Dollaro debole. Chi ci guadagna e chi ci perde
Nel pieno delle crescenti tensioni in Medio Oriente, gli Stati Uniti hanno ufficialmente preso parte al conflitto, intensificando le ostilità tra Israele e Iran e alimentando un clima di incertezza che si riflette sui mercati globali. In questo scenario instabile, gli investitori si trovano di fronte alla solita, cruciale domanda: vendere tutto, restare fermi, o approfittare della tempesta per rafforzare il portafoglio?
Mercati sotto pressione: lezioni dal passato
Le crisi geopolitiche, come dimostra la storia, hanno spesso effetti immediati ma non duraturi. Nelle prime fasi:
- Il petrolio tende a salire, specie quando il conflitto minaccia zone strategiche come lo Stretto di Hormuz;
- L’oro guadagna terreno come bene rifugio;
- Gli investitori si spostano su settori difensivi, vendendo titoli più rischiosi come quelli tecnologici;
- Gli indici principali come S&P 500, NASDAQ e Dow Jones accusano ribassi iniziali dettati dal panico.
Inflazione, petrolio e tassi d’interesse: un equilibrio delicato
In caso di blocco dello Stretto di Hormuz – da cui transita il 25% del petrolio mondiale – il prezzo del greggio potrebbe superare i 120 dollari al barile, secondo le stime di JP Morgan (NYSE:JPM). Un tale scenario avrebbe ricadute su inflazione, trasporti e logistica, rendendo più difficile per la Federal Reserve procedere con i tagli dei tassi previsti per il 2025. Con tassi più alti a lungo, i costi per le aziende aumenterebbero, comprimendo margini e utili.
Volatilità ≠ rischio permanente
I dati storici però offrono un messaggio rassicurante nel lungo termine: anche nei momenti più turbolenti, i mercati si dimostrano resilienti:
- In media, i ribassi causati da eventi geopolitici si aggirano sul 5%, con recupero completo in 47 giorni.
Rimanere investiti: il vero vantaggio nel lungo termine
Uno degli errori più comuni che gli investitori commettono durante le crisi è uscire dal mercato. La storia ci mostra che chi disinveste per paura rischia di perdere i rimbalzi più forti, che spesso si verificano nei giorni successivi ai crolli. Chi invece mantiene la calma e prosegue con il proprio piano di accumulo regolare (PAC), anche nei momenti di ribasso, riesce ad acquistare quote a prezzi più bassi e migliorare il rendimento medio nel tempo.
Ogni crisi genera volatilità. Ma la storia dimostra che chi mantiene una visione di lungo periodo, seleziona aziende con solidi fondamentali e investe durante i ribassi, spesso esce rafforzato. Panico e logica non convivono: se i mercati si muovono irrazionalmente nel breve, tornano sempre a riflettere i fondamentali nel lungo periodo.
A meno che, come diceva Einstein, non stia per scoppiare una Terza Guerra Mondiale. In tal caso, “la Quarta sarà combattuta con pietre e bastoni”.
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