Commento a cura Barnaby Weiner di MFS
Come disse il celebre economista John Kenneth Galbraith: "L'unica funzione delle previsioni economiche è di far sembrare rispettabile l’astrologia". Sebbene concordiamo sul fatto che sia difficile anticipare i movimenti del mercato, non riteniamo che l'unica opzione sia quella di tapparsi il naso e sperare che tutto vada per il verso giusto. Prevedere il futuro è difficile, ma si possono prendere decisioni di investimento essendo consapevoli dei rischi e delle opportunità a cui si va incontro.
Il nostro obiettivo è perseguire la strada degli investimenti puntando alla crescita del capitale. In questo momento siamo in modalità "massima difesa". Vediamo diversi ostacoli fondamentali: il debito globale ha raggiunto livelli mai visti prima ed è nettamente più elevato rispetto al 2008; la crescita è anemica e gli utili societari sono elevati; le strategie di politica monetaria hanno gonfiato le valutazioni degli asset rischiosi e l'autocompiacimento dilaga.
Riteniamo che i principali driver a lungo termine delle performance azionarie siano le valutazioni di partenza, il che ha senso a livello intuitivo (comprare ai minimi, vendere ai massimi) ed è confermato dai dati. Abbiamo recentemente condotto un'analisi sull’andamento dell'indice S&P 500 a partire dal 1928. Il risultato parla da sé. Usando il ratio di Shiller (corretto per la volatilità annuale degli utili) abbiamo scoperto che quando il mercato era sottovalutato (inferiore a 10) la performance media nei cinque anni successivi è stata del 13% annuo, mentre quando il mercato era sopravvalutato (superiore a 30) la performance media è stata del -2% annuo.
In questo momento il P/E di Shiller è a 32. La media di lungo periodo è 16. Dati gli ostacoli strutturali quali l'alto livello di debito, la crescita debole e gli elevati margini di profitto, riteniamo che in realtà il fair value sia inferiore alla media di lungo periodo. In una fase rialzista che dura da quasi dieci anni è difficile convincere qualcuno che il mercato azionario dovrà registrare una flessione del 50% prima di tornare ad apparire interessante. Ma anche nel marzo 2009, quando lo S&P era quasi l'80% sotto al livello attuale era difficile convincere la gente ad acquistare azioni.
Siamo investiti in un numero ristretto di società solide e stabili. Certo, non si tratta di titoli sottovalutati, ma di questi tempi riteniamo che sia meglio giungere a un compromesso sulle valutazioni che sulla qualità. Manteniamo posizioni liquide sui titoli di Stato a breve termine. Siamo infatti convinti che nella prossima fase ribassista, che non tarderà ad arrivare, queste obbligazioni proteggeranno il capitale dei clienti e ci forniranno la liquidità necessaria a cogliere le opportunità che si presenteranno.