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Petrolio: proroga dei tagli alla produzione ormai certa? Restano 4 dubbi

Pubblicato 17.05.2017, 14:57
Aggiornato 09.07.2023, 12:31

La versione originale di questo articolo, in inglese, è stata pubblicata il 17.05.2017

Il mercato del petrolio greggio WTI ha ricevuto un duro colpo questa settimana, quando Arabia Saudita e Russia hanno annunciato di essere a favore del prolungamento dei tagli alla produzione da parte dei paesi OPEC e non-OPEC per altri nove mesi, fino alla fine del marzo 2018. Il ministro del petrolio russo Alexander Novak aveva dichiarato che la Russia era indecisa se i tagli andassero estesi o meno oltre il mese di giugno 2017, perciò si tratta di un netto cambiamento di rotta rispetto a quanto reso noto dal paese soltanto ad aprile 2017.

Ora i due principali produttori di greggio aderenti al patto sul taglio alla produzione sembrano essere d’accordo, a soli dieci giorni dal vertice ufficiale dell’OPEC a Vienna. Sembra che la proroga dell’accordo sulla riduzione della produzione sia praticamente cosa certa.

Restano però dei dubbi importanti:

1. L’Arabia Saudita e la Russia riusciranno a convincere i membri OPEC e non-OPEC ad accettare di estendere i tagli per altri nove mesi anziché solo sei?

Molti paesi OPEC saranno favorevoli a prolungare i tagli alla produzione fino al primo trimestre del 2018. L’Iraq, che non ha mai fatto mistero del suo desiderio di voler essere esentato dai tagli alla produzione, ha finalmente annunciato, l’11 maggio, di essere d’accordo con l’estensione dei tagli per altri sei mesi. Potrebbe essere difficile convincere il paese ad accettare altri tre mesi di proroga, ma probabilmente alla fine non si opporrà.

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L’Iran, che si è opposto all’accordo OPEC sui tagli alla produzione dello scorso novembre fino a quando non ha ottenuto una speciale esenzione, dovrebbe appoggiare la proposta. Le esportazioni di greggio iraniane sono diminuite ad aprile e dovrebbero scendere ancora di più a maggio.

Incredibilmente, il Kazakistan, che non fa parte dell’OPEC, rappresenta l’unica opposizione significativa alla proroga di nove mesi. Il paese ha dichiarato di essere a favore di un’estensione dei tagli in linea di principio ma “non sarà in grado di prendere parte a questo accordo (sul prolungamento dei tagli) automaticamente e alle stesse condizioni”. Questo per via dell’espansione del giacimento di Kashagan. In ogni caso, il Kazakistan non è abbastanza influente da far saltare l’accordo.

2. I paesi OPEC e non-OPEC faranno nuovi tagli?

Girano voci secondo cui i partecipanti all’accordo potrebbero decidere di effettuare nuovi tagli quando si incontreranno il 25 maggio a Vienna. È poco probabile che l’OPEC voglia mettere a repentaglio l’attuale accordo che ha contribuito a far salire i prezzi la scorsa settimana. La Russia ha reso noto di recente che potrebbero esserci datre a cinque altri produttori interessati a prendere parte ai tagli alla produzione. Finora, solo il Turkmenistan ha mostrato interesse a partecipare all’accordo. L’adesione di altri paesi aiuterà il gruppo.

3. Quale sarà l’influenza sulla produzione del petrolio da scisto USA?

Nuovi tagli da parte dell’OPEC e degli altri principali produttori continueranno ad incoraggiare i produttori di petrolio da scisto USA e, soprattutto, quelli che continuano a prestargli capitali. L’aumento della produzione statunitense eserciterà una pressione ribassista sui prezzi del greggio. L’ultimo report dell’EIA sulla produzione di petrolio da scisto mostra che la produzione continuerà ad aumentare a giugno. Tuttavia, ci sono segnali che indicano che l’aumento non continuerà allo stesso ritmo. L’aumento dei costi di servizio dovrebbe pesare sui profitti derivanti dallo scisto. I punti di profitto variano molto per quanto riguarda lo scisto, anche all’interno dello stesso giacimento, e ci sono motivi di ritenere che i presunti profitti vantati da alcune operazioni di fracking siano irragionevolmente bassi. Il petrolio da scisto continuerà ad aumentare ma forse non allo stesso ritmo registrato negli ultimi mesi.

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4. Come si inseriscono l’instabilità politica e il trambusto economico in Venezuela nell’accordo sui tagli alla produzione?

Solo un paio di mesi fa, la produzione di greggio venezuelana si attestava a 1,9 milioni di barili al giorno. Con i persistenti problemi nazionali, il Venezuela sta avendo difficoltà a mantenere la produzione. Se i problemi della produzione dovessero peggiorare o se la produzione dovesse cessare del tutto, potrebbero venire meno le motivazioni dei partecipanti all’accordo per continuare con la riduzione. D’altra parte, se gli aderenti all’accordo continueranno a rispettare i tagli previsti e la produzione del Venezuela dovesse scendere per via dell’instabilità, allora l’impatto sulle scorte globali sarà significativo ed i prezzi saliranno di conseguenza.

Nonostante gli eventi in Venezuela, non sembra che l’instabilità del paese sia stata presa in considerazione sul mercato del greggio. Se i disordini dovessero continuare, il mercato dovrà notarli ed il prezzo salirà.

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