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Misure monetarie fiscali massicce per calmare i mercati finanziari

Pubblicato 06.03.2020, 16:15
Aggiornato 09.07.2023, 12:32

La disfatta delle borse della scorsa settimana ha indotto le banche centrali a intervenire prima che i dati economici risentissero dell’epidemia da coronavirus.

Martedì, in un intervento a sorpresa, la Federal Reserve (Fed) ha tagliato di 50 punti base i tassi d’interesse. Sebbene Goldman Sachs abbia invocato un intervento da 50 punti base prima della riunione del FOMC in programma il 15-16 marzo, nemmeno loro si aspettano un taglio così presto.

La banca centrale degli EAU e la Banca del Canada (BoC) hanno tagliato i loro tassi di 50 punti base dopo la decisione della Fed.

Altrove, la banca centrale australiana (Reserve Bank of Australia, RBA), qualche ora prima della Fed aveva abbassato il suo tasso di riferimento, portandolo al minimo storico dello 0,50%.

La Banca del Giappone (BoJ) e la Banca Centrale Europea (BCE) hanno annunciato che sono pronte a intervenire in caso di necessità, per quanto lo spazio di manovra per tagliare i tassi d’interesse sia molto più ridotto per queste due istituzioni rispetto alle altre banche centrali.

Il governatore entrante della Banca d’Inghilterra (BoE) è andato invece controcorrente, affermando di voler vedere più dati per valutare le ripercussioni dell’epidemia di coronavirus. Goldman Sachs, tuttavia, che aveva previsto correttamente l’intervento non programmato della Fed, ora si aspetta un taglio da 50 punti base alla riunione di marzo della BoE, perché l’epidemia “spingerebbe l’economia britannica sull’orlo della recessione” e “il CPM ha sufficiente spazio di manovra per unirsi alle altre principali banche centrali nell’allentare la politica”. Bailey assumerà il controllo della BoE il 16 marzo e potrebbe annunciare il suo primo taglio del tasso alla riunione del CPM del 26 marzo.

Oltre agli intereventi delle banche centrali, anche i funzionari del G7 hanno stilato un comunicato congiunto in cui si legge che adotteranno misure di stimolo fiscale per sostenere le economie.

Poi il Congresso USA mercoledì ha annunciato un decreto d’emergenza con una dotazione di $7,8 miliardi per combattere il rallentamento economico provocato dal virus. La cifra è il triplo dell’importo suggerito dal presidente Donald Trump.

Purtroppo, però, il binomio di interventi monetari e fiscali nelle maggiori economie non è riuscito a innescare un rimbalzo sostenibile sui mercati azionari. Dopo la valanga di tagli dalle banche centrali e stimoli fiscali, gli investitori sembrano più preoccupati che sollevati,.

Perché?

È difficile dire perché i mercati abbiano avuto una reazione impulsiva così negativa ai tagli sincronizzati dei tassi d’interesse; una spiegazione plausibile è che tassi più bassi non risolveranno gli inceppamenti delle catene di fornitura, che hanno significativamente danneggiato l’attività da gennaio e dovrebbero pesare molto sugli utili societari nel primo trimestre. D’altro canto, gli interessi sono così bassi che la mancata voglia di contrarre prestiti non è evidentemente una questione di costi.

In secondo luogo, la reazione brusca e inaspettata della Fed potrebbe essere stata un po’ maldestra. Poiché la Fed potrebbe avere delle informazioni sull’economia che il mercato non ha, gli investitori potrebbero aver interpretato l’intervento della Fed come una reazione dettata dal panico a un problema più grande che loro ancora non vedono. Di conseguenza, l’ansia della Fed potrebbe aver provocato disagio fra gli investitori, che potrebbero aver pensato che, se la Fed taglia i tassi di un valore doppio rispetto ai 25 punti base standard, l’economia potrebbe essere davvero nei guai.

E, cosa ancor più importante, gli investitori ora potrebbero credere che lo stimolo monetario da solo non sia più sufficiente a stimolare l’attività economica. È ora che i governi intervengano insieme alle banche centrali per migliorare le condizioni economiche. Alle promesse dovrebbero quindi seguire interventi di politica concreti. E non siamo certi dell’abilità dei governi europei di procedere con politiche fiscali davvero espansive.

Che cosa succederà?

Alla riunione di politica monetaria del 15-16 marzo, la Fed dovrebbe tagliare di nuovo i tassi d’interesse.

Mentre scriviamo, l’attività sui mercati dei titoli sovrani USA indica una probabilità del 66% di un altro taglio dei tassi da 25 punti base dalla Fed e del 34$ di un taglio da 50 punti base.

Non siamo certi che la Banca Centrale Europea (BCE) e i governi centrali allentino i cordoni della borsa come hanno fatto gli USA, ma il vice presidente della BCE Luis De Guindos lunedì ha ripetuto che la risposta giusta risiede nella politica fiscale. “Quando c’è un problema, non si può sempre guardare alle banche centrali,” ha affermato.

Tuttavia, stando ai dati elaborati da Bloomberg, si prevedono un taglio di 10 punti base alla riunione della BCE della prossima settimana e un taglio complessivo di 20 punti base entro la fine dell’anno.

Qual è il rischio?

È un bene che le banche centrali e i governi agiscano per rovesciare gli impatti negativi del coronavirus sull’economia. Anche se le problematiche causate dal virus inferiranno sicuramente un duro colpo alla crescita globale, non abbiamo ancora visto dati a riguardo.

Il rischio è che, quando inizieranno ad arrivare i dati, le banche centrali e i governi abbiano già giocato il jolly e si trovino ad affrontare la nuova burrasca sul mercato con un margine di manovra ristretto.

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