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Dollaro USA in caduta libera...sarà colpa di Trump?

Pubblicato 30.07.2017, 12:32
Aggiornato 04.10.2023, 19:20

Gentili Lettori di Investing.com,

a mio personale avviso, la settimana appena conclusa sui mercati finanziari ha, per l'ennessima volta, evidenziato quanto Donald Trump sia incapace di esercitare il potere responsabilmente, trascinando pertanto inevitabilmente la sua presidenza verso l'autodistruzione.

Per ultimo, il tentativo di intervenire sulla politica militare vietando l'arruolamento di transessuali tramite un tweet; ridicolo.

Per non parlare delle frizioni interne ai Repubblicani sempre più evidenti come testimoniato dall'ulteriore disfatta nel voto sulla riforma sanitaria grazie anche al senatore McCain che, recentemente operato di cancro al cervello, è uscito dall'ospedale appositamente per esprimere il proprio dissenso!

Senza dimenticare le numerose debacles in politica estera, come le dichiarazioni contrastanti sulla Nato, l'estromissione degli USA dal trattato sul clima e l'interventismo poi immediatamente ridimensionato nella crisi del Golfo, in Siria ed in Nord Corea che non ha fatto altro che danneggiare la reputazione americana...la principale vittima? Il dollaro, ovviamente.

Se infatti il biglietto verde sulla scia delle promesse di rilancio dell'economia verso tassi di crescita superiori al 3% annuo grazie a riforme fiscali e incremento della spesa pubblica da novembre 2016 a Gennaio 2017 si è rafforzato di più del 10% sulle principali controparti, da Marzo in poi, quando la fiducia degli operatori di mercato sull'efficacia delle politiche di Trump è venuta gradualmente meno accompagnata dall'emergere di scandali come le commistioni con la Russia ed il licenziamento del capo del FBI, la valuta domestica non solo è ritornata ai livelli pre-elettorali ma si è ulteriormente indebolita toccando il valore minimo degli ultimi due anni sull'euro!

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L'indebolimento del USD tuttavia appare transitorio e più dettato dalla delusione Trump che da fattori permanenti; il mercato obbligazionario, espressione per eccellenza dei fondamentali economici, suggerisce che un nuovo rafforzamento è inevitabile.

Le valute tendono infatti a muoversi secondo il differenziale dei tassi d'interesse; un Paese dove i tassi d'interesse sono più elevati (USA 1,75%, Eurozona e Giappone 0%) tende ad attrarre maggiori flussi di denaro sospingendo al rialzo la valuta.

Ad esempio la differenza tra il rendimento di un titolo di stato americano a due anni (+1,35%) ed uno tedesco della medesima durata (-0,67%) è al livello massimo degli ultimi 10 anni (2,03%!).

Inoltre la Federal Reserve è in procinto di avviare il processo di riduzione del proprio bilancio (di fatto determinando un rialzo dei rendimenti) mentre Eurozona e Giappone sono ben lungi anche solo dall'iniziare a parlarne!

Per ultimo, la crescita del PIL USA, come testimoniato dai dati preliminari pubblicati in settimana relativi al secondo trimestre 2017, dovrebbe attestarsi sul +2,2%/2,3% per il 2017 mentre in Eurozona sarebbe già un ottimo risultato se si attestasse sul +1,8%!

Possiamo quindi investire in USD, senza timori.

Il mercato azionario ha fatto registrare performance contrastanti in quella che è risultata essere una settimana estremamente affollata in termini di divulgazione di risultati trimestrali; da segnalare il tonfo di Astrazeneca PLC ADR (NYSE:AZN) (-16%) a seguito dalla mancata approvazione alla commercializzazione di un farmaco per il tumore ai polmoni, di Starbucks Corporation (NASDAQ:SBUX) (-9%) e AMAZON (NASDAQ:AMZN) (-2,5%), bene invece FACEBOOK (NASDAQ:FB), che ha raggiunto i 2 miliardi di utenti, Intel Corporation (NASDAQ:INTC) e le petrolifere Exxon Mobil Corporation (NYSE:XOM) e Chevron Corporation (NYSE:CVX), che prevedono un'ulteriore ripresa del prezzo del greggio.

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In ambito commodities, la settimana si è contraddistinta per il balzo del prezzo del petrolio (Brent a 52,7$ e WTI a 49,8$ al barile) sostenuto anche dall'ormai persistente calo delle scorte di greggio in USA e,soprattutto, dalla chiusura di parecchie posizioni speculative ribassiste da parte degli Hedge Funds americani; probabile un'ulteriore spinta rialzista nelle prossime settimane con il Future Petrolio Brent in assestamento sui 57$ ed il WTI sui 55$ al barile. Altro che eccesso di offerta, la crescita economica ha bisogno di carburante!

In ambito valutario, continua il rally dell'euro sostenuto dalla divulgazione di dati macroeconomici (PMI preliminari di Luglio e indicato sulla fiducia di consumatori e imprese) incoraggianti seppur non strabilianti.

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