La politica monetaria non convenzionale adottata dopo la crisi finanziaria è sempre stata oggetto di controversie. Per assicurare la stabilità di economia e finanze durante la crisi finanziaria, le banche centrali hanno ampliato i loro strumenti per affrontare rischi estremi. Poiché questi strumenti sono generalmente estranei alla tradizionale teoria economica moderna, strategie quali i tassi d’interesse negativi e l’allentamento quantitativo sono accusati di distorcere i mercati.
La BCE gestisce tre tassi d’interesse chiave: il tasso sulle operazioni di rifinanziamento principale (MRO), il tasso sui depositi presso la banca centrale e il tasso sulle operazioni di rifinanziamento marginale. Nei momenti di calma, è il tasso sui depositi presso la banca centrale, pari al -0,40%, a catturare l’attenzione dei mercati, anche se il tasso sulle operazioni di rifinanziamento principale è quello più utilizzato per fornire liquidità al sistema bancario.
Poiché l’attuale politica monetaria è estremamente accomodante, la direzione dei prossimi interventi è meno chiara. In passato, a parità di condizioni, la direzione dell’inflazione era il primo aspetto da considerare per la definizione delle politiche da attuare. Attese di un aumento dell’inflazione provocavano tassi d’interesse più elevati (e viceversa). Poiché la politica della BCE continua a essere fuori dall’ordinario, la definizione degli interventi futuri avrà un aspetto più discrezionale. Ecco perché la successione alla guida della BCE è cruciale.
La BCE si è mossa verso un’impostazione più accomodante sulla scia del deterioramento delle prospettive economiche nella regione e del calo delle attese d’inflazione. I recenti commenti di Draghi suggeriscono una probabilità concreta di un intervento di politica monetaria a luglio. Dopodiché, il consiglio direttivo non s’incontrerà più fino a settembre. Si potrebbe dire che gli sforzi della BCE per adempiere il mandato della stabilità dei prezzi sono stati vani e la direzione futura della politica si baserà sulla filosofia personale del presidente.
Inizialmente si credeva che Jens Weidmann, presidente della Bundesbank, avrebbe assunto il comando della BCE. Vista la sua impostazione da falco e il peso economico della Germania, era prevedibile una svolta nell’inclinazione della BCE (ovvero meno misure estreme a vantaggio dei paesi dell’UE con crescita bassa). Ora, invece, la candidata a guidare la BCE è Christine Lagarde. Lagarde, dotata di una forte personalità e solidi ideali da repubblicana, probabilmente continuerà la politica di Draghi, che sostiene le nazioni periferiche più deboli dell’Europa. La sua nomina, che deve essere ancora approvata dal Parlamento Europeo, porterebbe alla prescrizione di nuove politiche monetarie accomodanti. Con Lagarde al timone della BCE, il mix di politiche prevederà tassi d’interesse negativi, nuove operazioni TLTRO e acquisti di asset.
I rendimenti globali sono scesi sulle attese di prospettive economiche deboli e in previsione di politiche monetarie ultra accomodanti. Ieri però i rendimenti europei sono calati bruscamente, perché la preferenza storica di Lagarde per gli stimoli ha impressionato i mercati delle obbligazioni. Nel vecchio continente, i rendimenti per i titoli a scadenza breve ora sono inferiori allo zero. I rendimenti dei decennali tedeschi sono scesi a un nuovo minimo storico, pari al -0,397 (solo leggermente superiori al tasso sui depositi della BCE), quelli dei decennali francesi hanno toccato quota -0,10. Visto il colpo per gli obbligazionisti, dovremmo assistere a un’ulteriore rotazione verso l’SMI e le borse globali. È ripartita la ricerca forsennata di rendimenti.