Buongiorno ai Lettori di Investing.com,
il 13 Ottobre 1983 e’ ricordato nei libri di storia del football come il giorno in cui, per la prima volta al mondo, un club calcistico sbarco’ sui mercati azionari: era la squadra inglese del Tottenham Hotspur FC, piu’ noti in terra madre con l’appellativo di “Spurs”, ed il prezzo di sottoscrizione del titolo ammontava a £ 1.00.
Da allora il calcio e’ totalmente cambiato sia in campo, ma soprattutto fuori dal rettangolo verde, ed oggi una nuova figura sta “sconvolgendo” il settore: i fondi d’investimento.
Il miraggio di nuovi mercati (la Cina dei Lippi, Cannavaro, Pelle’; l’ India dei Materazzi, Nesta, Del Piero e Trezeguet), la “rivoluzione” alla ricerca di maggior sponsorizzazioni dei campionati (Canada, USA), l’idea della Super League Europea o Super League Mondiale e quant’altro hanno acceso una lampadina per chi in mente ha solo una cosa: il profitto.
I nuovi padroni e finanziatori del calcio (Esempio: Doyen Sports Investments o Media Sport Investment) insieme ai grandi procuratori come Pinhas Zahavi, Jorge Mendes, Mino Raiola e tramite il cosiddetti TPO (third-party ownership) oggi governano e “manipolano” il sistema; un sistema che faceva acqua da tutte le parti e dove i fondi hanno trovato quindi una breccia in cui insediarsi.
Ma di questo ci occuperemo nelle prossime puntate.
Tornando alla Borsa, dopo circa 15 anni dall’approdo del Tottenham, sul finire degli anni ’90 e l’inizio del nuovo millennio, molte altre società intrapresero la stessa via, chi con “successo” e chi provvedendo successivamente al delisting (esempio Rangers Glasgow, Newcastle, Manchester City).
Ma oggi quali sono i Club Europei quotati?
Tra i piu’ rinomati la maggior rappresentanza spetta alla Turchia con 4 squadre: Beşiktaş, Galatasaray, Fenerbahçe e Trabzonspor; 3 squadre per Inghilterra (Arsenal, Manchester United e Tottenham), Portogallo (Benfica, Porto e Sporting Club) e Italia (Juventus, Lazio e Roma); 1 squadra per Francia (Olympique Lyonnais), Olanda (Ajax), Germania (Borussia Dortmund) e Scozia (Celtic Glasgow).
Il paradosso pero’ (dovrebbe essere oggetto di studio) è che la quota maggiore rimanga di competenza di una nazione “insignifacente” dal punto di vista calcistico sia come risultati di Club, valore dei Brands e capienza degli stadi: la Danimarca, che ha ben 5 squadre (FC København, Brøndby IF, AaB Fodbold, Silkeborg IF e AGF Aarhus).
Al contrario invece, Top Club mondiali come Bayern Monaco, Barcellona e Real Madrid non sono ancora quotati.
In conclusione di questo primo Focus sul “mondo del pallone”, non so se la corsa al nuovo business si concluderà con la presa della gallina dalle uova d’oro e se i Club cresceranno oltre l’impossibile, ma una cosa mi incuriosisce: e’ possibile che un solo calciatore possa guadagnare in un anno almeno il doppio degli utili dell’intera Società di Calcio in cui milita? V
edi Cristiano Ronaldo che nel 2016 ha avuto un guadagno di € 78,60 Ml. contro un utile netto 2015-16 del Real Madrid di € 30,28 Ml. o Lionel Messi € 72,70 Ml. contro un utile netto 2015-16 del Barcellona di € 28,77 Ml. (Fonte Forbes per guadagni calciatori).
Sarebbe come se Sergio Marchionne che e’ Amministratore Delegato FCA (MI:FCHA) (e non un dipendente come un calciatore) nel 2016 avesse guadagnato con stipendio ed incentivi non i suoi € 10,6 Ml. (circa lo 0,50% in rapporto all’utile dell’Azienda per cui opera) ma bensi’ almeno € 4,00 Mld. (ovvero piu’ del doppio dell’utile FCA).
E di conseguenza mi pongo una domanda provocatoria: ma in un gioco cosi’ concepito, anche in questo caso assisteremo a fusioni ed aggregazioni delle “piccole” per poter sopravvivere o saranno costrette a scomparire, a meno che i fondi non inizino ad investire anche sul Frosinone, il Carpi, il Crotone, il Sassuolo o la SPAL?
Comunque viva il fair-play!