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Inflazione alle stelle tassi negativi: il paradosso delle obbligazioni strutturate

Pubblicato 21.01.2022, 02:00
Aggiornato 09.07.2023, 12:32

L’inflazione così elevata non è una novità, molti (i meno giovani), ricorderanno gli anni ’80, quando a fronte di un eccessivo e continuo aumento dei prezzi, ci si poteva proteggere dalla perdita del potere di acquisto dei propri risparmi, investendo in BTP o Buoni Fruttiferi postali. Questi strumenti, nel lungo termine garantivano un buon rendimento, e quindi una rivalutazione costante che proteggeva il capitale dalla perdita del potere d’acquisto, assicurando inoltre un premio per la lunga durata dell’investimento.

Buono fruttifero postale

Anche oggi come 40 anni fa, abbiamo una inflazione molto elevata, ultimo dato in America 7 %, eppure i tassi delle obbligazioni, anche se in forte recupero (soprattutto nelle ultime sedute), sono sempre inadeguati a coprire la perdita dovuta all’inflazione. L’attuale scenario macroeconomico presenta delle differenze sostanziali, sulle quali è opportuno riflettere per capire a fondo le dinamiche dei rendimenti delle obbligazioni sovrane. Anche se in queste ultime sedute il treasury note a 10 anni è tornato a salire superando i massimi di marzo 2021, ha un rendimento sotto il 2% distante 5 punti percentuali dall’inflazione. Cerchiamo di capire perché è possibile questo paradosso. Prima di entrare nel vivo dell’argomento introduciamo alcune definizioni, fondamentali per capire cosa sono le obbligazioni strutturate. Partiamo dalla descrizione delle obbligazioni:

- Le obbligazioni sovrane, o titoli di stato, sono un contratto che si fa con uno stato sovrano, il quale a fronte del prestito di un capitale offre un rendimento, sotto forma di cedole periodiche, e a scadenza assicura la restituzione del capitale prestato. Con il pagamento delle cedole semestrali o annuali, il risparmiatore si assicura una rendita per tutta la durata del contratto, e, alla scadenza, gli viene restituito il capitale iniziale investito, ossia, il valore facciale dell’obbligazione. Esistono obbligazioni con diverse scadenze a 3 mesi a 6 mesi a 12 mesi a 2 anni a 5 anni …. L’obbligazione viene scambiata nel suo mercato, e quindi come le azioni, le transazioni sono regolate dalla legge della domanda e dell’offerta. Ma a differenza del mercato azionario, c’è un fattore esogeno rilevante da considerare, rappresentato dalla politica monetaria delle banche centrali, ossia un artificio non di poco conto, che in caso di necessità interviene e crea distorsioni. Nei momenti di difficoltà congiunturale, la banca centrale agisce sui tassi d’interesse, e, attraverso l’acquisto delle obbligazioni presenti sul mercato, stampa moneta acquistando bond, con la conseguente immissione di liquidità nel mercato comportando due effetti. Il primo, auspicabile in periodi di recessione, cioè la diminuzione del costo del denaro e quindi incentiva gli investimenti e la crescita. Il secondo, che possiamo considerare come la “patologia” di queste politiche espansive, è l’inflazione, che si genera dopo un lungo periodo in cui i tassi di interesse vengono tenuti vicino allo zero.

- Il secondo concetto fondamentale per capire l’argomento in discussione, è l’inflazione, definibile come il tasso di aumento dei prezzi dei beni. Per il calcolo di questo valore, riferibile sempre ad un determinato periodo di tempo (mensile, semestrale, annuale), si prendono come riferimento un “campione di beni” detto “paniere”, che sono ritenuti oggettivamente rappresentativi del costo della vita. Questo paniere viene ponderato, in base all’importanza e al consumo di ciascun prodotto considerato, di un determinato paese. L’aumento del prezzo del biglietto del treno, del pane, del latte, ad esempio, incidono in maniera molto più importante rispetto a un bene di consumo, che magari viene utilizzato più raramente, e quindi marginale rispetto al paniere considerato. Ci sono dei coefficienti di ponderazione che vengono sistematicamente aggiornati. Il paniere prestabilito viene rettificato e aggiornato dai vari istituti, in base a studi statistici condotti sui consumi: in Italia abbiamo l’Istat in America il dipartimento del lavoro.



