C’è un certo tipo di silenzio che i mercati conoscono bene. Non quello dell’apatia, ma quello che precede una scelta. È esattamente questo il clima che si respira oggi: un equilibrio instabile, una sospensione operativa in cui le mani forti osservano, valutano, aggiustano la posizione.
Nella giornata di venerdì poi anche Moody’s ha tolto la tripla A al debito USA. Oggi la reazione, abbastanza prevedibile, è una risalita dei rendimenti, anche se è curioso questo ragionamento: Warren Buffett detiene circa il 5% di tutto il debito USA a breve termine. Il 4.5% del portafoglio della Berkshire Hathaway è costituito da azioni Moody’s...
Anche qui voglio andare un pò in controtendenza: se ci preoccupa il debito USA, allora il problema non saranno i nostri portafogli, ma le nostre case, le nostre aziende, ed il nostro lavoro. Invece lo valutere da un punto di vista differente: il rendimento atteso sul mercato azionario USA (S&P 500) a 10 anni è pari al 5.8%.
Il Treasury della stessa durata oggi rende circa il 4.51%, con un Dollaro non più vicino alla parità, ma verso quota 1.12 (valore medio storico tra 1.17 e 1.18). Interessante...
Nel video analizzato, lo scenario viene descritto con chiarezza: indici americani ancora ben impostati, ma privi di quella convinzione che caratterizza i veri trend direzionali.
L’S&P 500 regge i livelli chiave, il Nasdaq sfrutta la forza delle big tech per mantenere slancio, mentre il Dow Jones rimane in una zona di consolidamento che sa più di attesa che di incertezza vera e propria.
Il quadro settoriale, in questo contesto, diventa ancora più importante. La tecnologia continua a fare la parte del leone. Non è una sorpresa: i colossi del comparto, da mesi, battono le attese e si confermano motore di crescita anche in assenza di condizioni macro ideali.
La risalita recente di mercato ha riportato in auge il vecchio tema: le valutazioni, specie sulla parte USA, sono nuovamente sopra media, care (vedi immagine sotto riportata).
Questo, se al -20% è stata un’occasione di acquisto, dovrebbe nuovamente riportare un pò più di prudenza, anche se dovessimo vedere nuovi massimi infatti resta sempre la vecchia legge di mercato valida come la gravità: valutazioni alte oggi = rendimenti attesi futuri bassi
Il settore energetico, invece, si muove in un contesto più nervoso. I prezzi del petrolio sono tornati a oscillare in modo deciso, tra tensioni geopolitiche e scorte fluttuanti. L’instabilità del greggio si riflette sull’azionario legato all’energia, con movimenti spesso scollegati dai fondamentali, più legati alle reazioni emotive del mercato. Un terreno difficile per chi cerca continuità o segnali chiari.
Più rassicurante, ma non per questo immune da rischi, il comparto dei beni di consumo. La domanda resta sostenuta e il consumatore americano, almeno per ora, tiene botta. Tuttavia, la tenuta di questo equilibrio è legata a doppio filo al credito al consumo e al clima di fiducia. Due elementi che potrebbero rapidamente cambiare se la curva dei tassi o la narrativa macro dovesse virare in negativo.
E a proposito di macroeconomia, il focus torna sempre lì: sulla Fed, sui dati, sull’inflazione che inizia a rientrare ma ancora non convince del tutto. La narrativa dell’“atterraggio morbido” prende piede tra gli analisti, alimentata da una combinazione di discesa dei prezzi al consumo e robustezza del mercato del lavoro.
Ma dietro le quinte, la banca centrale americana non ha ancora sciolto le riserve. L’atteggiamento è meno aggressivo rispetto al recente passato, sì, ma parlare di svolta è prematuro. Powell ha imparato che i mercati leggono tra le righe: ogni parola viene pesata, ogni pausa interpretata. In un contesto del genere, la gestione della comunicazione è essa stessa politica monetaria.
Ora, al netto dei numeri, il vero tema operativo è uno: che fare in questa fase?
Molti investitori sbagliano proprio qui, nelle fasi piatte. Quando il mercato sembra fermo, la tentazione di forzare la mano è forte.
Invece di cercare la performance, è meglio proteggere la struttura. Meno leva, più selettività. Niente rincorse, ma semmai piccole costruzioni ragionate su temi solidi, come aziende con pricing power, visibilità sugli utili e bilanci forti.
Le prossime letture su inflazione, occupazione e consumo potrebbero orientare il mercato con maggiore chiarezza. Fino ad allora, l’obiettivo non è anticipare, ma essere pronti.
Chi ha la pazienza di attendere e la disciplina di agire solo quando serve, in questi momenti costruisce un vantaggio competitivo che gli altri vedranno solo a posteriori.
