Con il settore industriale tedesco dipendente dalle esportazioni (che rappresenta circa un quinto della sua economia) già in calo, il motore economico dell’Europa potrebbe già essere in recessione. Ancora peggio, questo ribasso sembra stare diffondendosi oltre i ben noti problemi del settore automobilistico del paese.
L’Istituto per la Ricerca Economica Ifo, con sede a Monaco, prevede un altro calo dello 0,1% dell’economia tedesca questo trimestre, dopo che il PIL si è già contratto dello 0,1% tra aprile e giugno, in base alle ultime previsioni sulla crescita economica pubblicate la scorsa settimana. E questo è in linea con la definizione tecnica di recessione.
Un ribasso nella principale economia europea potrebbe trascinare giù con sé l’intera zona euro e riecheggerebbe anche negli Stati Uniti.
Il settore manifatturiero tedesco, secondo un altro sondaggio, quello dell’indice dei direttori acquisti di IHS Markit, è rimasto in contrazione ad agosto con lo scontro commerciale globale che ha pesato sulla domanda per le esportazioni. La lettura di 43,5 oscilla vicino al minimo di sette anni di luglio. Inoltre, il sentimento sulla produzione futura è sceso al minimo storico.
“Il tonfo del settore manifatturiero tedesco prosegue e per il momento non si vede alcuna luce in fondo al tunnel”, afferma Phil Smith, capo economista di IHS Markit.
Il colpo è stato avvertito soprattutto da queste tre compagnie industriali non appartenenti al settore automobilistico:
1. Thyssenkrupp
Grafici forniti da TradingView
Thyssenkrupp, il conglomerato globale dell’acciaio e dei metalli, fabbrica di tutto, dagli ascensori e i pezzi di ricambio delle auto ai fertilizzanti e sottomarini. Il titolo è crollato del 31% nel corso dell’ultimo anno, toccando un minimo di 16 anni, rispetto al rialzo del 2,8% dell’indice di riferimento tedesco DAX.
La compagnia ha lanciato quattro profit warning nello stesso periodo, annunciando un’aggressiva ristrutturazione delle attività. Il piano dell’amministratore delegato Guido Kerkhoff prevede la perdita di 6.000 posti di lavoro e la potenziale vendita, privata o tramite IPO, della sua divisione più redditizia, quella degli ascensori.
Il debito di Thyssenkrupp è stato abbassato ulteriormente in territorio “junk” da Moody’s Investors Service e S&P ad agosto, per via del rallentamento economico globale e della domanda sottotono da parte dell’industria automobilistica. Ad aggiungere al danno la beffa, il titolo in calo della compagnia è stato rimosso dall’elenco delle 30 componenti del DAX questo mese ed è stato relegato all’indice di media capitalizzazione MDAX.
Con due settori chiave - acciaio ed auto - sotto pressione e con l’aumento dei costi delle materie prime, Thyssenkrupp il mese scorso ha reso noto che si aspetta che gli EBIT (utili al lordo di tasse ed interessi) per l’anno fiscale con conclusione il 30 settembre scendano a circa 800 milioni di euro (883 milioni di dollari), rivedendoli al ribasso rispetto alla previsione precedente di 1,1-1,2 miliardi di euro. Il conglomerato sta inoltre valutando le opzioni per altre tre divisioni - molle e barre stabilizzatrici, ingegneria dei sistemi e lamiere pesanti - che ora rappresentano il 4% delle vendite del gruppo e che sono attualmente responsabili di un quarto dei flussi di cassa negativi.
Afferma Kerkhoff:
“Non permetteremo che permanga una situazione in cui attività senza prospettive chiare continuino a bruciare denaro e a distruggere il valore creato da altre aree”.
2. Siemens
Un altro colosso industriale sotto pressione per via del rallentamento economico tedesco è Siemens, che ha pubblicato utili deludenti per l’ultimo trimestre.
Gli EBITDA della compagnia per quanto riguarda le attività industriali - la sua misura di profitto preferita - sono crollati più del previsto del 12% tra aprile e giugno, il suo terzo trimestre fiscale, a 1,94 miliardi di euro (2,14 miliardi di dollari). La compagnia, attiva soprattutto nel settore energetico, dei trasporti e della diagnostica medica, ne attribuisce la colpa alle “difficoltà significative sui mercati chiave” come case automobilistiche ed aziende di ingegneria meccanica.
Il tonfo dell’11% del prezzo del suo titolo nell’ultimo anno, compreso il calo vicino al minimo di quattro anni ad agosto, rispecchia la sensibilità ai cicli economici ed alla geopolitica. La sorpresa più grande, tuttavia, è stata che i ricavi e gli utili sono scesi nella divisione del settore digitale, che produce attrezzature e software per l’automazione industriale. I proventi da questo segmento hanno contribuito a compensare la debolezza nella divisione di energia e gas negli ultimi trimestri, malandata da tempo.
Mentre le vendite totali sono rimbalzate del 4% e gli ordinativi dell’8%, sono crollati rispettivamente dell’1% e del 4% nella divisione digitale. Questi risultati rendono sempre più difficile raggiungere gli obiettivi finanziari sull’anno fiscale.
“L’ambiente di mercato favorevole per le nostre attività a ciclo breve, che era la base materiale delle nostre previsioni, è peggiorato significativamente nel secondo semestre dell’anno fiscale”, ha ammesso la compagnia nel report sugli utili del mese scorso. Pur confermando gli obiettivi finanziari sull’anno fiscale, Siemens ha aggiunto che “diventa sempre più difficoltoso raggiungere le nostre aspettative di una crescita moderata dei ricavi”.
La compagnia ha inoltre affermato che si aspetta un margine industriale principale nella parte inferiore del range dell’11%-12%, escludendo gli oneri di liquidazione. Il dato è sceso al 9,9% nel terzo trimestre dall’11,7% dello stesso trimestre dell’anno scorso.
3. Rheinmetall
Anche Rheinmetall ha offerto previsioni cupe il mese scorso. La compagnia, con un piede nel settore della difesa e l’altro in quello dei pezzi di ricambio per le auto, ha tagliato le previsioni sulle vendite annue per quanto riguarda la sua divisione automobilistica, prospettando un calo compreso tra il 2% ed il 3%, dopo aver precedentemente stimato ricavi stabili o in lieve aumento.
Prevede inoltre margini operativi minori nella sua attività automobilistica, a circa il 7% rispetto all’8% prospettato all’inizio dell’anno, quando si prevedeva una ripresa del settore nel secondo semestre. La compagnia crede che la contrazione del settore automobilistico peserà sulla performance del gruppo, ma solo in modo limitato, con le vendite che resteranno entro gli obiettivi. L’ultima previsione è di una crescita del 4%, nella parte inferiore del range stimato del 4%-6%.
Il settore della difesa, i cui clienti sono perlopiù i governi, è più protetto dalle condizioni economiche avverse rispetto a quello delle auto. Rheinmetall si aspetta che i ricavi da questo segmento salgano organicamente dell’11%, escludendo le oscillazioni monetarie, arrivando alla parte superiore del suo range obiettivo del 9%-11%.
L’impennata del 32% di Rheinmetall negli ultimi 12 mesi rispecchia la capacità del suo doppio business model di mantenere la compagnia redditizia quando le condizioni economiche sono dure.