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Kick the Brexit can... till (if) you can...

Pubblicato 22.03.2019, 09:02
Aggiornato 09.07.2023, 12:32

Il palcoscenico principale restano le due sponde della Manica (Londra e Bruxelles). Ieri l’Europa ha prorogato(senza porre condizioni) la scadenza del 29 marzo di due settimane, allontanando marginalmente una potenziale crisi imminente, senza però impedire che l’esito finale mantenga (o addirittura aumenti) la sua elevata incertezza. Intanto i mercati azionarisi scrollano di dosso la deludente reazione di mercoledì sera alla dovishness della Fed e mettono a segno nuovi massimi per il 2019. Analizziamo più in dettaglio il ruolo delle strategie passive in questa price-action.

Kick the Brexit can (if you can). Potete decidere per la visione cinica o buonista. In ogni caso il calcio della lattina resta uno sport praticato con un certo successo a Bruxelles. L’assenza di un piano B dai progetti (dichiarati) di Theresa May ha evidentemente costretto l’Europa a proporne uno. Il Primo Ministro inglese ha ribadito, tra lo scetticismo dei delegati europei, la sua convinzionedi poter portare a casa una ratifica dell’accordo di uscita già respinto due volte, e con ampio margine, a Westminster. La controproposta, unanime, dei 27 paesi dell’Unione è stata quella di un rinvio incondizionato di due settimane, prontamente accettato oltremanica. Il 12 aprile diventa a questo punto il termine ultimo per l’esecutivo inglese entro il quale incassare un’approvazione parlamentare per un accordo che non verrà più rinegoziatoe ricevere un’ulteriore estensione tecnica, per l’implementazione legislativa, finoal 22 maggio. In questa scelta europea ci sta il tentativo di distanziarsi da eventuali responsabilità per un eventuale scenario di no-deal Brexit e al tempo stesso anche lo sfruttamento di margini temporali pragmaticamente utilizzabili. Se UK chiederà un rinvio lungo lo farà accettando di partecipare alle elezioni europee (23-26 maggio). Immagino, pur non conoscendo con precisioni i regolamenti, che prendere questa decisione con almeno 6 settimane di anticipo abbia senso.

In caso arrivi la (terza) sconfitta per la May l’esito diventa più imprevedibile. Il voto è previsto per settimana prossima ma non esiste ancora una data certa e con il rinvio concesso il tentativo potrebbe slittare ancora. Le presumibili opzioni sono: a) una richiesta (da sottoporre sempre entro il 12 aprile) per un rinvio lungo (almeno nove mesi), che faccio faticaa vedererealizzabile senza essere accompagnata dalle dimissioni di Theresa May e, presumibilmente, da elezioni anticipate; b) un tentativo di compattamento della maggioranza governativa su una proposta di no-deal Brexit (ribattezzato anche kamikaze-Brexit in quanto scelta volontaria e non errore accidentale) come soluzione preferibile a un rinvio lungo con i connessi rischi dielezioni (vittoria di Corbyn) e referendum (vittoria del Remain).

Brexit

Così la vede Malcolm Barr di JP Morgan (NYSE:JPM) (update di ieri pomeriggio)...

Ieri la sterlina, nell’incertezza che ha caratterizzatola giornata con un flusso costante e spesso contrastante di headlines provenienti da Bruxelles, è stata vittima di una significativa volatilità ribassista con perdite superiori all’1% nel momento peggiore. Lo spostamento della scadenza dal 29 marzo al 12 aprile ha evitato guai peggiori. Tutto continua a giocarsi sulle probabilità continuamente cangianti dei tre scenari plausibili: a) accordo-May approvato; b) no-deal Brexit; c) rinvio lungo con il suo probabile corredo di ricorso alle urne. Due settimane in più possono forse ridare speranza ad una ratifica che ieri in giornata sembrava molta e sepolta. D’altro canto la possibilità di un kamikaze-Brexit continua a sembrare bizzarra per quanto le dinamiche politiche ci abbiano fatto vedere cose anche più strane negli ultimi anni. Azzardiamo al momento un a) 25%; b) 25%; c) 50%. Sicuramente saranno da cambiare anche in tempi brevi...

