Settimana condizionata dalle preoccupazioni su Deutsche Bank, nonostante le rassicurazioni del top management. Una decina di hedge funds hanno comunque trasferito la loro liquidità dalla banca tedesca, in attesa di vederci più chiaro. Il titolo fa nuovi minimi e reagisce con forza venerdì in extremis, trascinando un po’ tutti i mercati. Alla fine una settimana potenzialmente molto negativa si chiude con un bilancio piatto, o solo moderatamente negativo.
L’accordo OPEC per la riduzione dell’output è stato l’altro driver delle ultime giornate finanziarie. Un taglio inatteso e limitato, ma che ha fatto tornare al rialzo le quotazioni del Petrolio, salito di oltre l’8% in settimana. Rimangono i dubbi su entità ed implementazione dell’accordo.
Fase di storno dei mercati quindi conclusa? Probabilmente sì per il breve periodo, con i valori di molti indici ancora ben dentro le trend line rialziste (Usa, molti emergenti) o arrivati vicini ai limiti inferiori del lungo trading range (Europa). Che poi questi siano ideali valori di acquisto per posizioni di più lungo respiro è possibile, ma ancora da dimostrare.
USA: Chiudono piatti i due indici americani, grazie alla buona reazione di venerdì. Per il momento non cambia nulla, con trend rialzista che rimane attivo pur senza rilevanti variazioni nelle ultime settimane. Ara 2110 rimane il primo supporto critico cui guardare in caso di debolezza.
Due analisi sul mercato USA che invece destano una qualche preoccupazione in prospettiva. La prima è sulle valutazioni in termini di P/E dello S&P500, che ha raggiunto valori (24,81) non lontani da quelli che si avevano sul picco del 2000 (bolla internet), e già superiori al picco del 2007 (pre-crisi Lehmann). Non si fa trading con il P/E, ma diciamo che siamo nella fascia alta delle valutazioni fondamentali, ed in genere nel lungo periodo gli eccessi tendono a rientrare.
La seconda riguarda il valore degli investimenti in beni capitale, in netta contrazione negli ultimi 3 anni. Un trend anomalo, che storicamente ha accompagnato periodi di recessione (2000 e 2008, righe grigie). Recessione non ancora visibile, con le stime del PIL USA del trimestre in corso sempre sopra al 2%. O quindi una nuova recessione è prossima (ma con segnali ancora non manifesti) oppure un'altra ipotesi è che stiamo assistendo ad una profonda trasformazione dell’economia USA, sempre più orientata ai servizi a basso o bassissimo impegno di capitale. Ultima ipotesi è che vedremo un +10% nella prossima lettura, rimettendo l’anomalia nel cassetto.
Europa: decremento medio dell’1% per gli indici europei, nonostante il buon recupero finale. Dax che al momento non si fa intimidire dalle voci sulla sua banca principale, e chiude con prezzi sempre all’interno della lunga fase di stabilizzazione, dopo aver testato con precisione la trend-line ribassista precedentemente rotta al rialzo (10.200). Ormai due mesi che siamo sempre sugli stessi livelli, vediamo se questa è la volta buona per tentare di attaccare di nuovo le resistenze principali, sempre collocabili tra 10.800 e 11.000
Italia: alla fine tiene bene l’indice italiano, con un calo di -0,3%, la performance relativamente migliore in Europa. Salvo il supporto dei 16.000 punti, seppure con qualche brivido in settimana. Più che possibile qualche ulteriore tentativo di rimbalzo, ma va anche detto che dal punto di vista tecnico la rottura dei 16.000 (sebbene recuperata in chiusura), ha rafforzato la resistenza dei 17.300. Quadro tecnico generale che rimane ostico da commentare: medie mobili e quindi trend che rimangono decisamente orientate al ribasso, mentre rimangono attive le divergenze rialziste sugli oscillatori. Credo che presso le cose si riallineeranno, in una direzione o nell’altra.
Fronte dati macro, da segnalare il crollo degli ordini all’industria del mese di luglio, con una variazione negativa di oltre il -10%, un dato da recessione. Tiene bene il fatturato industriale (+2,1%), ma probabile che il prossimo dato mostri qualche crepa. In ulteriore erosione anche l’indice di fiducia dei consumatori. Un quadro che rimane opaco, a dir poco.
Asia: arrivato un downgrade sul debito pubblico della Turchia, declassato a “spazzatura” da Moody’s. Indice turco il peggiore in settimana (-4,1%). Sotto l’aggiornamento grafico, con un andamento che possiamo definire laterale/ribassista e prezzi che rimangono sotto la trend line discendente dai picchi relativi dello scorso aprile.
Poche novità sugli altri indici asiatici, tutti con modeste variazioni. Sotto l’indice di Shangai, anestetizzato nel 2016. Complicato tentare di trarre profitto da un simile quadro grafico.
Materie prime: settimana debole per l’Oro, che si rimangia i buoni propositi della scorsa settimana. Per ora non cambia molto, con supporti che rimangono nell’area 1260/1300, per un andamento che sembra ancora una fase di ritracciamento di breve periodo.
Uno sguardo ad un comparto che vediamo poco, quello delle carni. Sotto il future del prezzo dei maiali da macello, a nuovi minimi pluriennali. Dai massimi del 2014 oltre il 50% di valore in meno, fenomeno comune anche alla carne bovina. Prezzi al consumo invece fermi, almeno in Italia (dati Istat). Il calo dei prezzi in buona parte sembra essere dovuto al forte calo del costo di allevamento (mangimi in primis). Per informazione, esiste anche un ETF per investire sui suini, ha codice HOGS. Potrebbe tornare utile, ma per il momento aspetterei.
Petrolio Greggio: l’accordo OPEC prevede una riduzione dell’output a 32,5/33 milioni di barili/giorno, rispetto ai 33,2 di agosto. Alcune rapide considerazioni: è solo una bozza e deve essere ratificata al prossimo meeting; stiamo parlando di una riduzione minima, tra l’1% scarso ed il 2%; nessuno garantisce che sarà rispettata; un rialzo dei prezzi potrebbe far aumentare l’output fuori-Opec (Usa in particolare). Ma per ora l’effetto annuncio ha funzionato, con prezzi in crescita dell’8,4% in settimana. Fase laterale ancora possibile, ma alziamo i livelli superiori del trading range (ora 50-52, da 48-50), in un contesto modificato di crescente volatilità.
Valute: sempre poco mosso Eur-Usd, tiene per ora il piccolo canale rialzista di breve, senza rilevanti novità
Più interessante la coppia USD/MXN (peso messicano), che potrebbe essere fortemente influenzata dall’esito elettorale USA. Si dice che una vittoria di Clinton potrebbe allentare la pressione ribassista sul peso, viceversa la vittoria di Trump, più “isolazionista”. La candela settimanale rialzista per MXN rispecchierebbe quindi la percezione (e i sondaggi) più in favore della Clinton dopo il primo dibattito TV. Uso il condizionale perché il collasso del Peso è avvenuto con Obama alla presidenza, non certo con Trump. Presidenti a parte quindi, dal punto di vista grafico potremmo aver concluso una figura di ending diagonal, che se confermata (sotto 18,5/18,7) potrebbe condurre i prezzi a ribassi più rilevanti, quantomeno in area 17. A supporto la divergenza ribassista sul RSI. Quadro negato sopra 20.
Riccardo Zarfati
onehourtrading.it