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Cds: il tampone per misurare il livello di contagio delle società

Pubblicato 20.03.2020, 16:17
Aggiornato 12.03.2019, 08:00

Il rischio contagio si diffonde anche in Borsa, dal mercato delle azioni a quello obbligazionario, minando la capacità delle aziende di far fronte ai propri debiti. Il termometro per misurare lo stato di salute delle imprese messo a disposizione dei mercati si chiama cds: credit default swap. In breve il costo per assicurarsi dal rischio di fallimento di un’azienda. Più è caro il valore del cds di una società, più il mercato prezza come probabile il fallimento della società.

Banche centrali e governi lo sanno bene, in momento di crisi come questa è una questione di ossigeno. E’ necessario dare fiato alle imprese che, da un lato, vedono il flusso dei ricavi congelati dagli stop alla produzione mentre i costi, quelli fissi, corrono e bruciano cassa o aumentano il debito fino a soglie di non ritorno.

La situazione sulle Borse non diversa è diversa da quella che sta accadendo nei nostri Paesi, si mettono in quarantena intere città. Obiettivo isolare le infezioni. Le autorità monetarie intervengono sui mercati per isolare le società contagiate da una crisi di liquidità in modo da evitare un effetto domino. Non bisogna ripetere gli errori del passato: il default di Lehman Brothers che allora si trasmise a tutto il mercato del credito.

Capire il passato per prevenire il presenteNella crisi del debito del 2008, i cds delle maggiori banche americane schizzarono a temperature record. Misuravano con estrema precisione dove il contagio dei mutui subprime era più forte (Lehman Brothers, Merril Lynch, Fanny Mae e Freddie Mac erano gli osservati speciali). Pazienti che avevano un disperato bisogno di ossigeno, tanto da richiedere l’intervento diretto del Tesoro Usa. La storia è nota. In una notte convulsa, le massime autorità monetarie scesero in campo decidendo di salvare Merryll Lynch fusa in Bank of America e mandare al patibolo Lehman Brothers, simbolo degli eccessi del mercato dei derivati.

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Oggi nome e cognome di alcuni osservati speciali li ha già resi noti il presidente Usa, Donald Trump. Le compagnie aeree, i produttori come Boeing e società che si occupano di crociere e viaggi, a cui si aggiunge General Electric. “Non le faremo fallire!”. Sul piatto il Tesoro americano ha già messo 60 miliardi di dollari. La ricetta è identica al passato, acquisto di commercial paper, fino alla nazionalizzazione come avvenne per i due colossi delle riassicurazione sui mutui Freddie Mae e Fanny Mac rivendute, in parte, dopo qualche anno dal tesoro Usa con lauti guadagni. Non si può dire lo stesso per gli azionisti. L’intervento della Stato infatti ha avuto un costo, mega aumento di capitale a prezzi stracciati, talvolta azzerati. E’ quello che si vorrebbe evitare oggi. Ma in più, rispetto al passato, ad essere sull’orlo della graticola non sono solo le società finanziarie, il problema liquidità si allarga a quelle industriali i cui costi fissi in assenza di ricavi minacciano davvero di prosciugare le linee di credito.

In Usa il problema è già noto. Qui da noi soprattutto in Italia la situazione è diversa. Oggi come allora non sarà lo stato a intervenire. Mancano i soldi. Nella crisi del 2008 le maggiori banche italiane furono costrette a una serie di aumenti di capitale e spalmare le sofferenze sui crediti in più anni per digerirle, un problema che si è protratto fino allo scorso anno.

Oggi bisogna intervenire prima evitare che i default si allarghino, per questo misurare la temperature con i cds alle maggiori società del nostro listino ci aiuta a capire chi ha le spalle solide. Lo abbiamo fatto scoprendo che in Europa le nostre banche sono ancora nel mirino. La situazione però come mostrano i grafici sotto è più tranquilla rispetto al 2008. In questa tabella mostriamo i cds che a livello europeo hanno registrato le maggiori variazioni nell’ultimo mese.

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Unicredit, Intesa SanPaolo, e Cnh mostrano significativi apprezzamenti dei loro credit default swap. Insieme notiamo un rialzo delle società del settore auto Peugeot, Renault, Continental.

La situazione italianaOra focalizziamoci sull’Italia. Il due grafici sotto mostrano l’andamento dei cds delle nostre maggiori società quotate. Il grafico grande fornisce una visione di lungo periodo per facilitare il confronto con il 2008. All’interno troviamo il focus degli ultimi mesi.

