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Cosa spinge i drastici movimenti del greggio? Speculazioni amplificate

Pubblicato 21.06.2017, 14:54
Aggiornato 09.07.2023, 12:31

Per la seconda volta in meno di una settimana, il prezzo del greggio è crollato di parecchi punti percentuali nel corso di qualche ora. Il 14 giugno, il greggio WTI ha visto un crollo di quasi il 4% sotto i 45 dollari al barile e il 20 giugno ha registrato un crollo del 3% prima di chiudere a 43,23 dollari, giù del 2,2%.

Anche se i media hanno fatto il possibile per cercare di spiegare questi recenti crolli giustificandoli con l’aumento maggiore del previsto delle scorte di greggio (il 14 giugno) o con l’incremento della produzione in Libia e Nigeria (il 20 giugno), non ci sono spiegazioni chiare per la recente serie di improvvisi e repentini crolli del prezzo.

L’aumento della produzione da parte di Libia e Nigeria viene additato facilmente come causa del crollo più recente, ma questa spiegazione è insufficiente dal momento che entrambi i paesi hanno parlato di questi incrementi per la maggior parte dell’anno. Questi aumenti sono stati esplicitamente presentati in occasione del vertice OPEC di maggio e il mercato li aveva messi in conto. La notizia di giugno di un aumento graduale della produzione (50.000 barili al giorno in più in Libia e 62.000 in più in Nigeria ad agosto) non dovrebbe causare un crollo del prezzo di tale portata.

Tra le altre cause degli improvvisi crolli troviamo:

L’aumento dell’attività delle raffinerie negli Stati Uniti la scorsa settimana ha quasi raggiunto il massimo storico di 17,6 milioni di barili al giorno. Sebbene le scorte di greggio relative alla scorsa settimana siano scese, vari report del settore prevedono un aumento delle scorte di benzina USA. Molti hedge fund, con Andurand in testa, prevedono che il greggio scenda a breve termine e stanno prendendo posizioni che rispecchiano tale previsione.

I report indicano che il numero dei cosiddetti DUC (Drilled but Uncompleted), i pozzi petroliferi trivellati ma incompleti, dei giacimenti di petrolio da scisto USA sta continuando a salire. (Secondo l’EIA, alla fine di maggio i DUC ammontavano a 5.946, il massimo degli ultimi 3 anni). Ciò potrebbe indicare che la produzione di petrolio da scisto continuerà ad aumentare.

D’altra parte, ci sono molti segnali che indicano che il greggio potrebbe presto risalire.

L’OPEC ha reso noto che l’adempimento dei tagli alla produzione OPEC e non-OPEC ha segnato il record del 106% per il mese di maggio.

L’Arabia Saudita ha riportato che le esportazioni di greggio sono scese del 3% ad aprile e che la sua produzione petrolifera continua a restare sotto i 10 milioni di barili al giorno.

Il prezzo inferiore ai 50 dollari al barile, insieme all’aumento dei costi di servizio, potrebbe influire negativamente sui produttori di petrolio da scisto nei prossimi mesi. Inoltre, un sacco di grosse compagnie stanno acquistando asset di compagnie più piccole. Di solito ciò comporta un rallentamento dell’attività di trivellazione in quanto le compagnie più grandi possono permettersi di andarci più piano, al contrario delle piccole.

Il ministro del petrolio saudita Khalid al-Falih, ha dichiarato che “i fondamentali del mercato stanno andando nella giusta direzione” e che gli attuali tagli OPEC necessitano di tempo per influenzare il mercato per via dell’enorme esubero. Ha minimizzato i recenti crolli definendoli il risultato delle speculazioni e di “variabili imprevedibili che esulano dal controllo dei paesi produttori”.

Il governo cinese ha annunciato che la seconda serie di quote per l’importazione per il 2017 per le raffinerie indipendenti aumenterà di 1,83 milioni di barili al giorno. Questo significa che le raffinerie cinesi non governative (le cosiddette “teapot”) saranno in grado di importare ancora più greggio, fornendo al mercato un’idea della domanda cinese per il resto dell’anno.

Nell’immediato breve termine, il prezzo del greggio potrebbe schizzare per via della notizia che nel Golfo del Messico si sta formando la tempesta tropicale Cindy, notizia che ha spinto alcuni produttori a chiudere gli impianti offshore e il Louisiana Offshore Oil Port (LOOP) a smettere di scaricare le cisterne.

Probabilmente quello a cui stiamo assistendo è una reazione all’assenza di forti segnali circa la direzione del mercato. In assenza di segnali forti, il mercato tende a ingigantire determinate mosse speculative delle principali istituzioni finanziarie. Ciò può manifestarsi con improvvisi crolli (o rimbalzi), come quelli del 20 giugno.

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