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Il protagonismo del Treasury e come sta influenzando le scelte di investimento.

Pubblicato 28.05.2018, 11:42
Aggiornato 09.07.2023, 12:32

Un saluto ai lettori di Investing.com,

il rendimento offerto dal decennale americano non è mai indifferente per le scelte di portafoglio, particolarmente da quando le politiche espansive non convenzionali anche di Europa e Giappone hanno schiacciato sotto lo zero i rendimenti di molta parte dei bond governativi e reso poco attraenti anche quelli corporate investment grade.

Dal punto di vista mediatico il Treasury ha in Italia un concorrente formidabile e duro da contrastare: il mitico spread. Differenziale bund-btp ovviamente.

Si vedono in televisione giornalisti appostati nei pressi di sportelli bancari che importunano ignari correntisti interrogandoli sullo spread.
E la cosa buffa è che loro rispondono poverini, penso per non fare brutta figura.

Ed è divertente sentire le considerazioni che sono “costretti” loro malgrado a rilasciare intimoriti da telecamera microfono ed assistente tecnico.

E' evidentemente una provocazione ma, come al solito, fino ad un certo punto. Lo spread ed il Treasury sono si importanti, ma a monte per i consulenti non certo a valle per gli investitori finali.

I motivi per cui il decennale americano, ma potremmo anche considerare i titoli più a sinistra sulla curva, è oggettivamente importante sono diversi.

Gli USA sono generalmente considerati il paese più importante al mondo, il più affidabile, il migliore tra tutti i possibili debitori.

Se si accetta questo ragionamento, allora sapere oggi quanto il Tesoro americano sia disposto a ripagare la nostra fiducia nel tempo è importante.

Infatti il prezzo che è disposto a pagare per comprare la nostra fiducia non può che rappresentare l'unico vero benchmark globale.

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Altri sarebbero un subottimo.

Il debito americano è considerato su scala mondiale come prima e naturale alternativa al detenere il contante sotto il materasso.

Se lo si tiene li viene giornalmente eroso dall'inflazione del luogo in cui il materasso si trova, si vive e, probabilmente, viene speso.

Questo è il prezzo che si paga per non esporlo ad alcun altro rischio.

In verità ci sarebbero da aggiungere il costo, finanziario ed emotivo, connesso con la custodia fisica del materasso che tuttavia trascuriamo.

Oggi la yield curve americana presenta inclinazione positiva, quindi normale, ed offre rendimenti che a 10 anni garantiscono circa il 3% lordo.

Lungo tutta la curva i rendimenti reali (cioè al netto dell'inflazione di periodo) risultano positivi.

Tutti gli impieghi alternativi delle risorse finanziarie dovrebbero fare i conti con questo scenario.

Una prima essenziale distinzione, che divide il mondo in due, è quella relativa alla residenza anagrafica dei soldi da investire. Infatti le considerazioni fatte sono valide unicamente per gli americani.

Per chi invece prima di investire dovesse convertire le disponibilità in dollari la musica cambia, e molto.

Il Tesoro americano si preoccupa di garantire il rendimento espresso in dollari, se poi si avesse necessità di convertire i dollari in altra moneta non è questione che lo interessa.

E' da questo punto di vista che si gioca gran parte della partita poiché più della metà dei creditori del Governo americano non risiedono sul suo territorio.

Quindi quanto più il dollaro è forte tanto più inibisce, a parità di condizioni ovviamente, i desideri dei non americani di comprare titoli di debito USA.

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Il cambio diventa cioè una sorta di dazio implicito alla sottoscrizione.

Questa considerazione fa capire quanto invece importante sia il ruolo del dollaro USA sui mercati.

Più particolarrmente nei confronti delle valute di quei paesi che più sono simpatizzanti del loro debito: Cina e Giappone e quindi dell'importanza dei cross USDCNH e USDJPY.

Per gli investitori europei il decennale americano storicamente ha assunto scarsa importanza, nel senso che siamo sempre riusciti ad investire i nostri risparmi senza che, allo sportello bancario o alla posta o di fronte al consulente finanziario, prima di firmare i contratti ci siamo accertati di quanto esso rendesse.

Ma oggi le cose sono diverse perchè visti i rendimenti disponibili in euro ci viene naturale alzare la testa e sbirciare oltre oceano e vedere cosa si dica da quelle parti. Poi però torniamo subito ad abbassarla quando vediamo che, ad oggi, il costo della copertura del rischio cambio divorerebbe in un boccone tutti i rendimenti della curva americana fino al decennale.

