Quando è premiante non spingersi oltre il proprio naso.

Pubblicato 27.11.2017, 17:47

Un saluto ai lettori di Investing.com, in natura esiste un pesce (pesce pilota) che prospera tranquillamente in molti mari del mondo e che strategicamente (evolutivamente) ha scelto di affidarsi unicamente alla tattica (ciò che vede nel presente) per assicurarsi almeno due delle tre funzioni vitali che è chiamato a svolgere: alimentazione e protezione.

Molto pragmaticamente ha deciso di affidare la propria sopravvivenza al comportamento di un altro animale piuttosto che fare costantemente piani strategici complessi.

Questo pesce vive all'ombra di animali molto più grandi di lui, solitamente verso i vertici della catena alimentare, garantendosi così il cibo necessario e un'esistenza molto poco spericolata.

Abbandonando il mondo animale e venendo più verso noi, possiamo dire che negli investimenti non esiste una strategia che risulti costantemente vincente rispetto ad altre, ma tutte mostrano pro e contro sebbene diversamente distribuiti.

Molte di loro però possono essere ricondotte sotto due macro-categorie delle quali, prendendo spunto dall'attualità finanziaria, è possibile indagare pregi e difetti e sostenerne la validità nello scenario attuale.

Diversi mercati hanno ritracciato nelle scorse settimane ed in questi giorni sono a contatto con aree di supporto.

Aree che possono essere viste come occasioni di acquisto per chi giudica solido l'attuale (eterno!) trend rialzista, o assumere le sembianze di mostri che tolgono il sonno per coloro che temono possano essere solo l'inizio di una serie di minimi decrescenti.

Ovviamente da quale parte ciascuno si ritrovi e l'intensità del coinvolgimento emotivo dipende essenzialmente dalle scelte fatte/non fatte in passato.

Si può decidere di acquistare un dato mercato elaborando gli scenari che suggeriscono i report di medio/lungo termine provenienti dalle più disparate fonti (Banche centrali, FMI, OCSE, Case di investimento, …) e quindi fare le migliori (più efficienti) scelte possibili capaci di avvantaggiarsi dallo scenario prospettato, che nelle previsioni dovrebbe anche essere quello più probabile.

Questo approccio tuttavia, a mio modesto giudizio, ci espone a due rischi almeno:

  1. quello di non prestare a sufficienza attenzione al presente, cioè alle dinamiche che già si sono materializzati, e sono in chiaro trend, o si stanno materializzando sotto i nostri occhi e che dunque non necessitano di debilitante attività di previsione (price action).
  2. la possibile fallacia di quello che le analisi macroeconomiche ci prospettano. In questo caso il rischio maggiore sarebbe rappresentato non tanto dall'errore in se (che sia chiaro è insito anche nell'approccio precedente) quanto dal comprenderlo in eccessivo e colpevole ritardo.


Se si facesse affidamento su quello che vediamo e tocchiamo (il presente) e si avesse una strategia affidabile e chiara soprattutto, in qualunque momento possiamo apportare modifiche alla gestione per limitare/evitare i danni e/o cogliere le opportunità che si presentassero. Tuttavia, nel caso in cui lo scenario di medio/lungo termine si rivelasse corretto, probabilmente le performance non sarebbero le migliori possibili in assoluto, ma saremmo fiduciosi di conseguirle con poca volatilità.

Per contro, un approccio che puntasse a trarre vantaggio dall'elaborazione di probabili scenari di medio/lungo termine avrebbe come conseguenza quello di accettare come compagno di viaggio, senza possibilità di rifiutarsi, oltre all'incertezza che grava sulla previsione stessa, anche la minore reattività associata all'approccio di fronte a cambiamenti contingenti che dovessero presentarsi nel tempo e che, purtroppo in ritardo, potrebbero indicarci il fallimento/indebolimento dello scenario prospettato. Insomma il rischio è quello di preoccuparsi di chiudere il recinto quando i buoi sono ormai scappati.

Anche in questo caso, se la previsione dello scenario futuro si dimostrasse corretta il risultato sarebbe brillante ma con volatilità probabilmente non trascurabile.

Le implicazioni sul rendimento medio annuo composto, però, nei due scenari sarebbe molto differente considerando che mediamente lo stesso si riduce di circa la metà della varianza del periodo di riferimento. Nel lungo periodo le conseguenze sono certamente di rilievo.

