Buongiorno ai lettori di Investing.com,
il mercato azionario europeo è alle prese con un dilemma non da poco: cosa vuole fare da grande? Da un punto di vista fondamentale dubbi ce ne sarebbero pochi:
1. Utili trimestrali in crescita (+25%) ed ai massimi da diversi anni
2. Tassi di interesse bassi e visti non alti nel medio termine
3. Bassa inflazione (core +0,9%), anche nel medio termine
4. BCE accomodante ancora per un tempo indefinito
Tuttavia vorrei soffermarmi su un aspetto che viene correttamente, e quasi sempre, riportato nei commenti dei gestori: cioè quanto il mercato sia a sconto rispetto al resto del mondo.
Se osserviamo il ratio Prezzo/Utili delle 50 più capitalizzate aziende europee che compongono l’indice EUROSTOXX 50, notiamo che a febbraio il forward p/e, cioè il rapporto prezzo/utili sulla stima degli utili dei futuri 12 mesi, era di 12,8%. Notiamo ora che circa 86% dei titoli mostra un valore superiore ad esso. Dei restanti 14%, circa un terzo non prevede di distribuire dividendo.
Cioè al di la di quello che ci dice l’indicatore a livello complessivo c’è una certa disomogeneità nella distribuzione dei dati.
L’idea che verrebbe da farsi è che, forse, il mercato sia un po' caro e che se si facesse un confronto, per esempio, con i paesi emergenti (in media 11%), in particolare con quelli che hanno fatto già molta strada sulla via dell’emersione, la tentazione di non esagerare col peso dell’Europa nei portafogli non è proprio eretica.
Soprattutto se proviamo a inserire nel calderone dell’analisi i rischi (seppur affievoliti) politici di Italia e Germania in autunno, e il peso del debito pubblico di molti paesi che limitano la portata di politiche di bilancio espansive.
Fatte queste considerazioni, invito i lettori a osservare il grafico e scegliere con quale paio di occhiali osservare il mercato (grafico mensile):
A) se lo osserviamo con quello di colore verde, che sottintende ottimismo, possiamo inquadrare il movimento come un chiaro percorso di tranquilla crescita di lungo termine iniziato nella primavera del 2009.
B) Se invece lo osserviamo con quello di colore rosso, che denota riflessione e tendenzialmente diffidenza, concludiamo che occorre essere molto cauti perché i recentissimi massimi in area 3.650 potrebbero rappresentare un punto di stop di medio termine poiché come detto appartiene alla trendline discendente di lungo periodo. Se questo dovesse essere lo scenario, consideriamo che il 42% dei titoli che compongono l'indice presentano un beta>1 (ciò che amplificherebbe il movimento ribassista) e di questi il 77% o non distribuisce utili o ha un p/e>12,8%
Superare con convinzione, da un punto di vista tecnico, questa barriera significa abbracciare chiaramente lo scenario più ottimista che ci porta ad attenderci il test dei massimi relativi di aprile 2015 a 3.800 circa (vedi punto a).
In caso contrario prevarrebbe la candela di inversione disegnata a maggio (vedi punto b) che se confermata con quella di giugno potrebbe dare il via ad una salutare correzione che potrebbe portare l'indice ai 3.300 come primo target, e ai 3.050 in seconda battuta, circa un 15% più in basso.
Magari, chissà, in compagnia dell’America.