Questo costo tra l'altro è in costante aumento in questo periodo essendo la risultante della differenza tra i tassi a breve delle due aree, cui si somma una “componente valutaria” espressione della richiesta di dollari sui mercati globali, anch'essa in aumento.

Un'altra implicazione riguarda anche i mercati azionari e lo si capisce velocemente richiamando alcune considerazioni di buon senso.

Semplificando molto, si può scegliere di impiegare i propri soldi o decidendo di non assumersi rischio di controparte, accettando il rendimento “certo” ad esso associato, oppure di accettare un certo rischio di non restituzione in tutto o in parte del capitale impiegato a fronte però di aspettative di rendimenti maggiori che ripaghino adeguatamente il rischio assunto.

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Ancora semplificando molto, nel primo caso sottoscriviamo titoli di debito del Governo americano ed a fronte della “certezza” di restituzione di quanto investito accettiamo il rendimento ad esso associato al momento dell'acquisto.

Nel secondo acquistiamo titoli di rischio investendo magari nelle aziende dello S&P 500 per cui, a fronte del rischio associato al capitale impiegato, nutriamo aspettative di rendimenti che per logica devono esser superiori a quelli del primo caso.

In questo momento negli USA le due tipologie di rendimenti si stanno “pericolosamente” avvicinando.

Quanto più essi si avvicinano tanto meno risulta conveniente acquistare azioni perchè al limite quello che esse offrono lo si può ottenere senza rischio prestando i soldi al Tesoro americano.

Personalmente non ho mai letto di analisi che abbiano individuato nella soglia del 3% il momento a partire dal quale si rompa qualche equilibrio.

Ma questo è quello che spesso si legge. In verità le analisi che mi è capitato di leggere a tale riguardo parlano di soglia del dolore un tantino più alta, a partire dal 3,25% per alcuni e poi su a salire per altri.

Certo giornalisticamente non c'è confronto: 3% è più cool che 3,25%. Insomma questa è soglia piuttosto psicologica e tuttavia nei mercati è un aspetto che ha il suo peso.

Si pensi ai valori tondi dei prezzi nell'analisi tecnica.

A complicare l'analisi c'è anche che il livello di cui si parla non è fisso ma dipende dal momento.

Cioè se per esempio oggi a 2 anni i titoli americani rendono il 2,5% lordo ed i dividendi dell'indice azionario S&P500 sono al 3% convengono di più i secondi evidentemente, ma tra un trimestre si potrebbe ritenere non sufficiente un rendimentoo free risk al 4% addirittura se nel frattempo i dividendi azionari dovessero promettere il 6% a 12 mesi.

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Il tutto va poi confrontato, ma questo non influenza l'analisi comparativa fatta finora, con l'aspettativa di inflazione poiché i soldi in fine vanno considerati per quello che sono e cioè strumento che per quantità date permette di ottenere una certa quantità di beni/servizi.

Gli esperti dicono che le motivazioni principali che possano spingere ad immaginare tassi sul
decennale più alti del presente sono:

1. deficit del bilancio federale. Questo rende necessario finanziare costantemente oltre lo stock del debito che progressivamente viene a scadenza anche il nuovo debito che si crea ogni anno. L'aspetto che oggi mette pressione ai rendimenti (al rialzo) è chiaramente la necessità di finanziare la riforma fiscale concepita in deficit del presidente Trump. Se si vuole piazzare più debito del passato si deve offrire un rendimento tendenzialmente più alto per dissuadere gli investitori e tenendo conto che se aumenta il debito (alimentato dal disavanzo) aumenta la percezione di un peggioramento del rating del debito stesso cosa che parità di scadenze.

2. Le prospettive di inflazione. Se l'inflazione attesa sale, sale anche il rendimento richiesto dal mercato per coprire la svalutazione (rendimenti reali adeguati).
Normalmente si tengono in minore considerazione le componenti più volatili dell'inflazione come la spesa per alimenti e l'energia e quindi si considera maggiormente la parte c.d. core considerata più affidabile per costruire le manovre di politica economica.
Oggi il principale driver di inflazione attesa restano i salari intesi soprattutto come retribuzione oraria media.

Considerando la domanda aggregata degli USA la componente consumi da sola fa la parte del leone e va da se che un maggiore reddito disponibile dei consumatori si traduce, a parità di altre condizioni, in maggiore spesa.