GBP/USD

Mercato azionario. L’analisi macro/fondamentale/(geo) politica sembra davvero incapace di fornire in questa fase strumenti di analisi efficaci sui mercati azionari. Mercoledì sera la Fed è stata capace di superare un’asticella di aspettative dovish molto alta, eliminando dal DOT mediano 2 rialzi su 3 per 2019-2020 previsti a dicembre e precisando già ora che il Quatitative Tightening si fermerà tra soli 6 mesi. Wall Street è scesa dopo l’annuncio, poco incline a salutare con entusiasmo una ‘put’ che in passato aveva fatto spesso la fortuna degli investitori, anche e soprattutto nelle ore successive al FOMC. Fermi tutti, ci siamo affrettati a precisare: avviene perché siamo a fine ciclo e simili segnali da parte della più influente banca centrale del pianeta non devono farci festeggiare ma farci preoccupare. Analisi interessante. Peccato che ieri il mercato è ripartito lancia in resta con gli acquisti, incurante dell’aggravante di una Brexit di cui si fa fatica a intravedere la luce in fondo al tunnel. In fin dei conti anche i promettenti negoziati US-Cina che meno di un mese fa promettevano di essere sanciti da Trump e Xi con un summit in Florida, sembrano tornati in alto mare. Sul fronte dei dati economici le probabilità di una recessione in arrivoforse non sono aumentate ma il quadro macro è stato al tempo stesso incapace di fornire delle rassicurazioni sostanziali in senso opposto. Eppure il mercato fa segnare nuovi massimiper il 2019, l’S&P ha messo in cascina un progresso del 21% dai minimi natalizi e i massimi all-time del Q3 2018 sono a poco più di 3% di distanza.

Mercato azionario: il dominio della gestione ‘passiva’. Più volte ho ricordato come in realtà siano sempre più i flussi ‘passivi’ a determinare le sorti del mercato. Anche se non immaginavo che sarebbero stati in grado di portarci sopra quota 2800 (S&P 500) con questa facilità. Riassumendo: CTAs, strategie di Risk Parity e fondi con Volatility Target rappresentano i settori più cospicui nel mondo dell’investimento ‘passivo’ o comunque dettato da regole algoritmiche incurante delle variabili di analisi micro (bottom-up) e/o macro (top-down) dei fondamentali economici, monetari, politici, che tipicamente guidano la gestione discrezionale. Michael Lewis, equity trader di Barclays (LON:BARC), è sempre una buona fonte di supporto quantitativo e di commento alla dinamiche citate. Ieri Lewis nel suo commento al mercato ricordava che il gestito (equity US) sottoposto alle regole di questo tipo distrategie è stimabile in circa 700+bio USDdi cui circa 400 bio sono fondi VT (con target di volatilità). Sono proprio questi ultimi ad avere spazio per comperare ancora (al momento sarebbero al 60% della loro potenza di fuoco massima) mentre CTAs e Risk Parity avrebbero già espresso buona parte,se non tutto,il loro potenziale di acquisto in questi 3 mesi scarsi di spumeggiante rialzo. Nei prossimi 10 giorni, ipotizzando una volatilità ‘normale’ (per esempio 50bp di movimento giornaliero chiusura su chiusura), queste strategie compreranno ancora. Tipicamente l’input di volatilità (volatilità più bassa si aumenta la leva e si compra) è sugli ultimi 3 mesi e nelle prossime sessioni uscirà dalla finestra monitorata il momento di picco della volatilità sperimentata sotto Natale. L’ipotesi di Michael è quella di una salita all’80% dell’esposizione massima. 20%(esposizione che passa dal 60% all’80%) di 400 bio sono 80 bio.Accadendo in 10 sessioni sarebbero 8 bio al giorno. Acquisti davvero molto robusti (e insensibili alle evoluzioni economiche, monetarie, politiche) che potrebbero anche prolungarsi per altre due settimane a ritmi simili, portando l’esposizione al 100%, sempre ipotizzando una volatilità ‘normale’sui mercati. In questo scenario provare una visita a quota 2900 (S&P500) o anche ai massimi assoluti di settembre potrebbe non essere un’assurdità. A quel punto però,se non ci sarà un rimbalzo evidente dell’economia globale in grado di riattivare acquisti importanti da parte delle strategie discrezionali, il carburante proveniente dalle strategie passive sarà con ogni probabilità terminato.

S&P 500

Oggi: PMI flash di marzo. Sono il dato economico più importantedi questa settimana leggera dal punto di vista dell’agenda macro, soprattutto nelle loro rilevazioni europee. Le stime sono per la conferma di livelli simili a quellidi febbraio (vedi tabella Bloomberg con attese e dato precedente). Riuscissero a sorprendere in senso positivo potrebbero andare in risonanza con una fase di riscoperta degli asset europei: gli indici azionari del Vecchio Continente e la moneta unica. L’azionario europeo sta infatti vivendo un buon momento riuscendo, nelle ultime settimane, ad sovra-performare Wall Street.

PMI

Il desk rimane come sempre a disposizione per ulteriori approfondimenti.

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