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Curiosità: e se fossero gli investitori a rendere più aggressiva la FED?

Pubblicato 07.11.2022, 07:32
Aggiornato 04.04.2024, 12:26

Introduzione

Le scommesse errate dei tori potrebbero rendere più hawkish Powell e la politica monetaria?

Nonostante la Federal Reserve si sia sempre mostrata “aggressiva” nel combattere un’inflazione arrivata a livelli insostenibili, il mercato ha sempre cercato e trovato dei pretesti per pensare il contrario e far, successivamente, salire i mercati.
Alcuni esempi:
·        Il rimbalzo del Nasdaq di poco più del 23% nel periodo estivo era giustificato dal pensiero che la FED si mostrasse meno “hawkish”, salvo poi chiarire quest’ultima la sua posizione al Jackson Hole del 26 agosto dove lo stesso Powell dichiarava che “sarà necessaria per qualche tempo una politica monetaria restrittiva per vincere inflazione”
·        Nella lettura del comunicato da parte della Federal Reserve del 2 novembre traspariva la frase che “nel determinare il ritmo dei futuri incrementi nell’intervallo obiettivo, il comitato terrà conto dell’innasprimento cumulativo della politica monetaria”; il mercato, alla lettura, segnava delle ottime prestazioni per poi rimangiarsi tutto una volta che, nella conferenza stampa successiva, Powell stesso dichiarava che “c’è ancora molta strada da fare prima di concludere il ciclo di aumento dei tassi”
·        Il dato sul mercato del lavoro del 4 novembre: gli investitori festeggiavano per una lettura “positiva” sul dato riguardante la disoccupazione, che batteva le stime del 3.6% attestandosi al 3.7%:

Il dato sulla disoccupazione dagli anni '50 ad oggi


Nonostante il dato migliore delle aspettative, esso si attesta comunque vicino ai valori del minimo storico del 1953, al 2.5%!
Nella grafica successiva viene mostrato il binomio “azionario in salita-Fed meno aggressiva”:

Quando il mercato sconta una FED meno aggressiva, i mercati azionari (Nasdaq, nell'immagine) tendono ad apprezzarsi


La voglia da parte del mercato di far risalire gli indici azionari potrebbe essere tuttavia un’arma a doppio taglio, per questo motivo:
·        Se i mercati azionari salgono il dollaro registra delle cattive performance, per due motivi:
1.      Non agisce da bene rifugio (questo è chiarito dalla sua correlazione diretta con il VIX, l’indice di paura dell’S&P500):

La correlazione diretta tra dollaro americano e VIX

2.      Viene penalizzato dal tasso di interesse che il mercato sconta; infatti, quanto più il tasso di interesse di una nazione sale, tanto più la moneta di riferimento si rafforza; dunque, vien logico pensare che se il mercato sconta tassi di interesse futuri stabili o addirittura “tagliati”, la valuta va a risentirne in negativo; questo punto è ben rappresentato dalla correlazione inversa tra la stessa currency e il future Federal Fund scadenza febbraio 2023:

La correlazione inversa tra dollaro americano e federal fund future scadenza febbraio 2023

La stessa correlazione è ancora più apprezzabile in un timeframe a 15 minuti:

La correlazione inversa tra dollaro americano e federal fund future scadenza febbraio 2023 su timeframe a 15 minuti

Il dollaro dunque viene penalizzato da due eventi negativi.
La domanda che io stesso mi sono posto dopo l’uscita del dato sulla disoccupazione è stata:

“Se le scommesse sbagliate da parte del mercato portano ad un indebolimento del dollaro, quali potrebbero essere le ripercussioni”?

·        Una FED ancora più aggressiva

Il motivo?
Esiste una correlazione inversa tra il dollaro e le aspettative di inflazione, in questo caso a 5 anni:

La correlazione inversa tra dollaro americano e aspettative di inflazione a 5 anni

Quando il dollaro si deprezza, le aspettative tendono a salire, come mostra appunto la grafica. Il coefficiente di correlazione tra i due elementi è per lo più in territorio inverso.
Il coefficiente di correlazione utilizzato è pari a 20 periodi, ossia tiene conto nel calcolo delle ultime 20 candele (dal momento in cui una settimana di contrattazioni è pari a 5 candele, 20 periodi indicano un mese di contrattazioni). Applicando lo stesso coefficiente a più ampio raggio, ad esempio a 40 periodi, possiamo notare una correlazione ancora più marcata:

La correlazione inversa tra dollaro americano e aspettative di inflazione a 5 anni a 40 giorni

Perché questo? Perché il dollaro influenza le aspettative di inflazione? Il terzo incomodo di questa breve storia è il petrolio, infatti:

La correlazione inversa tra dollaro americano e petrolio a 40 giorni

La correlazione che esso presenta con il dollaro (nelle ultime 40 sedute) è inversa, motivo per il quale:

·        Se il mercato scommette su una Fed meno aggressiva e fa salire i mercati azionari il dollaro, per i motivi visti precedentemente, va ad indebolirsi…favorendo la salita del petrolio che, guarda caso, con chi è correlato in maniera diretta?

La correlazione diretta tra petrolio e aspettative di inflazione

Con le stesse aspettative di inflazione! E… qual è lo strumento a disposizione della banca centrale per combattere l’inflazione? Il rialzo dei tassi di interesse. Ecco spiegato il motivo per il quale “le scommesse errate dei tori potrebbero inasprire la politica della FED”!

Se il pensiero degli investitori di una FED meno aggressiva sarà più forte di quello che la FED effettivamente è (ossia che la stessa banca centrale utilizzerà tutta la sua forza per combattere l’inflazione), il dollaro andrà ad indebolirsi, andando a favorire una probabile risalita del petrolio che, come è abbastanza noto da due anni a questa parte, è stata la componente “più problematica” all’interno del paniere del consumer price index.

E’ doveroso specificare che:
·        Dall’inizio del percorso di inasprimento di politica monetaria, le scommesse dei “tori sull’azionario” hanno trovato vita breve, motivo per il quale la recente debolezza del US Dollar potrebbe essere solo episodica
·        Il petrolio non risponde soltanto alla tematica relativa alla sua correlazione inversa con il dollaro, bensì anche a questioni di domanda e offerta, motivo per il quale se le più grandi economie al mondo (Stati Uniti, Cina, Europa e Giappone) entrerassero nel futuro più prossimo in una recessione, la domanda di crude oil calerebbe e con essa il prezzo della materia prima

Tra i grafici che osserverò attentamente le prossime settimane ci sarà sicuramente il seguente:

La correlazione tra dollaro, petrolio e aspettative di inflazione

Una cosa appare comunque certa:
·        Se tutte le correlazioni si manterranno stabili un dollaro debole, nei prossimi tempi, non aiuterebbe il lavoro di Jerome Powell!

Grazie per l’attenzione, Matteo Farci

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Ultimi commenti

Ottime osservazioni, credo che presto i nercati ritorneranno alla realtà.. anche se ormai i mercarti da tempo sono scollegati dslla realtà,da quando il mercato e stato inondato da un mare di liquidità
Si bravo, sono scollegati. Per sopravvivere, però, sono dell'idea che bisogna trovare la logica nella loro irrazionalità
Sono molto scollegati...
sono drogati talmente tanto di liquidità che prosciugare è la cosa più ovvia no?
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