La crisi della Fed fa paura?

Pubblicato 23.04.2025, 08:33
La fiducia nelle istituzioni monetarie è la più fragile delle risorse economiche.” (Alan Greenspan)

Europa positiva dopo Pasqua, ma la crisi della Fed fa paura
. Le Borse europee hanno riaperto le contrattazioni dopo il lungo weekend di Pasqua in territorio positivo, consolidando i guadagnati registrati la scorsa settimana: STOXX 600 +0,3%FTSE 100 +0,6%DAX +0,4%CAC +0,6%, mentre il FTSE Mib ha chiuso sostanzialmente invariato per la debolezza dei titoli bancari (Unicredit (BIT:CRDI) -3%). L’attenzione, però, si è subito spostata sul clima di crescente nervosismo legato agli Stati Uniti e al cosiddetto trade “Sell America”, innescato dalle dichiarazioni aggressive del presidente Trump contro il presidente della Fed, Jerome Powell. Trump ha apertamente richiesto nuovi tagli dei tassi di interesse, alimentando forti preoccupazioni sulla indipendenza della Federal Reserve e sui rischi per la credibilità della politica monetaria. Alcuni osservatori hanno evidenziato come la simultanea debolezza di azionibond e dollaro statunitensi stia aumentando i timori di una perdita di fiducia nella tradizionale narrativa di “eccezionalismo” degli USA, con possibili conseguenze a lungo termine sui flussi di capitale globali.

Wall Street rimbalza, ma resta il nodo della guerra commerciale


Martedì Wall Street ha recuperato terreno dopo giorni difficili: Dow Jones +2,66%S&P 500 +2,51%Nasdaq +2,71%Russell 2000 +2,71%, interrompendo così la recente sequenza negativa. Il rialzo è stato favorito da aspettative piuttosto basse sul fronte delle trattative commerciali: secondo Politico, l’amministrazione Trump sarebbe vicina ad accordi preliminari con Giappone e India, anche se gli analisti prevedono che le questioni più complesse resteranno aperte ancora per molto tempo. Anche la dichiarazione del Segretario al Tesoro, Bessent, su una possibile distensione con la Cina ha contribuito al clima positivo, pur ricordando che negoziati ufficiali non sono ancora partiti. Sul fronte corporate, alcune trimestrali hanno riportato un cauto ottimismo sugli sforzi delle aziende per mitigare l’impatto dei dazi, offrendo un lieve supporto alle aspettative sugli utili annuali. Infine, un fattore determinante per il rimbalzo sono stati i posizionamenti tecnici favorevoli degli investitori istituzionali e il momentaneo calo della volatilità (a un passo dal supporto di 30 punti), mentre il relativo miglioramento dei rendimenti dei Treasury ha contribuito ad allentare le tensioni dopo l’ultimo attacco di Trump contro la Fed.

Trump contro Powell: la credibilità della Fed al bivio


Le recenti tensioni sui mercati sono state alimentate soprattutto dagli attacchi sempre più diretti e personali del presidente Trump al presidente della Fed, Jerome Powell. Dopo aver scatenato il caos sui mercati globali con la sua politica tariffaria, Trump ha rivolto la sua attenzione ai tassi d’interesse, ipotizzando addirittura di licenziare Powell, mossa che rischia di causare un grave crollo di fiducia nell’economia americana. Lunedì scorso, prima di incontrare alla Casa Bianca i dirigenti delle principali catene di vendita al dettaglio, tra cui WalmartHome DepotLowe’s e Target, aziende particolarmente esposte alle politiche tariffarie temporaneamente sospese, Trump ha utilizzato i social media per schernire Powell, generando un’ulteriore ondata di vendite. L’S&P 500 ha infatti chiuso la seduta di lunedì con un calo del 2,5%, il dollaro è scivolato ai minimi da 15 mesi, mentre il rendimento del Treasury decennale è sceso al 4,4%. In questo contesto, gli investitori hanno continuato a cercare rifugio negli asset considerati più sicuri: l’oro ha toccato un nuovo record, superando i $3.400 l’oncia, e il franco svizzero si è rafforzato dell’1% sul dollaro, segnalando come la crisi politica interna agli USA stia mettendo a dura prova la tenuta finanziaria e psicologica dei mercati.

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