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L'Italia alla riscossa si affranca da nuove perdite 'emergenti'

Pubblicato 05.09.2018, 09:24
Aggiornato 09.07.2023, 12:32

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 Il mercato è destinato a tornare lentamente a volumi e a una partecipazione più normale con le vacanze che vanno esaurendosi anche per i ritardatari, le scuole che vanno verso la riapertura e gli operatori che tornano a focalizzarsi sugli schermi con maggiore continuità. La settimana che abbiamo lasciato alle spalle ha confermato un regime di turbolenza per alcuni settori ormai da mesi palesemente vulnerabili, i mercati emergenti e l’Italia ed ha altresì mostrato la capacità di Wall Street di continuare a scalare il ‘muro delle preoccupazioni’ superando i precedenti massimi all-time di gennaio e scavando un ulteriore divario di performance tra sé e le altre principali piazze del pianeta. Il tutto nonostante alcuni segnali distensivi sul fronte del protezionismo commerciale si stiano rivelando sempre più illusori.

 Trade war: Cina, Europa, NAFTA. Negli ultimi giorni la tensione si è nuovamente alzata di fronte a una rinnovata aggressività da parte della Casa Bianca. Il bersaglio principale resta la Cina. Giovedì 6 settembre finisce il periodo di ‘commento pubblico’ sulla corposa proposta di sanzioni (dazi al 25% su 200 bio USD di importazioni cinesi) lanciata a luglio. Da quel momento l’amministrazione US potrà passare dalle minacce ai fatti, eventualmente anche in tempi molto brevi secondo indiscrezioni e dichiarazioni trapelate settimana scorsa. Senza che ci sia un iter altrettanto definito i toni sono peggiorati anche nei confronti dell’Unione Europea e la tregua Trump-Junker di qualche settimana fa potrebbe avere i piedi di argilla. Le dichiarazioni d’intenti sono rimaste tendenzialmente più costruttive in ambiente NAFTA (o su qualsiasi cosa sostituirà il pluri-decennale trattato di libero scambio tra US, Canada e Messico). La strategia di Trump di trovare un intesa di fondo con il Messico per poi costringere il Canada a prendere o lasciare non ha però funzionato completamente. Il PM canadese non può mostrarsi troppo debole sulla scena politica domestica (particolarmente delicate le richieste americane sul fronte dei prodotti agricoli) e la scadenza di venerdì scorso non ha portato ad alcun accordo. Pare che la trattativa sia ancora aperta, nonostante toni non particolarmente concilianti tra US e Canada, e le parti potrebbero risiedersi al tavolo a partire da mercoledì. Il set-up legislativo-giuridico è però tutt’altro che semplice. La scadenza di venerdì era dovuta al tentativo di Trump di marginalizzare l’intervento del Congresso sfruttando una clausola di ‘fast-track’ secondo cui, dando notifica con 90 giorni di anticipo a Camera e Senato, sarebbe necessaria una semplice ratifica (voto sì o no su un trattato già definito) e non una vera e propria fase legislativa parlamentare. Entrando in settembre non sarebbe più possibile dare questo preavviso e al tempo stesso avere come controparte messicana il Presidente uscente Pena Nieto ma bensì la nuova guida Andres Manuel Lopez Obrador, aumentando l’incertezza di una partita già di per sé molto complicata.

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Fonte: Deutsche Bank (DE:DBKGn)

 Wall Street. Dei nuovi massimi assoluti che si sono succeduti con una certa costanza dopo aver superato la chiusura record (2872) del 26 gennaio e di come, nonostante un nuovo peggioramento delle tensioni commerciali, le ultime due sessioni abbiano portato una blanda correzione che può comunque essere letta come un consolidamento dei guadagni (l’S&P si trova comunque a livelli superiori rispetto ai massimi di gennaio), abbiamo parlato più volte. Ho trovato interessante un commento di Morgan Stanley (NYSE:MS) sul regime diverso in atto in quest’ultima fase di salita degli indici. A partire dal 18 giugno i 5 settori migliori dell’azionario US sono stati: Utilities, Telecom (MI:TLIT), Healthcare, Real Estate e Staples. Indubbiamente una virata, più duratura di quanto visto a tratti in passato, verso settori difensivi e, più in generale, qualche segnale in più che la forbice di prestazione tra il dominante mondo Growth e lo zoppicante Value non può continuare all’infinito, quantomeno senza un po’ di contraddittorio. Non so se in questo comportamento differente degli ‘internals’ del mercato si possa leggere qualche indicazione direzionale ma mi sembrava valesse la pena farlo notare.