Inflazione

Chiariti questi concetti, non è assolutamente scontato (e lo abbiamo imparato quest’anno, molto bene), che debba esistere necessariamente una correlazione diretta tra tasso di interesse dei titoli di stato e inflazione. In passato questa correlazione è sempre esistita, infatti tornando indietro di qualche decennio, valeva questa regola: “con un tasso d’inflazione annuo del 3% vogliamo avere un rendimento nominale dei titoli di stato di almeno il 4%”.

In Italia ricordiamo negli anni ’80 o ‘90 c’era il classico BOT a 1 anno che rendeva il 10 12 15 % perché sostanzialmente copriva l’inflazione + uno spread, e per mettere al sicuro il potere d’acquisto dei risparmi, i nostri padri investivano in BTP o BOT garantendosi con le cedole il recupero del deprezzamento causato dall’inflazione.

Facendo due conti, inflazione meno tasso d’interesse, alla fine i tassi reali erano positivi. Negli anni le cose sono cambiate e sotto numerosi aspetti. Le dinamiche dei debiti pubblici e soprattutto “l’intraprendenza delle banche centrali” hanno cercato di aiutare il ciclo economico, con interventi di politica monetaria espansiva mirata. Nel corso del tempo, nel caso della pandemia in maniera più che giustificata, in altri casi (tornando più indietro nel tempo), ignorando il controllo del debito pubblico, gli interventi di politica monetaria, erano fortemente orientati ad aumentare il consenso dei partiti di maggioranza e del governo.

Il debito pubblico italiano è cresciuto a dismisura negli anni ’80, perché le politiche erano fortemente concentrate sul benessere di breve periodo, per favorire esclusivamente il consenso di chi era al potere. Quest’azione è stata attuata ignorando le conseguenze, ed il peso del debito, che è stato accumulato, e spostato avanti nel tempo per gravare sulle generazioni future.

E con queste politiche sono state possibili realtà oggi impensabili, come le “pensioni baby” nel pubblico impiego. Pensionamenti ingenti non sostenibili nel lungo termine; però creavano consenso e per questo erano auspicabili. In questo modo si è accumulato un enorme debito pubblico a carico delle attuali generazioni attive nella forza lavoro. Anche in America è stata attuata questa politica dissennata. Cominciò Regan nel 1980, per finire con Obama, Trump e Biden. I debiti pubblici pesano e per essere più sostenibili devono costare poco. Un debito pubblico che costava il 6% l’anno era una cosa gravissima, adesso costa lo 0,5 – 1 % ed è meno grave, perché più sostenibile, anche se triplicato.

TIPS

Fatte queste premesse, introduciamo i bond, perché in qualche maniera, grazie al loro rendimento che può crescere o diminuire, (abbiamo visto che le banche centrali ne hanno il controllo), influenzano tantissimo la valorizzazione degli asset azionari. Infatti le obbligazioni sono investimenti alternativi all’azionario, e, costituiscono un importante asset alternativo. Se diminuiscono i rendimenti obbligazionari, aumentano i prezzi delle azioni e viceversa.

Quindi la drastica riduzione dei tassi d ’interesse degli ultimi 2 anni, ha portato all’esaltazione del valore degli asset azionari. Questa dinamica di aumento dell’equity, è coerente sia per la dinamica con le obbligazioni, che con i fondamentali delle società quotate.

Veniamo al presente: nel corso del 2021 abbiamo assistito ad una novità in campo finanziario; i tassi reali negativi al record storico. Infatti non solo le obbligazioni non hanno un rendimento apprezzabile, ma hanno un rendimento reale negativo, perché è comparsa a partire dai primi mesi del 2021 un tasso d’ inflazione straordinariamente elevato. L’inflazione al 7% non si vedeva da 40 anni!

Concentriamoci ora sul cuore dell’argomento: cosa sono le TIPS? Sono uno strumento sofisticato tipico del mercato obbligazionario statunitense. TREASURE INFLATION PROTECTED SECURITIES ovvero obbligazioni strutturate, emesse da stati sovrani che hanno una caratteristica differente dai bond tradizionali.

