Mercoledì il greggio West Texas Intermediate (WTI) è salito a 53,60 USD al barile, perché si prevede che il rapporto settimanale API mostri un calo delle scorte di 4,15 milioni di barili; il rapporto dell’AIE, in uscita nelle prossime ore, dovrebbe mostrare una contrazione pari a 2,5 milioni di barili nelle scorte di greggio USA.
Secondo l’AIE, nelle ultime quattro settimane c’è stato un calo delle scorte USA pari a 7 milioni di barili. Alla luce del previsto accordo sulla produzione dell’OPEC e della volontà dei produttori di sostenere i prezzi, non escludiamo un ulteriore miglioramento dei prezzi del greggio.
Il rischio al ribasso è tuttavia molto marcato, perché i guadagni più recenti del greggio si basano su prospettive ottimistiche. A novembre, infatti, la produzione di greggio dai paesi OPEC ha toccato i massimi storici, e la Libia ha riaperto due dei giacimenti più grandi, che dovrebbero far aumentare la produzione del paese a 270 mila barili al giorno, dai 175 mila attuali, nei prossimi due mesi.
Secondo Baker Hughes, la scorsa settimana il conteggio delle trivelle di petrolio e gas è aumentato di 12 unità, per un totale di 610, rispetto alle 316 registrate alla fine di maggio. Infine, secondo la CFTC, sul NYMEX le posizioni speculative nette hanno superato i 300 mila contratti, livello massimo dal luglio del 2014.
In generale, se tutto andrà secondo i piani, il greggio potrebbe apprezzarsi ulteriormente. Ciò nonostante, il posizionamento del mercato e l’aumento dei livelli di produzione indicano che il rischio al ribasso per i prezzi del greggio è molto marcato.
Gli investitori dovrebbero valutare tutte le possibilità, soprattutto quella di un calo dei prezzi.