A cura di Darrell Delamaide
Le pressioni inflazionarie aumentano negli Stati Uniti, secondo quanto emerge dai dati di questa settimana, e questo dovrebbe far propendere la Federal Reserve verso il piano più interventista di altri due aumenti dei tassi quest’anno. Considerato però il concetto della Fed di un’inflazione “simmetrica”, questo non finirà per spingere la banca centrale ad una brusca frenata.
I membri del Federal Open Market Committee vogliono un certo livello di inflazione per dare all’economia un po’ di respiro. I timori lo scorso anno erano legati più al rischio di deflazione, in quanto i prezzi si rifiutavano di smuoversi. Il FOMC presta inoltre molta attenzione alle aspettative sull’inflazione. Il suo compito primario consiste nel portare le aspettative ad un livello in linea con l’obiettivo. Ora, la sfida è alzare i tassi abbastanza da contenere i veri aumenti dei prezzi senza far scendere tali aspettative.
L’indice sui prezzi alla produzione (IPP) e l’indice sui prezzi al consumo (IPC) mostrano che l’inflazione a giugno ha raggiunto i livelli più alti in oltre sei anni. E l’indicatore sull’inflazione preferito dalla Fed, l’indice sulle spese al consumo procapite (PCE), è salito a maggio. L’indice PCE ha visto un aumento del 2,3% su base annua, con l’inflazione core al 2%.
Tuttavia il Presidente della Fed di Chicago Charles Evans non è stato turbato dall’aumento. In una intervista al Wall Street Journal all’inizio della settimana, Evans è sembrato abbastanza contento del fatto che l’inflazione sia finalmente tornata all’obiettivo del 2% della Fed, affermando che le prospettive di sostenere questo livello di aumento dei prezzi sono buone.
L’indice IPP, spesso chiamato indice sui prezzi all’ingrosso, è salito dello 0,3% su base mensile a giugno e del 3,4% su base annua, rispetto al 3,1% di maggio. L’inflazione core di questo dato però (che esclude i costi di alimenti, energia e margini commerciali) è risultata pari solo al 2,7% sull’anno, benché dello 0,3% su base mensile. L’indice IPP è un indicatore importante in quanto riflette gli aumenti dei prezzi che saranno perlopiù trasmessi ai consumatori nei prossimi mesi.
L’indice IPC pubblicato ieri ha mostrato un aumento simile, salendo al tasso annuo del 2,9% a giugno dal 2,8% di maggio. La lettura è risultata in linea con le previsioni. L’inflazione core, che esclude alimentari ed energetici, si è attestata al 2,3% a giugno.
L’indice IPC è il tasso di inflazione generale ma tende ad essere leggermente superiore all’indice PCE. I policymaker della Fed preferiscono quest’ultimo perché ritengono che rifletta in modo più accurato per che cosa le persone spendono realmente.
Bisogna notare, tuttavia, che i policymaker della Fed riservano quasi tanta attenzione alle aspettative sull’inflazione quanto ai veri aumenti dei prezzi. Ed è la combinazione di questi due fattori, spiega Evans nella sua intervista, che aiuta la Fed a trovare il “tasso neutrale”, cioè quel livello di tasso di interesse che né stimoli e né limiti l’economia. Queste aspettative sono ad un buon livello, afferma Evans, anche se vorrebbe che fossero un po’ più alte.
Il sondaggio mensile sulle aspettative dei consumatori della Fed di New York pubblicato lunedì ha rivelato che le aspettative sull’inflazione a giugno sono rimaste invariate rispetto ai due mesi precedenti, attestandosi al 3% sia per l’orizzonte ad un anno che per quello a tre anni. Anche il seguitissimo sondaggio dell’Università del Michigan ha mostrato che le aspettative sull’inflazione sono salite al 3% a giugno. Ma si tratta del massimo dal marzo 2015.
Tuttavia, fin quando queste aspettative resteranno salde, la Fed dovrebbe considerare con cautela lo sforare temporaneamente il suo obiettivo del 2%.
“Direi che l’obiettivo simmetrico dell’inflazione al 2% potrebbe significare che si stima una media del 2% per un lungo periodo di tempo”, afferma Evans.
Una stima media per oltre 10 anni, dopo un lungo lasso di tempo in cui l’inflazione è rimasta al di sotto dell’obiettivo, indicherebbe che lo supererà lievemente per un periodo simile. Il punto, spiega il capo della Fed di Chicago, è tenere salde le aspettative e preservare la fiducia della Fed che il 2% rappresenta un obiettivo e non un tetto.