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Ecco il nuovo amico degli orsi del mercato del greggio: Donald Trump

Pubblicato 13.11.2018, 14:20
Aggiornato 02.09.2020, 08:05

Il Presidente USA Donald Trump non ha aspettato tanto per presentare il suo ultimo attacco su Twitter dopo che l’Arabia Saudita, il principale esportatore di greggio al mondo, nel weekend ha annunciato l’intenzione di tagliare mezzo milione di barili della sua produzione a partire da dicembre.

Prima che cominciasse la prima seduta di scambi della settimana, in seguito all’annuncio, Trump ha twittato:

“Se tutto va bene, Arabia Saudita e OPEC non ridurranno la produzione petrolifera. I prezzi del greggio dovrebbero essere molto più bassi in base alle scorte!”

E il mercato ha immediatamente chiuso al ribasso per l’undicesimo giorno consecutivo ieri, cancellando i guadagni registrati negli scambi asiatici ed europei. Alcuni degli analisti più seguiti del settore non hanno nascosto la propria sorpresa ieri nello scoprire chi è il nuovo amico degli orsi del greggio: Donald Trump.

La londinese Energy Aspects, nota per i suoi incisivi approfondimenti sul greggio, ha dedicato una nota di cinque pagine per spiegare come il presidente e il suo governo abbiano tratto in inganno l’Arabia Saudita e l’Organizzazione dei Paesi Esportatori di petrolio (OPEC) facendo loro pensare che il mondo avrebbe sofferto una delle crisi delle scorte peggiori per via delle sanzioni contro l’Iran.

Abbassare i prezzi del greggio ha più importanza che “punire” l’Iran

La strategia è stata fondamentale nel convincere gli altri principali produttori OPEC, compresa l’Arabia Saudita, a spingere la produzione negli ultimi mesi per via del fattore paura iraniano, quando ciò che voleva Trump era avere scorte di greggio alte in modo da poter tenere bassi i prezzi alle colonnine USA, segnando dei punti a livello politico contro Tehran per tranquillizzare la sua base elettorale conservatrice in vista delle elezioni di metà mandato del 6 novembre.

E questo è diventato chiaro quando, un giorno prima dell’entrata in vigore delle sanzioni iraniane del 5 novembre, il governo USA ha annunciato delle inattese esenzioni destinate ad otto principali acquirenti del greggio iraniano per continuare ad importare da Tehran per altri sei mesi. Le quote di alcune esenzioni non sono state però svelate, alimentando ulteriormente il sotterfugio.

“I tori del greggio sono arrabbiati e demoralizzati e, se ci è permesso dirlo, hanno ragione”, si legge in una nota di Energy Aspects dal titolo “Broken Trust (fiducia tradita)”.

Aggiunge il gruppo di ricerche:

“Pur avendo promesso di azzerare le esportazioni iraniane, Donald Trump ha ceduto ed ha concesso esenzioni per importare greggio iraniano ad otto nazioni. Calcoliamo che le esenzioni ammonteranno a poco più di 1,3 milioni di barili al giorno di esportazioni di greggio iraniano e prodotti condensati, ma con gli Stati Uniti che si rifiutano di confermare i volumi delle esenzioni, il mercato teme il peggio e c’è chi parla di esportazioni di nuovo vicine ai 2 milioni di barili al giorno”.

Il gruppo OPEC si sente tradito da Trump

Phil Flynn del Price Futures Group di Chicago, un altro importante commentatore del greggio, afferma che l’OPEC è “arrabbiata perché il Presidente Donald Trump li ha ingannati e perché l’Iran dice ai sauditi ‘Ve l’avevo detto’”.

Secondo Flynn, il cartello dovrebbe ora sfidare Trump e “fermare la festa degli orsi (o) sopportare di perdere ancora più miliardi rispetto a quelli già persi durante questo selloff”.