 Mercati Emergenti. Dopo qualche sessione di forte pressione ribassista, più o meno generalizzata, la settimana scorsa si è chiusa in chiaroscuro. Le perdite, particolarmente evidenti in Argentina e Turchia, anche solo quelle più recenti, sono ben lungi dall’essere state recuperate ma la parte finale della settimana ha portato una via di mezzo tra una stabilizzazione e un moderato rimbalzo. Particolarmente visibile è stato il recupero del real brasiliano (più del 2% dai minimi di giovedì) nell’imminenza della decisione del TSE (livello più alto di tribunale elettorale) sulla candidabilità di Lula, che il mercato avrebbe visto come uno sviluppo estremamente negativo. Come da attese e con un verdetto anche più netto delle aspettative (6-1) l’ex-Presidente, che sta scontando in prigione una condanna a 12 anni, non potrà candidarsi e capitalizzare il netto vantaggio che i sondaggi attualmente gli attribuiscono (30+%, con il secondo candidato più popolare, l’ex-militare di destra Bolsonaro, che non raggiunge il 20%). Resta incerto quanto del suo supporto Lula riuscirà a trasferire al suo sostituto come rappresentate del Partito dei Lavoratori (Fernando Haddad, ex sindaco di San Paolo e ministro nei governi Lula e Rousseff). Il suo sradicamento dalla campagna elettorale non è stato però così completo come alcuni avrebbero auspicato: gli sarà comunque concesso di apparire a supporto di Haddad. Intanto la crisi argentina resta in pieno sviluppo. Una fase ancora più acuta si è innescata settimana scorsa quando il governo ha fatto capire che era necessario il che programma IMF venisse implementato con la massima urgenza. La risposta del Fondo Monetario Internazionale è stata tutto sommato rassicurante sui tempi. Ora però, durante il fine settimana, si è levata qualche critica a come i policy-makers di Buenos Aires stanno gestendo la situazione. La difesa del peso con l’utilizzo significativo di riserve valutarie non è apprezzato dal Fondo.

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Venerdì è stata una sessione di moderato recupero per le valute emergenti più in difficoltà in agosto…

 Italia. Continua il gioco delle parti tra Tria e, a tratti, Conte, che cercano di rassicurare l’Europa sulla moderazione delle richieste di flessibilità che arriveranno nella formulazione della Finanziaria e la postura naturalmente più aggressiva, si auspica principalmente ad uso e consumo politico interno, dei leader dei partiti di governo (nonché vice PM) Salvini e Di Maio. La previsione di deficit fatta dal governo in aprile (1.6% del GDP per il 2018, 0.8% per il 2019) è notoriamente datata, sia perché basata su una previsione di crescita (1.5% nel 2018, 1.4% nel 2019) che si sta rivelando troppo ottimistica (le previsioni di Commissione Europea, IMF e Moody’s, formulate recentemente, si attestano tutte tra 1.0% e 1.2% per l’anno in corso e il prossimo), sia perché non prevedeva un aumento di spesa per interessi che è destinata ad avere qualche impatto con i rendimenti in significativa salita a partire da maggio. Sul Corriere della Sera di ieri Enrico Marro fa un bel quadro della situazione. Al momento il 2018 potrebbe chiudersi con un deficit del 2.2%. Se Tria presentasse una finanziaria con un deficit per il 2019 intorno al 2.0% sarebbe sì lontano dagli obiettivi di aprile ma potrebbe dimostrare una volontà di contenimento (deficit in discesa rispetto al 2018). Ovviamente per rimanere su questi numeri (e non avvicinarsi troppo al fatidico 3%, benchemeno superarlo) dovrà coordinare un’implementazione inizialmente (2019) molto blanda dei pilastri della campagna elettorale della coalizione giallo-verde (reddito di cittadinanza e flat-tax). Intanto venerdì sera Fitch ha rivisto l’outlook sul debito italiano da stabile a negativo, citando principalmente l’incertezza fiscale dovuta all’attuale e inedito quadro politico. Non ha però ritoccato al ribasso, evento improbabile ma molto temuto, l’attuale rating BBB.

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 Back to school. Nonostante l’inizio zoppo (oggi i mercati statunitensi sono chiusi per il Labour Day), la settimana entrante segnerà con ogni probabilità il ritorno a un regime di piena attività. Anche l’agenda macro si vivacizza. In attesa del rapporto sull’occupazione (venerdì) a partire da oggi gli indici PMI da tutto il pianeta ci daranno il polso dell’attività economica rilevata in tempo quasi reale, pur con tutti i limiti metodologici che può avere un sondaggio di operatori rispetto a una rilevazione reale di quantità economiche. Oggi, primo giorno lavorativo del mese, sarà il turno dei PMI manifatturieri (il PMI cinese, nella rilevazione Markit, stanotte è uscito appena sotto le attese a 50.6 vs 50.7), mercoledì quello dei PMI servizi. Per gli Stati Uniti, in vacanza oggi, il tutto sarà ritardato di un giorno (martedì e giovedì sia per l’indice ISM sia per il meno seguito PMI Markit). Buona settimana.

1 Alessandro Balsotti, Strategist e Gestore del JCI FX Macro Fund

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