Consideriamo un’obbligazione tradizionale: il valore facciale stabilito in asta 100, è il punto di riferimento per il calcolo della cedola, che può essere variabile o fissa. Sostanzialmente sappiamo già che alla scadenza dell’obbligazione, avremo 100 e, quindi, il rimborso del capitale, così come stabilito al momento della sottoscrizione. Il valore di restituzione del capitale investito, è determinato all’inizio, e non cambia. Qualunque scadenza sia, conosciamo già in partenza il valore del capitale che riceveremo alla fine.

Nelle TIPS il valore facciale è rettificato di anno in anno, dal dipartimento del tesoro americano, attraverso dei coefficienti che vengono determinati in base all’inflazione (stabilita già in base ai criteri prima accennati). Così ad esempio, supponiamo una inflazione annua del 5.5%; il valore facciale della tips dopo un anno passa da 100 a 105.5. Se la scadenza è decennale, questo lavoro di moltiplicazione sul valore facciale per il coefficiente di inflazione, viene ripetuto di anno in anno sul valore già rettificato negli anni precedenti fino ad arrivare all’ anno di scadenza dell’obbligazione. E così nell’esempio (supponiamo i primi due anni 5,5% di inflazione) avremo: primo anno valore facciale 105.5 secondo 111.30…. e così via fino alla scadenza. La determinazione della cedola, farà riferimento al valore facciale rivalutato anno dopo anno. A questo punto è facile introdurre il concetto di inflazione attesa.

Nel mercato delle obbligazioni, gli operatori nel valorizzare queste TIPS, stabiliscono la cosiddetta INFLAZIONE ATTESA di un paese, nel caso in esame poniamo a 10 anni. Consideriamo che questo TIPS che abbiamo in portafoglio, nel frattempo è quotato, (ha delle cedole programmate ed è basato sullo schema sopra specificato) e può essere venduto. Il valore assegnato ai tassi delle obbligazioni tips rappresentano quanto gli operatori stimano per i prossimi 10 anni l’inflazione media. Ovviamente l’inflazione è solo stimata, non è un valore definibile a priori.

Se oggi il dato del tasso di inflazione è del 7%, cosa succede al tips che ho in portafoglio? Per quest’anno (supponendo che sia il primo), otterrò un rendimento negativo, perché a fronte di un tasso dell’1,8% avrò un tasso reale di rendimento pari a -5,8%. Gli operatori con questo nuovo sistema, sono comunque soddisfatti, perché a fronte di un tasso negativo nel presente, sono confortati dalla crescita del capitale che si rivaluterà di anno in anno in base all’inflazione. Si accontentano nel breve a fronte di una futura ricompensa sul capitale a scadenza.

Ecco perché a volte assistiamo a movimenti paradossali di obbligazioni, che crescono di prezzo e comprimono i tassi d’interesse, in una situazione di alta inflazione, come in questo periodo. Le obbligazioni vanno considerate in una visione prospettica, ad esempio in 10 anni; tra 5 anni l’inflazione potrebbe essere anche negativa, e magari avere una cedola dell’1,5% potrebbe essere un ottimo rendimento. In questa ottica, anche un rendimento reale negativo ottenibile dalle obbligazioni per l’anno in corso è considerato “normale” dagli operatori. Infatti, l’elevato tasso d’ inflazione attuale, è visto come una condizione “eccezionale” tendente a diminuire ed a stabilizzarsi nel corso dei prossimi anni.

DISCLAIMER: Questo articolo ha il solo ed esclusivo scopo didattico e formativo pertanto non deve essere inteso in alcun modo come consiglio operativo di investimento, né come sollecitazione di pubblico risparmio. Le attività di investimento in borsa e di trading speculativo comportano notevoli rischi economici e chiunque le svolga, lo fa sotto la propria ed esclusiva responsabilità. Pertanto non mi assumo nessuna responsabilità circa eventuali danni diretti o indiretti relativamente a decisioni di investimento prese dal lettore.

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