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Crisi Ucraina: Bitcoin domina il dollaro | Fed pronta a rivedere i piani?

Pubblicato 28.02.2022, 15:44
Aggiornato 09.07.2023, 12:32

L'invasione russa dell'Ucraina passerà alla storia come la prima crypto war, il primo conflitto dove le criptovalute e in particolare Bitcoin hanno giocato un ruolo fondamentale.

Per una volta a diventare poco interessanti sono grafici e quotazioni, che lasciano spazio alla dimostrazione cristallina del caso d'uso più importante per Bitcoin e per il suo network.

Da un lato il governo ucraino sta ricevendo donazioni da tutto il mondo in pochi secondi e con commissioni infinitamente più basse di quelle che un trasferimento bancario richiederebbe proprio attraverso Bitcoin ed Ethereum. Dall'altro l'unica moneta alla quale hanno accesso i cittadini ucraini, nel blackout totale della moneta elettronica statale e nelle limitazioni del contante al bancomat, è sempre Bitcoin.

E chi temeva, come Von der Leyen, che Bitcoin potesse essere usato come sistema per aggirare le sanzioni da parte della Russia dovrà ricredersi davanti alla dura realtà dei fatti: MOEX non è aperto agli scambi oggi, il rublo continua la caduta libera sebbene sia sostenuto dagli acquisti di paesi amici. E con ogni probabilità la Russia dovrà rivolgersi a CIPS, sistema di pagamento interbancario della Repubblica Popolare Cinese.

Bitcoin tiene di fronte alla massima incertezza

In una sessione europea che ha premiato in modo particolare i titoli legati all'industria degli armamenti, Bitcoin ha tenuto ed è stato scambiato per ore nel range che va dai 38.000$ ai 39.000$ in una giornata di rara stabilità.
Certo, l'arrivo dei venti di guerra è il maggiore responsabile dei prezzi attuali, che sono del 15% più bassi rispetto ai massimi locali di poco più di 1 settimana fa. Ma l'evidenza di un caso d'uso concreto, che i massimalisti segnalano da tempo e del quale il mondo intero si è accorto soltanto oggi ha probabilmente contribuito alla stabilità vista in queste ore.

Se la guerra fa saltare i piani di Fed

C'è poi un'altra buona notizia, pur se legata alla complicata situazione ucraina e a quanto dovranno, vorranno e potranno fare gli stati occidentali, con gli Stati Uniti in testa. La crisi energetica che si sta materializzando in seguito all'attacco russo all'Ucraina apre a scenari complicati per tutti i paesi sviluppati, e in particolare per quelli maggiormente energivori.


Il piano di rigore annunciato da Jerome Powell di Federal Reserve comincia a vacillare, seppur non ufficialmente. Ma sono in tanti, anche a livello politico, che vorrebbero finanziare lo sforzo bellico indiretto allentando il paventato rigore.
Questa sarebbe, per un Bitcoin che si comporta come asset di rischio, occasione di una nuova corsa. Perché tra inflazione e crisi i governi di mezzo mondo sembrano essere più propensi verso la prima, in particolare con il materializzarsi dell'incubo geopolitico di questi ultimi giorni.

Bitcoin riserva di valore, asset di rischio o vera valuta per i momenti più complicati?

La terza, senza ormai alcun tipo di dubbio. Guardando al grafico e alla correlazione stretta che $BTC ha avuto con i principali indici azionari mondiali il suo comportamento come asset di rischio è evidente.

E guardando a come è stato utilizzato in Ucraina (e come viene utilizzato ogni giorno in diverse parti del mondo) sembra ci siano pochi dubbi riguardo il suo status di valuta. Il suo valore è troppo volatile? Interessa poco quando il network di Bitcoin è l'unico in grado di funzionare in situazioni di crisi. Cosa della quale ha dato ampia dimostrazione in uno dei momenti più bui della storia recente d'Europa.

La chiusura di SWIFT fine del dominio del dollaro?

Inutile girarci intorno: i sistemi di pagamento sono tanto più affidabili quanto è forte la certezza che potremo continuare ad utilizzarli in futuro. La pronta espulsione della Russia ha dimostrato non solo a Mosca, ma a tante altre realtà in conflitto con Washington che si potrebbe venire sganciati nel giro di poche ore.

Ci sarà una spinta verso sistemi alternativi, almeno per i settlement tra paesi che non sono in buoni rapporti con la Casa Bianca. Certo, CIPS è un'alternativa, ma tanti stati cominceranno a guardare a quanto viene offerto dal mondo di Bitcoin, se non vorranno cambiare un sistema padronale per un altro.

El Salvador lo ha già fatto, anche se il potenziale della Ley Bitcoin si esprimerà con ogni probabilità soltanto tra qualche anno. Che guardino in quella direzione anche quegli stati che vogliono approfittare di un network nato proprio per non escludere nessuno? Da Kiev potrebbe uscire vincitore proprio Bitcoin.

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