Come un disco rotto, ultimamente non facciamo che sentire questa storia un giorno sì e l’altro pure:
“I prezzi del greggio sono schizzati del 40% rispetto all’anno scorso e la colpa è soprattutto delle sanzioni USA contro l’Iran”.
Ciò dovrebbe spiegare perché il greggio debba essere scambiato al rialzo e non al ribasso. Tuttavia, c’è un altro “slogan” che si usava non molto tempo fa, anche se ormai non lo sentiamo più:
“Lo scisto ha inondato il mondo di petrolio e i 100 dollari al barile appartengono al passato”.
Vi siete mai chiesti che fine ha fatto questa storia? Goldman Sachs potrebbe avere la risposta. La banca di investimenti USA, perplessa dalla stessa domanda che ha disorientato un sacco di azionisti dei mercati energetici globali, ha pubblicato una nota la scorsa settimana tentando di sbrogliare la matassa della “strada che ha portato lo scisto in coda”, un’espressione che si riferisce alla fase in cui lo scisto diventa un fattore meno importante per trainare le scorte di greggio globali.
La nota del 10 ottobre, a cura, fra gli altri, dell’esperto di ricerche sulle materie prime di Goldman Brian Singer, afferma che lo scisto è passato dalla fase di “speranze e sogni” a quella di “esecuzione ed efficienza”, facendo sorgere dubbi su quanto resterà nella fase di “coda” ora.
Prevista una crescita di un milione di barili al giorno
“Vediamo dei primi segnali” della fase di scisto in coda “ma non sono sufficienti a decretare che lo scisto abbia fatto il suo tempo”, dichiara Goldman, una delle voci più influenti di Wall Street per quanto riguarda il trading degli energetici e delle materie prime. Aggiunge:
“Consideriamo ancora lo scisto come il principale fattore trainante della crescita delle scorte globali, con le aspettative che il greggio USA possa continuare a crescere al tasso di un milione di barili al giorno all’anno non prima del 2021”.
L’opinione di Goldman sulla resistenza dello scisto è simile alle previsioni dell’OPEC, il cartello del greggio che comprende l’Arabia Saudita ed altri importanti produttori di greggio.
In una nota pubblicata tre settimane fa, il gruppo, noto come Organizzazione dei Paesi Esportatori di petrolio, ha affermato che l’aumento del petrolio da scisto USA è destinato a continuare dopo il 2020, sottraendo partecipazione di mercato all’OPEC.
La minaccia dello scisto è prevista fino al 2023
Le scorte totali non provenienti dal gruppo schizzeranno di 8,6 milioni di barili al giorno dal 2017 al 2023, raggiungendo i 66,1 milioni di barili al giorno, si legge nelle Previsioni mondiali sul greggio pubblicate dall’OPEC il 23 settembre. La produzione supplementare deriverà soprattutto dagli aumenti della produzione di scisto USA, aggiunge.
La US Energy Administration stima che la produzione petrolifera in America abbia registrato 11,1 milioni di barili al giorno a settembre, un dato già al di sopra della media annua di 10,7 milioni di barili stimata per il 2018. Il totale per il 2019 si prevede ammonti alla media di 11,8 milioni di barili al giorno.
Al picco dell’esubero di greggio globale due anni fa, c’erano 1,5-2,0 milioni di barili al giorno in eccesso stimati che hanno trascinato il greggio da oltre 100 dollari al barile a quasi 25 dollari al barile ad un certo punto, per quanto riguarda il West Texas Intermediate. Ma negli ultimi 12 mesi ai mercati petroliferi globali è stata fatta girare la testa, con le notizie che sono passate da un eccesso di scorte ad una carenza.
E il ritornello diventa più martellante man mano che si avvicina il 4 novembre: la data ufficiale di inizio delle sanzioni contro Tehran. Il WTI al momento oscilla intorno ai 71 dollari al barile, mentre la controparte britannica Brent è scambiata a circa 80 dollari al barile.
Entrambi hanno visto una decisa ripresa all’idea che all’Iran, che ha esportato la cifra massima di 3,5 milioni di barili al giorno a settembre, possa essere impedito di spedire tra gli 1,5 e i 2 milioni di barili al giorno in base alle sanzioni, la stessa quantità in eccesso una volta attribuita allo scisto.
L’aumento delle spese in conto capitale è un problema per lo scisto
Secondo Goldman, uno dei problemi principali per lo scisto è stato l’aumento delle spese in conto capitale che ha pesato sulle risorse dei produttori di scisto USA, alcuni dei quali sono compagnie di media dimensione che cercano di sopravvivere all’interno del grande campo da gioco globale. “La durata media della vita della maggior parte delle aree di trasformazione delle scorte petrolifere globali è di 7-15 anni e lo scisto si trova ora nella parte inferiore di questo range (circa 7 anni)”, spiega Goldman.
“I cinque segnali che indicheranno che ci troviamo nella fase di coda dello scisto sono: l’eventualità che le scorte siano riviste al ribasso; che la produttività smetta di migliorare; i costi di fornitura maggiori per motivi mondani; lo spostamento del capitale verso altre regioni; e, infine, una crescita non più significativa”.
Malgrado alcuni segnali evidenti di problemi per le scorte, il team di ricerca di Singer conclude che il futuro dello scisto è tutt’altro che finito negli Stati Uniti. Anzi, lo scisto potrebbe riaffermarsi sulla scena della produzione globale in un futuro non molto distante, si legge nella nota, implicando che potrebbero esserci nuovi ostacoli in vista per i prezzi del greggio.
“Secondo noi, ci troviamo potenzialmente all’inizio, e non alla fine, della fase di esecuzione/efficienza del ciclo vitale dello scisto, dal momento che continuiamo a vedere una serie di aumenti della produttività e dell’efficienza nei principali bacini di scisto USA”, aggiunge Goldman.