Riflessione a parte sarebbe da fare sulle conseguenze della volatilità, sia sul piano emotivo che su quello pratico legato alla possibilità che si renda necessario smontare il portafoglio per esigenze straordinarie dell'investitore.

Ovviamente esistono tecniche di copertura del portafoglio che mirano a proteggerelo dalla fallacia delle scelte sottostanti, ma sono tanto più costose quanto più si vuole che siano efficaci. E comunque non sempre sono accessibili a tutti i tipi di investitori.

Prendendo spunto dalla cronaca finanziaria è da tempo, almeno un anno e mezzo, che sulla base di considerazioni fondamentali/macroeconomiche, si fa riferimento al rischio che il lungo ciclo bullish sui mercati, sia azionari che obbligazionari, sia prossimo a terminare lasciando il testimone all'orso e le motivazioni addotte sono:

  • - mercati spesso cari se valutati in termini di p/e
  • - prospettiva di aumento dei tassi di interesse soprattutto negli Usa
  • - indebolimento del tasso di crescita degli utili aziendali
  • - rafforzamento delle dinamiche inflattive in molti paesi soprattutto avanzati
  • - tassi di disoccupazione molto bassi in molti economie avanzate
  • - rallentamento del tasso di crescita economica della Cina
  • - crescita pericolosa del settore del credito della Cina
  • - ipotetica bolla nel settore immobiliare della Cina
  • - indebolimento generalizzato degli scambi commerciali globali come conseguenza dell'implementazione dell'agenda economica del presidente Trump (“America first”)
  • - rafforzamento del dollaro Usa associato all'elezione di Trump e conseguente pressione sul debito emergente
  • - indebolimento dei prezzi del petrolio come conseguenza anche dello shale oil americano
  • - rischio politico associato alla nuova ondata di “populismo”
  • - Brexit
  • - statisticamente è un ciclo economico espansivo che dura da troppo tempo
  • - Attentati terroristici
  • - quotazioni obbligazionarie sostenute dal QE e che hanno raggiunto valori in alcuni casi non giustificati e rischio sell-off che avrebbe contagiato probabilmente anche l'azionario

Molte di queste previsioni, o non si sono avverate o pur essendosi concretizzate non hanno prodotto conseguenze in linea con le attese:

- avremmo dovuto trascurare l'azionario USA nel 2017 perché caro
- alleggerire la componente high yield nell'obbligazionario perché ha rendimenti troppo prossimi all'investment grade e quindi non remunera adeguatamente il rischio assunto
- ridimensionare il debito emerging soprattutto in valuta locale perché il dollaro lo avrebbe messo sotto pressione
- cestinare i governativi m/l termine investment grade che sarebbero dovuti implodere sotto il rialzo dei tassi a lungo termine
- evitare l'azionario del Messico perchè Trump avrebbe fatto costruire il muro e messo in discussione gli accordi commerciali
- vendere l'azionario UK per la brexit
- sovrappesare i TIPS americani per cavalcare la probabile sorpresa al rialzo dell'inflazione 5y5y

Come stanno performato questi mercati e queste asset class lo sappiamo:

Figure 4
L'approccio "strategico" seguendo le logiche delle previsioni macroeconomiche e della teoria economica, dello studio delle passate correlazioni tra asset class e tra asset class e scenari economici performa meno rispetto a quello "tattico".

Negli ultimi anni abbiamo avuto diverse indicazioni che le relazioni non si presentano come in passato, il mondo cambia sotto i nostri piedi, e questo potrebbe mal conciliarsi con l'ortodossia nell'approccio agli investimenti.

Penso sia richiesta più flessibilità e tatticismo.

Se un fenomeno si è manifestato ed ha risposto a collaudate logiche nel passato non è detto che si presenti con le stesse caratteristiche ed intensità nel futuro e francamente, si potrebbe non avere voglia di sperimentarlo.

Potrebbe non essere utile assumere una forma tondeggiante se ci muoviamo in un ambiente spigoloso e ricco di anfratti, ma più utilmente assumere lo stato fisico liquido che ci rende capaci di esplorare i meandri e scegliere dove ci è congeniale restare, nei modi più consoni alla nostra personale strategia.

Ora il momento attuale risulta interessante, poiché chi avesse sposato una logica di momentum sovrappesando il presente ha già conseguito importanti performance mentre chi avesse tenuto un atteggiamento suggerito dall'approccio “futurista” si trova nella più scomoda posizione di dovere scegliere se incrementare/entrare.

A livelli ben più alti di quanto avrebbe potuto scegliere in passato.

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