Per ora, ci si muove in acque calme. Ma la storia dei mercati ci insegna che è proprio in queste condizioni che si forma l’onda successiva.

Video completo qui sotto...
Nella giornata di venerdì poi anche Moody’s ha tolto la tripla A al debito USA. Oggi la reazione, abbastanza prevedibile, è una risalita dei rendimenti, anche se è curioso questo ragionamento: Warren Buffett detiene circa il 5% di tutto il debito USA a breve termine. Il 4.5% del portafoglio della Berkshire Hathaway è costituito da azioni Moody’s...
Anche qui voglio andare un pò in controtendenza: se ci preoccupa il debito USA, allora il problema non saranno i nostri portafogli, ma le nostre case, le nostre aziende, ed il nostro lavoro. Invece lo valutere da un punto di vista differente: il rendimento atteso sul mercato azionario USA (S&P 500) a 10 anni è pari al 5.8%.
Il Treasury della stessa durata oggi rende circa il 4.51%, con un Dollaro non più vicino alla parità, ma verso quota 1.12 (valore medio storico tra 1.17 e 1.18). Interessante...
Nel video analizzato, lo scenario viene descritto con chiarezza: indici americani ancora ben impostati, ma privi di quella convinzione che caratterizza i veri trend direzionali.
L’S&P 500 regge i livelli chiave, il Nasdaq sfrutta la forza delle big tech per mantenere slancio, mentre il Dow Jones rimane in una zona di consolidamento che sa più di attesa che di incertezza vera e propria.
Il quadro settoriale, in questo contesto, diventa ancora più importante. La tecnologia continua a fare la parte del leone. Non è una sorpresa: i colossi del comparto, da mesi, battono le attese e si confermano motore di crescita anche in assenza di condizioni macro ideali.
La risalita recente di mercato ha riportato in auge il vecchio tema: le valutazioni, specie sulla parte USA, sono nuovamente sopra media, care (vedi immagine sotto riportata).
Questo, se al -20% è stata un’occasione di acquisto, dovrebbe nuovamente riportare un pò più di prudenza, anche se dovessimo vedere nuovi massimi infatti resta sempre la vecchia legge di mercato valida come la gravità: valutazioni alte oggi = rendimenti attesi futuri bassi
Il settore energetico, invece, si muove in un contesto più nervoso. I prezzi del petrolio sono tornati a oscillare in modo deciso, tra tensioni geopolitiche e scorte fluttuanti. L’instabilità del greggio si riflette sull’azionario legato all’energia, con movimenti spesso scollegati dai fondamentali, più legati alle reazioni emotive del mercato. Un terreno difficile per chi cerca continuità o segnali chiari.
Più rassicurante, ma non per questo immune da rischi, il comparto dei beni di consumo. La domanda resta sostenuta e il consumatore americano, almeno per ora, tiene botta. Tuttavia, la tenuta di questo equilibrio è legata a doppio filo al credito al consumo e al clima di fiducia. Due elementi che potrebbero rapidamente cambiare se la curva dei tassi o la narrativa macro dovesse virare in negativo.
E a proposito di macroeconomia, il focus torna sempre lì: sulla Fed, sui dati, sull’inflazione che inizia a rientrare ma ancora non convince del tutto. La narrativa dell’“atterraggio morbido” prende piede tra gli analisti, alimentata da una combinazione di discesa dei prezzi al consumo e robustezza del mercato del lavoro.
Ma dietro le quinte, la banca centrale americana non ha ancora sciolto le riserve. L’atteggiamento è meno aggressivo rispetto al recente passato, sì, ma parlare di svolta è prematuro. Powell ha imparato che i mercati leggono tra le righe: ogni parola viene pesata, ogni pausa interpretata. In un contesto del genere, la gestione della comunicazione è essa stessa politica monetaria.
Ora, al netto dei numeri, il vero tema operativo è uno: che fare in questa fase?
Molti investitori sbagliano proprio qui, nelle fasi piatte. Quando il mercato sembra fermo, la tentazione di forzare la mano è forte.
Invece di cercare la performance, è meglio proteggere la struttura. Meno leva, più selettività. Niente rincorse, ma semmai piccole costruzioni ragionate su temi solidi, come aziende con pricing power, visibilità sugli utili e bilanci forti.
Le prossime letture su inflazione, occupazione e consumo potrebbero orientare il mercato con maggiore chiarezza. Fino ad allora, l’obiettivo non è anticipare, ma essere pronti.
Chi ha la pazienza di attendere e la disciplina di agire solo quando serve, in questi momenti costruisce un vantaggio competitivo che gli altri vedranno solo a posteriori.
Per ora, ci si muove in acque calme. Ma la storia dei mercati ci insegna che è proprio in queste condizioni che si forma l’onda successiva.

Video completo qui sotto...