale di questo articolo, in inglese, è stata pubblicata il 16.8.2016.

1. L’ISIS perde profitti dal petrolio

Secondo fonti irachene, l’ISIS avrebbe perso gran parte dei profitti derivanti dal Petrolio su cui faceva affidamento. Prima di perdere il controllo degli impianti petroliferi a Tikrit, si riteneva che l’ISIS avesse un utile mensile di circa 20 milioni di dollari dal petrolio al mese. Inoltre, circa 80 autocisterne dell’ISIS sono state distrutte dai missili USA. L’esercito siriano e le forze curde hanno preso il controllo di alcuni punti chiave lungo gli oleodotti che erano caduti sotto il controllo dell’ISIS. La strategia attuale di lasciare l’ISIS senza entrate sembra stia avendo qualche risultato - almeno in Iraq. Tuttavia, in Libia l’ISIS continua ad espandersi e a minacciare le risorse petrolifere. Alla fine del 2014, l’ISIS controllava un numero di impianti petroliferi da produrre circa 75.000 barili al giorno. Da allora il totale si è ridotto, così come il sistema di trasporto del petrolio dell’ISIS, ma resta da chiarire di quanto.

2. Il petrolio garantirà la futura indipendenza del Kurdistan?

Il popolo curdo non ha un paese indipendente, ma si parla molto della possibilità che questo accada nel caos generale che interessa l’area. Il futuro di un Kurdistan indipendente dipenderà in gran parte, dall’accesso al petrolio. Nel giugno del 2014, subito dopo che l’ISIS ha preso il controllo di Tikrit e delle aree limitrofe siriane, il Governo Regionale del Kurdistan (KRG) ha preso il controllo delle risorse petrolifere del governo iracheno nell’Iraq settentrionale (specificatamente la città di Kirkuk ed i campi petroliferi circostanti). Nonostante Baghdad chiedesse ai curdi di rimettere il petrolio e la città in mano al governo iracheno, i curdi si sono rifiutati ed hanno continuato a tenere il controllo della città contro le forze sconfinanti dell’ISIS. Di recente, i curdi sembra abbiano avuto la meglio in questo conflitto. Il controllo di queste risorse petrolifere potrebbe offrire ad un Kurdistan potenzialmente indipendente una grande industria petrolifera. Secondo alcune recenti notizie, l’area che i curdi controllano o potrebbero eventualmente controllare potrebbe potenzialmente contenere 50 miliardi di barili verificati, 80 miliardi di barili non verificati, e 8-10 mila miliardi di tonnellate metriche di Gas Naturale. Quando sarà chiaro il futuro dell’Iraq post-ISIS, il KRG avrà una grande opportunità nell’area, grazie alla presenza militare ed alle risorse petrolifere del territorio. A come starebbero attualmente le cose, i curdi hanno significativamente aumentato il territorio e le risorse necessarie per l’indipendenza. Se dovessero mantenere il controllo, potrebbero affermare un paese indipendente e ricco di petrolio.

3. Il Gas Naturale mette insieme Egitto e Israele

Nel frattempo, gli sviluppi sui giacimenti di gas naturale offshore vanno avanti nel Mediterraneo, con Egitto e Israele che cooperano per trasformare l’area in una centrale per il gas naturale. L’Egitto si è aggiudicato di recente un importante investimento dall’italiana ENI (MI:ENI) (MI:ENI) per aumentare la produzione nel giacimento di gas offshore di Zohr. Le compagnie energetiche, dopo importanti ritardi legali in Israele, stanno finalmente seguendo gli sviluppi dell’impianto offshore Leviathan in Israele. Il vicino giacimento di Tamar è in produzione dal 2013, e secondo gli ultimi report Tamar produrrà oltre 1 miliardo di piedi cubici di gas naturale al giorno quando raggiungerà il picco della produzione nel 2017. Dovrebbe inoltre produrre oltre 1.000 barili di condensato al giorno. Leviathan sarà attivo nel 2019 e, al picco della produzione, produrrà 2,1 miliardi di piedi cubici al giorno. Leviathan cambierà in maniera significativa la situazione precaria dell’Israele sulle risorse, offrendo una quantità di gas tale da coprire il fabbisogno energetico ed esportare il surplus all’Egitto.

Israele ed Egitto sono riusciti a sbloccare un accordo da 10 miliardi di dollari tra Egitto e Noble Energy (NYSE:NBL) (che detiene il 40% della partecipazione nel Leviathan). L’Egitto ha minacciato di ritirarsi dall’accordo dopo che una corte internazionale ha ordinato al paese di pagare una multa da 1,73 miliardi di dollari ad Israele per la cancellazione unilaterale delle esportazioni di gas all’Israele nel 2012. A Maggio, tuttavia, Israele ha accettato metà della somma in cambio della ripresa dei lavori per l’accordo tra Noble e l’Egitto.

4. Dopo il fallito colpo di stato, Turchia e Russia procedono con il gasdotto

Prima che la Turchia abbattesse un aereo militare russo vicino ai confini con la Siria nel novembre 2015, i due paesi erano in trattative per la costruzione di un nuovo gasdotto (il cosiddetto TurkStream) per trasportare il gas russo all’Europa. Questo gasdotto dovrebbe passare sotto il Mar Nero e sotto la Turchia per terminare a Ipsala, una città turca al confine con la Grecia. Il TurkStream è una parte importante della strategia russa per mantenere I clienti europei ed evitare che vadano verso altre fonti di gas naturale. Dopo il fallito colpo di stato dello scorso mese in Turchia, Erdogan ha riallacciato i rapporti con la Russia. Il gasdotto TurkStream in questi dialoghi gioca un ruolo cruciale. Se i negoziati avranno esiti positivi, il gasdotto potrebbe essere completato già nel 2019, cementando ancora di più la dipendenza europea dalle fonti di energia russe.

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