Il dollaro australiano e quello neozelandese sono crollati sulla scia delle pesanti pressioni a vendere dovute ai dati economici deludenti dalla Cina. L’aussie ha ceduto quasi l’1%, a 0,7160, contro il biglietto verde, si tratta del livello più basso dall’inizio di dicembre; il kiwi ha perso più dell’1,10%, toccando quota $0,6780. In generale, gli investitori hanno liquidato gli asset più rischiosi, rifugiandosi nelle valute considerate porti sicuri, come lo yen giapponese. È interessante notare che il franco francese ha perso lo 0,25% contro il biglietto verde, ciò lascia intendere che il recente rallentamento della crescita economia svizzera ha reso il franco meno attraente.
L’ultima serie di dati dalla seconda economia mondiale è risultata debole e suggerisce che la flessione sta diventando più marcata. Ma bisogna indubbiamente tenere in conto anche la perenne guerra commerciale fra gli USA e la Cina. Le vendite al dettaglio cinesi hanno deluso le attese, crescendo solo dell’8,1% nel mese di novembre, a fronte dell’8,8% previsto e in calo rispetto all’8,6% di ottobre. Anche la produzione industriale non ha centrato le previsioni, attestandosi al 5,4% a/a rispetto al 5,9% precedente e previsto.
Nel complesso, sembra che l’affievolirsi della fiducia del mercato, grazie agli attacchi incessanti di Donald Trump contro la Cina, sommato al rallentamento economico del paese dovuto al processo di normalizzazione in atto – ovvero il passaggio da una crescita generata dalle esportazioni a un’economia trainata dalla domanda interna – abbiano danneggiato in modo significativo il settore industriale cinese.
Fra gli aspetti positivi si annovera il sensibile miglioramento nel conflitto fra Xi Jinping e The Donald, perché la tregua di 90 giorni dà a entrambi una boccata d’aria fresca. Per ora gli investitori rimarranno nervosi, alla luce delle condizioni turbolente nei mercati finanziari e delle tensioni sul fronte geopolitico. Semplicemente non è il momento giusto per avere asset rischiosi.