Certo, non siamo negli anni Novanta, quando il minimo turbamento in Medio Oriente provocava il caos sui mercati del greggio. Nel Golfo la tensione si sta intensificando, dopo che gli attacchi contro due petroliere nello Stretto di Hormuz hanno messo in rotta di collisione USA e Iran. Anche se i trader si sono trovati corti, perché prevedono un ulteriore indebolimento della domanda globale, il balzo in avanti è stato limitato.
Venerdì l’IEA ha tagliato le previsioni sulla crescita della domanda globale di petrolio nel 2019 per il secondo mese di fila, mettendo in evidenza i problemi legati alla domanda che hanno abbattuto i prezzi del petrolio. Ma le prospettive di lungo termine sono migliori, soprattutto a $51 al barile.
L’operatività preferita è andare corti sul front-end e costruire lunghi alla fine della curva (assicurandosi un prezzo vantaggioso per le consegne future), in previsione di un aumento del prezzo. La parte centrale della curva forward rimane debolissima e complicata (i mercati capiscono che le curve forward non sono una previsione affidabile dei prezzi futuri).
Con la regione del golfo mediorientale irascibile, l’arrivo imminente di un’estate calda negli USA e la flessione della domanda globale già scontata, il rialzo del petrolio appare interessante, soprattutto se si considera che il mercato nel front-end è cortissimo.
La nostra traiettoria, che prevede prezzi del petrolio più elevati per la fine dell’anno, rimane intatta; la mancata reazione alla complessità delle forniture e il calo della domanda stanno danneggiando il mercato più di quanto previsto inizialmente.