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Come si può notare i cds oggi sono a livelli molto distanti rispetto al 2008. Allora le banche centrali non intervennero con lo stesso tempismo di oggi e i tassi erano più elevati. Altri due innalzamenti della temperatura dei cds li abbiamo registrati in corrispondenza delle tensioni sui mercati del 2013 e nel 2017. Entrambe le analisi mostrano che i rialzi di questo periodo sono ai livelli di tre anni fa, dunque ancora all’interno di una soglia di sicurezza.

Nell’ultimo mese, i titoli che mostrano il maggiore apprezzamento dei loro credit default swap sono Intesa e Unicredit (li abbiamo calcolati sui bond subordinati). Le banche, infatti, sono le più esposte all’economia italiana con i loro prestiti verso tutto il tessuto industriale. Segue Fca, contagiata anche dal rischio credito delle colleghe americane, Ford e Gm, che analizzeremo più avanti. Ricordiamo che oltre il 75% del trading profit di Fca è generato in area Nafta.

Molto più resilienti i cds di Enel ed Eni. Mentre Stm, più esposta in Asia, con oltre il 70% del fatturato in Cina dove rifornisce le società che assemblano componentistica elettronica, ha registrano un aumento del cds a inizio anno per poi scendere con i cali dei contagi a Whuan.

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Le temperature in EuropaProviamo ora ad allargare lo sguardo su Europa e Usa e per analizzare quali sono i comparti che stanno mostrando un allargamento dei loro cds, confrontandoli con il passato.

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Nel grafico è ancora evidente come siamo lontani dalla situazione del 2008. La grande differenza stavolta è che abbiamo sotto i riflettori società che allora non erano in bilico: settore turismo con Carnival Royal Carrieban e aereo con il cds su Boeing in forte apprezzamento. Le società, di cui appunto Trump nella notte ha parlato di possibili interventi dettagliando che l’ingresso dello stato prevede lo schema già utilizzato in passato: azzeramento di buy back e distribuzione di dividendi e ovviamente azioni a forte sconto. Allora ricorderete anche il blocco a bonus e super stipendi ai grandi manager.

Un altro osservato speciale è il settore auto, in Europa come negli Stati Uniti. Tanto che i maggiori produttori americani hanno concordato con i sindacati uno stop alla produzione per riuscire a ridurre al massimo i costi.

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“Ad oggi il comparto è decisamente più solido rispetto a 12 anni fa. Le maggiori aziende del settore hanno una posizione finanziaria netta positiva”, spiega Gianluca Bertuzzo, capo analista del comparto automotive presso Intermonte “detto questo il settore è caratterizzato da elevati costi fissi dunque il livello di salute dipenderà da quanto tempo durerà la crisi”.

Il valore del tempo

Le temperature sono ancora basse. La maggior parte dei titoli coinvolti mostrano livelli dei cds ancora lontani da una soglia critica, ma che vanno monitorati con attenzione. E’ una questione di tempo e come il Covid 19 i casi asintomatici possono essere molti, la prima settimana la temperatura rimane bassa il problema è sul lungo periodo. Stop prolungati della produzione metteranno sotto stress la posizione finanziaria di molte società. Trasporto aereo in primis, ma poi settore auto tra i più esposti al ciclo economico per finire a coinvolgere quello bancario. Saperlo prima può metterci al riparo da brutte situazioni magari coprendoci o con cds, con delle opzioni o con dei certificate minifuture.

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Ultimi commenti

Gentile dott. Battaglia ho letto con interesse il suo articolo. Vi è tuttavia una cosa che non mi è chiara. In seguito al Corona virus tutte le corp. afferenti alle crociere e hai viaggi aerei sono crollate. A riprova ne è il CDS che come appunto fa notare lei in pochi giorni è comunque salito apprezzabilmente. Il discorso di Trump può essere una opportunità (non le faremo fallire) ma da quello che lei scrive anche un grosso rischio (azzeramento del capitale, dei dividendi e del buy back). Potrebbe spiegare perché in questo scenario alcune azioni hanno avuto un grosso rialzo, fino al 20% (Carnival Corp, Caribean, perfino United Airlines) mentre altre Boeing, dello stesso settore di United no? Ringrazio.
Spett.Le Cavini, acuta osservazione. Era questione di tempo o meglio dovevamo aspettare che il Tesoro Usa chiarisse come intervenire e ora Boeing è risalita. Ripeto però che sul lungo periodo non è ancora chiaro se l'intervento dello Stato possa portare a un forte calo delle azioni per le società coinvolte. Grazie ancora per il suo contributo
scusami io avro aperto il tuo contributo in lettura ma è talmente lungo che mi scoccia di leggerlo, magari se sintetizzi la prossima volta , ti leggo volentieri. roba troppo complessa e meccanica senza senso non la capisco perciò.
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