WTI Daily Chart

Il greggio USA West Texas Intermediate ha già perso quasi il 25% del suo valore nelle ultime sei settimane, mentre il britannico Brent, il riferimento globale per il greggio, è crollato di oltre il 20% nei timori per un eccesso di scorte dopo le manovre di Trump sull’Iran.

Prima che Trump annunciasse a maggio l’applicazione delle sanzioni per azzerare le vendite di greggio iraniano, le esportazioni di Tehran avevano raggiunto il picco di 2,5 milioni di barili al giorno ad aprile. Poi, quando i prezzi hanno cominciato a schizzare, il Presidente ha chiesto all’OPEC e al suo principale alleato, la Russia, di iniziare a produrre di più. Memori dell’eccesso di scorte del 2014-2017 che erano appena riusciti a risolvere riducendo la produzione, i produttori all’inizio hanno resistito alle sue proposte. Ma Trump ha rifiutato di mollare, accusando l’OPEC di stare “fregando il resto del mondo” con i prezzi del greggio alti.

La produzione di petrolio da scisto USA è la vera bomba

Energy Aspects stima che, sebbene le esportazioni dell’OPEC siano in parte aumentate per le pressioni di Trump negli ultimi mesi, quello che ha davvero sbilanciato il mercato è stata l’inattesa impennata della produzione di petrolio da scisto USA, che ha segnato i massimi storici di 11,6 milioni di barili al giorno.

In una nota di ieri di Bank of America Merrill Lynch si legge:

“La prossima guerra dei prezzi dell’OPEC potrebbe finire rivelandosi molto più costosa per il cartello, con gli Stati Uniti che continuano ad isolarsi dalle oscillazioni dei prezzi del greggio globali. In soli 10 anni, l’America è passata dall’essere un enorme importatore al diventare il principale esportatore di prodotti petroliferi al mondo. In media, stimiamo che le esportazioni di prodotti petroliferi USA ammontino ad una media di 5,1 milioni di barili al giorno nello scorso trimestre, soprattutto come combinazione di benzina, gasolio e combustibili residui”.

Washington, nel frattempo, continua ad affermare che il suo fine ultimo è quello di azzerare le esportazioni petrolifere iraniane, ma Energy Aspects dice:

“Il fatto che il governo abbia concesso esenzioni come se fossero caramelle di Halloween avanzate rende difficile per il mercato, e anche per noi, credergli di nuovo”.

Previsioni “quasi impossibili” con Trump

Nella sensazione che gli Stati Uniti non stiano cercando più di infliggere massima sofferenza all’Iran, le raffinerie sono riluttanti a fare il pieno di greggio, avendo l’impressione che i compratori di greggio iraniano possano imbrogliare continuando con gli acquisti anche dopo la fine del periodo di 180 giorni delle esenzioni o violando perfino le attuali quote di importazione.

Sebbene i sauditi siano intenzionati a tagliare 500.000 barili al giorno di scorte dal mese prossimo e l’OPEC e la Russia possano fare altrettanto se non di più in occasione del vertice del 6 dicembre, il malconcio sentimento dei mercati non è riuscito a vedere una ripresa nella notte, spiega Energy Aspects, aggiungendo:

“Ci vorrà almeno un mese. Quindi, abbiamo ridotto le nostre previsioni sul prezzo del Brent per il quarto trimestre di 8 dollari a 79 dollari al barile e, con il governo Trump che dimostra un’esplicita preferenza per i prezzi bassi, abbiamo abbassato anche le previsioni sul 2019 di 7 dollari ad 85 dollari”.

L’agenzia di ricerche si dice ancora preoccupata per il quadro generale del 2019 e, con i margini petrolchimici che scendono bruscamente man mano che gli utenti finali in Asia riducono aggressivamente le scorte temendo un’escalation dello scontro commerciale USA-Cina, ci sono possibili rischi ribassisti per le sue previsioni. Aggiunge:

“Le previsioni sono sempre difficili, ma Trump ha reso quasi impossibile effettuarle senza alcun sentimento di fiducia”.

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