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BCE punta ad allentamento monetario; cambio della guardia probabilmente tranquillo

Pubblicato 12.07.2019, 15:18
Aggiornato 02.09.2020, 08:05

di Darrell Delamaide

Christine Lagarde potrebbe ritrovarsi non solo con le mani occupate quando succederà a Mario Draghi come capo della Banca centrale europea quest’anno, ma anche legate.

Draghi ed i suoi 24 colleghi del consiglio direttivo della BCE non hanno infatti usato mezzi termini circa i loro piani di uno stimolo monetario, quando si sono incontrati a inizio giugno a Vilnius.

C’è stato “ampio consenso”, secondo i verbali del vertice, pubblicati ieri con un ritardo più lungo del normale per via della località esterna, sul fatto che l’aumento dell’incertezza significa che il consiglio dovrà “essere pronto e preparato ad allentare la politica monetaria ulteriormente adeguando tutti i suoi strumenti, nel modo appropriato, per raggiungere l’obiettivo della stabilità dei prezzi”.

E, per non lasciare alcun dubbio: “Potenziali misure da prendere in considerazione includono la possibilità di estendere e rafforzare ulteriormente le linee guida del consiglio direttivo, riprendendo gli acquisti netti di asset e riducendo i tassi di riferimento”.

Misure aggiunte

Questo sguardo all’immediato futuro fa seguito alle misure già adottate al vertice di giugno. Il consiglio ha rinviato la data prevista per l’aumento dei tassi alla metà del 2020, ha confermato che reinvestirà i proventi dei bond man mano che scadranno per mantenere lo stesso livello di quantitative easing ed ha fissato i tassi sulle operazioni di rifinanziamento mirato a lungo termine a livelli molto accomodanti (sebbene in un certo senso meno favorevoli rispetto al round precedente).

I verbali hanno rivelato inoltre l’influenza di Philip Lane, ex governatore della banca centrale d’Irlanda, diventato capo economista a inizio giugno. Il suo nome compare in abbondanza nei verbali, ad analizzare l’economia, a notare il ribasso delle previsioni di crescita, ad argomentare a favore del mantenimento dei tassi di interesse negativi, a proporre il pacchetto di misure per il vertice di giugno, e così via.

Ruolo importante

Con Lagarde che prenderà il timone a novembre da non-economista e non-banchiere centrale, sembra certo che il ruolo di capo economista diventerà importante come non si vedeva dai tempi di Otmar Issing sotto la guida di Wim Duisenberg.

In effetti, con i banchieri centrali in tutto il mondo che sembrano inermi o addirittura disarmati davanti ad un’inflazione ostinatamente bassa ed al debole impatto di uno stimolo monetario, probabilmente non è una coincidenza che due delle più importanti banche centrali del mondo (la Federal Reserve e la BCE) stiano facendo affidamento su legislatori esperti più a proprio agio nel mondo della politica che in quello della politica monetaria.

Gli investitori presumono, dato il suo passato da direttrice del Fondo Monetario Internazionale, che Lagarde entrerà come una colomba scatenata, facendo tutto quello che potrà (o quello che servirà) per ravvivare la fiacca economia dell’Europa.

Report del FMI

Se qualcuno avesse dei dubbi su questo punto, il report annuale del FMI sulla zona euro, rilasciato per qualche strana coincidenza sempre ieri, ha fornito pieno appoggio ai piani di stimolo della BCE, considerati i rischi rappresentati da Brexit, Italia e tensioni commerciali.

La zona euro si ritrova ad affrontare “un periodo prolungato di crescita ed inflazione anemiche”, si legge nel report del FMI, che rende “vitale” per la banca centrale restare accomodante e persino aumentare lo stimolo secondo i piani.

Non da ultimo, tra i timori del FMI ci sono le previsioni che l’inflazione resterà ben lontana dall’obiettivo della BCE del 2% fino al 2022 e che sarà solo dell’1,3% quest’anno.

Transizione senza problemi

Draghi chiaramente non ha alcuna intenzione di uscire dal suo ufficio come una cosiddetta “anatra zoppa”, ma guiderà la banca centrale nella direzione da lui voluta fino all’ultimo minuto. I partecipanti del mercato si aspettano che la BCE ridurrà il tasso di deposito, già a -0,4%, durante il vertice del 25 luglio o di metà settembre.

Considerata la posizione cauta di Lagarde, il passaggio di testimone avverrà senza problemi. In ogni caso, Draghi ha promesso che la banca eviterà di alzare i tassi per un anno e mezzo da quando salirà lei al potere e probabilmente metterà la BCE su una traiettoria di accomodamento di taglio dei tassi e di ripresa del programma di acquisti di asset.

Non c’è posto per i falchi

Non c’era posto in questo scenario per Jens Weidmann della Bundesbank, un falco in aperto disaccordo con le politiche accomodanti di Draghi. Qualunque siano state le manovre dietro le quinte - le voci di corridoio sono tantissime - è difficile che Weidmann abbia mai avuto una reale possibilità di ottenere il ruolo.

Uno degli aspetti più trascurati della successione alla BCE è come la banca centrale della zona euro modellata sulla Bundesbank ed originariamente fedele ai suoi principi stia sfuggendo al controllo dei tedeschi, con la politica monetaria che diverge sempre più dalla severa linea della Germania.

Prestigio internazionale

I leader europei hanno preferito il prestigio internazionale all’esperienza nella politica monetaria quando hanno scelto il successore di Draghi. Con il ruolo dei banchieri centrali che diventa sempre più politico, l’ex ministro delle finanze francese senza dubbio sembrava allettante.

E, ovviamente, il Presidente francese Emmanuel Macron non poteva lasciare che passasse un altro round di cambio della leadership senza che un francese ricoprisse uno dei principali ruoli UE. Dopo tutto, sono passati quasi otto anni da quando Jean-Claude Trichet ha lasciato il posto di presidente della BCE.

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