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Considerando che il tasso di disoccupazione è inferiore al 4% probabilmente restano fuori dal mondo del lavoro soltanto i c.d. disoccupati strutturali, “aspiranti” lavoratori che per diverse ragioni non lavorano.

Con questo livello di disoccupazione un siffatto livello delle paghe orarie risulta inadeguato.

Forse proprio questo è alla base del disorientamento manifestato nel 2017 dalla presidente della Fed quando parlava di mistero inflazione.

Si sostiene che questo sia anche dovuto alla innovazione tecnologica ma c'è anche da considerare che la qualità dei posti lavoro creati non è eccelsa per cui i lavoratori vengono meno remunerati ed a loro volta meno spendono.

Sulla scorta di queste premesse di natura concettuale e macroeconomiche, vorrei proporre di seguito una lettura squisitamente tecnica per qualificare il momento di questo strumento:


Il grafico mensile dei rendimenti ci mostra valori che gravitano in un'area sensibile.

Da una parte la soglia psicologica del 3%. Dalla'altra i precedenti massimi relativi toccati sul finire del 2013 in occasione del disastroso taper tantrum della Fed. Inoltre in area 3,25% troviamo la ma200 mentre il
mese di maggio in chiusura ci sta consegnando una intrigante shooting star.

Questi livelli tecnici, uniti alcuni eccessi tecnici sugli oscillatori, potrebbero propendere per una pausa della corsa.

Pausa, non arresto poiché il rialzo dei rendimenti in atto risulta assolutamente fisiologico in relazione al ciclo economico.

A questo proposito risulta interessante il parallelismo col cambio EURUSD:

Evidente risulta la correlazione negativa tra treasury e cambio eurusd.

Nelle ultime settimane si registrano in concomitanza con i recenti massimi dei rendimenti posizioni rialziste prossime ai massimi in favore dell'euro, circostanza questa che tipicamente si traduce in una inversione in
favore del dollaro.

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Si è aggiunto, nello stesso periodo, un significativo flusso in uscita dai mercati emergenti, sia bond che azionario, attratti proprio dalle rinnovate spinte inflazionistiche USA e dall'aumento dei rendimenti del debito con conseguente ulteriore domanda di dollari.

La prossimità dell'importante soglia tecnica di 1,15 di eurusd potrebbe rivelarsi concomitante ad uno stop, già manifesto, della risalita dei rendimenti USA che potrebbero ritracciare fino al livello 2,7%

Area 1,15/1,1550 e 1,14 (dove incrocia la trend line che origina dai minimi di 1,04) potrebbe
rappresentare un argine alla impetuosa forza del dollaro. Un argine per un eventuale rimbalzo. Già
perchè per quel che mi riguarda sotto la ema50 si considera ribassista il trend. A tale riguardo sarà
interessante vedere se i valori stazioneranno consolidandosi tra la ema50 ed il supportone di 1,15
nel qual caso vedremo anche come si muoverà per capire se proseguirà la sua corsa in giù o se
deciderà di scalare nuovamente il burrone riposizionandosi sopra la ema50. Ma questa è storia a
parte.

L'andamento del decennale anche sul daily mostra come importanti gli stessi valori del mensile.
Livello 2,7% è il precedente importante minimo relativo e tra poco anche luogo della ma200. I
valori attualmente stanno testando la ema50 e vedremo come si comporteranno.

Le implicazioni del decennale Usa si apprezzano anche nel campo dei mercati emergenti, equity soprattutto.

Un arresto della corsa del dollaro e del decennale probabilmente favorirebbe nuove dinamiche e darebbe nuovo ossigeno.

Considerazioni simili varrebbero per l'obbligazionario emerging.

Qui tuttavia non è possibile fare una analisi per l'intera asset class poiché troppo variegato si presenta lo scenario passando da un paese all'altro.

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In questo caso dollaro forte e rendimenti del treasury in rialzo esercitano una importante pressione sul debito in hard currency che risulterebbe in un sol colpo più caro da rimborsare.

Ma anche questa è faccenda troppo vasta da affrontare qui.

Vicende geopolitiche a parte, la mia opinione è che in definitiva tutto sia legato all'andamento dell'inflazione USA misurato soprattutto nelle componenti del mercato del lavoro.

Sarà uno stillicidio, quindi lento e continuo, di osservazione di rilasci di dati macroeconomici che la comunità finanziaria vivrà con trepidazione di volta in volta.

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