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Il dietrofront sul Messico aiuta il greggio; la Fed sostiene l’oro

Pubblicato 10.06.2019, 13:03
Aggiornato 02.09.2020, 08:05

Il Presidente USA Donald Trump ha dato di nuovo prova di essere il maggior sconvolgitore dei mercati petroliferi, con il suo dietrofront dell’ultimo minuto sui dazi messicani che probabilmente porterà il greggio a continuare la sua impennata dalla scorsa settimana.

Sul fronte dei metalli preziosi, l’oro dovrebbe ancora puntare a raggiungere il prossimo obiettivo di 1.400 dollari l’oncia nelle aspettative che la Federal Reserve getti le basi di un tagli dei tassi in occasione del vertice dl 18-19 giugno. Un allentamento da parte della Fed indebolirebbe il dollaro USA incoraggiando le alternative alla moneta, soprattutto l’oro ed altre materie prime su cui investire, come il greggio.

Greggio fuori dal mercato ribassista … per ora

Il dietrofront di Trump dalla minaccia di imporre dazi dal 5% al 25% sul Messico a partire da oggi rimuove uno dei principali venti contrari per il greggio, consentendo ai prezzi di uscire dal territorio degli orsi in cui erano stati spinti.

WTI 300-Min Chart - Powered by TradingView

I prezzi di riferimento del West Texas Intermediate USA e del britannico Brent hanno inizialmente perso più del 20% dai massimi del 2019 di aprile, nei timori che i dazi sul Messico potessero pesare sulle attività negli Stati Uniti. Il Messico esporta parti di ricambio per auto, televisioni, abbigliamento, alcol, prodotti agricoli e carburante negli Stati Uniti con scambi quotidiani che ammontano a 1,7 miliardi di dollari.

Fino a giovedì notte, Trump affermava che i dazi sarebbero stati applicati, sembrando indifferente alla promessa del Messico di cercare di fermare i flussi di droga e clandestini dalla sua parte del confine verso gli Stati Uniti, la condizione richiesta per fermare il piano.

Ma con lo scontro commerciale USA-Cina che minacciava già una recessione globale ed i membri del suo stesso partito Repubblicano e lo staff ad avvertirlo che rischiava di far saltare un mercato critico con i nuovi dazi, Trump ha fatto un passo indietro venerdì, accettando la promessa del Messico. Il New York Times ha riportato che il nuovo accordo sull’immigrazione col Messico annunciato da Trump ieri consiste perlopiù in azioni già promesse parecchi mesi fa.

Per oltre un anno, le azioni e le politiche di Trump relativamente al greggio hanno favorito molto gli orsi della materia prima, un esito che non è affatto sorprendente data la sua convinzione secondo cui i prezzi alti della benzina alle colonnine potrebbero pesare sulla campagna di rielezione per il 2020. Il forte scontento del presidente nei confronti dell’OPEC e la sua influenza sui prezzi del greggio lo hanno costantemente posto in contrasto con il cartello, con i suoi tweet mirati a far indebolire il mercato.

È possibile che Trump abbia un altro piano per far scendere il greggio?

Non si sa ancora se, con la tregua dichiarata con il Messico ed il greggio in salita (ha già recuperato il 7% dal peggio del selloff di mercoledì e potrebbe continuare a salire, considerati i commenti dell’OPEC sui tagli alla produzione), Trump non tenterà di riportare giù il mercato. Ha ancora lo scontro commerciale con la Cina che incombe minaccioso sull’economia globale. Gli economisti dicono che se i dazi dovessero arrivare a coprire tutti i commerci USA-Cina ed i mercati dovessero crollare in conseguenza, il PIL globale subirebbe un colpo di 600 miliardi di dollari nel 2021, l’anno dell’impatto di picco.

L’altro asso nella manica del presidente potrebbe essere la firma di un accordo con l’Iran. A parte gli attacchi a colpi di tweet contro l’OPEC, l’altro maggiore elemento di sconvolgimento del mercato petrolifero ad opera di Trump sono state le sanzioni sull’Iran, che sono andate ad aggiungersi alla stretta sulle scorte di greggio globali. A parte le sanzioni USA sul greggio venezuelano, l’offensiva di Trump contro Teheran è stato uno dei pochi regali sorprendenti per i tori del greggio, alimentando l’impennata di quest’anno.

L’Iran e i dati dell’EIA rimangono i jolly del greggio

Ma sebbene sia rimasto perlopiù ostile all’Iran, il presidente si è anche detto disponibile a raggiungere un nuovo accordo nucleare con la Repubblica Islamica, che potrebbe essere costretta ad accettare la sua offerta date le difficoltà economiche in cui si trova. Se venisse annunciata una tale svolta, le esportazioni petrolifere iraniane, ora a meno di 1,5 milioni di barili al giorno, potrebbero raggiungere i livelli pre-sanzioni di circa 2,5 milioni di barili al giorno. E questo potrebbe frustrare i tentativi dell’OPEC, un gruppo che ironicamente include l’Iran, di spingere i prezzi soffocando le scorte.

L’altro jolly del greggio, ovviamente, sono i dati settimanali della U.S. Energy Information Administration, che sorprendono i mercati con numeri sulle scorte fuori norma per il greggio, la benzina ed i prodotti raffinati ormai da quattro settimane. Le scorte di greggio, in particolare, sono aumentate di quasi 44 milioni di barili al giorno da metà marzo, con l’attività delle raffinerie al di sotto della norma della capacità del 95% per questo periodo dell’anno. Gli analisti solitamente rialzisti sul greggio hanno espresso scetticismo sui dati dell’EIA, criticando persino l’agenzia per quelli che descrivono come “aggiustamenti e stime difettosi”. Resta da vedere se i dati dell’EIA saranno in controtendenza questa settimana.

Per quanto riguarda l’oro, lingotti e future del metallo prezioso sono schizzati per l’ottavo giorno consecutivo al massimo di 14 mesi venerdì, spinti dalle aspettative che la Federal Reserve tagli i tassi di interesse sulla scia dei dati sull’occupazione USA poco spettacolari di maggio.

L’obiettivo dei 1.400 dollari dell’oro dipenderà dal tono della Fed

Il Presidente della Fed Powell ha rassicurato i mercati la scorsa settimana del fatto che la banca centrale farà tutto il possibile per difendere l’economia statunitense dalla recessione dovuta allo scontro commerciale e per preservare quasi un decennio di crescita da record.

Gold Daily Chart - Powered by TradingView

L’oro ha guadagnato quasi 70 dollari, circa il 6%, dalla sua ultima attestazione negativa del 28 maggio. L’oro spot, che rispecchia gli scambi dei lingotti, ha raggiunto il massimo dell’aprile 2018 di 1.348,34 dollari la scorsa settimana. I future dell’oro con consegna ad aprile hanno segnato il massimo di febbraio di 1.352,55 dollari.

I fan dell’oro si aspettano di vedere i future di agosto superare i 1.400 dollari tra ora ed il 19 giugno, quando la Fed rilascerà la sua dichiarazione di politica monetaria dopo il vertice mensile. Sebbene la banca centrale non dovrebbe annunciare esplicitamente un taglio dei tassi questa volta, i trader seguiranno da vicino le sue parole per capire quanto sia cauta e se si possa prevedere un allentamento nei prossimi mesi.

I future dei fondi Fed si aspettano un taglio di mezzo punto quest’anno e di altri 40 punti base (cioè dello 0,40%) nel 2020.

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