La scorsa settimana, il numero di richieste di sussidi di disoccupazione ha superato la soglia dei 3 milioni negli USA, segnale che l’epidemia di Covid-19 ha iniziato a pesare molto sul mercato del lavoro USA. Ora negli USA si registra il numero più elevato di casi di coronavirus al mondo e ciò lascia presagire che la situazione peggiorerà nelle prossime settimane.
Le cattive notizie sono state però buone notizie per il mercato. Gli indici azionari USA sono saliti per il terzo giorno consecutivo; si spera, infatti, che i dati drammatici spingano la Camera dei Rappresentanti ad approvare rapidamente il pacchetto di salvataggio da 2 mila miliardi di dollari. Oggi c’è in programma una votazione. La presidente della Camera Nancy Pelosi ha detto che il pacchetto sarà approvato dalla stragrande maggioranza dei rappresentanti.
Dal canto suo, il presidente della Federal Reserve (Fed) Jerome Powell ha detto che la Fed “non esaurirà le munizioni” e continuerà a sostenere l’economia qualora fossero necessari altri stimoli.
Il dollaro USA è sceso per il terzo giorno consecutivo contro gran parte delle valute G10, invece il rendimento dei decennali USA non si è mosso granché, rimanendo intorno allo 0,80%, perché gran parte degli investitori è ancora scettico sul buttarsi frettolosamente e prematuramente sugli asset rischiosi.
Le prossime sedute mostreranno se il rally dell’azionario di questa settimana è stato un balzo del gatto morto o l’inizio di una ripresa sostenibile.
In Asia gli scambi sono stati contrastati, gran parte degli indici principali ha chiuso in positivo, fatta eccezione per l’azionario australiano e neozelandese. L’annuncio della Cina, che da sabato chiuderà i confini, potrebbe aver provocato una prima correzione ribassista sui mercati oceanici.
L’attività sui future europei e USA suggerisce che anche qui ci saranno delle prese di profitto prima della chiusura settimanale.
Negli USA, anche se la Camera approverà con successo lo storico pacchetto di aiuti fiscali, potremmo assistere a un calo delle borse USA, in un tipico comportamento da “compra sulle voci, vendi sui fatti”.
I dati su redditi e spese personali, in uscita oggi negli USA, potrebbero mostrare qualche segno di debolezza a febbraio, dovuto allo scoppio del coronavirus, anche se il vero impatto negativo s’inizierà a sentire dai dati di marzo. L’indice sul sentiment dei consumatori dell’Università del Michigan, che sarà diffuso oggi, potrebbe tuttavia offrire un quadro migliore sul peggioramento dell’umore negli USA.
L’oro si appresta a registrare i rialzi settimanali maggiori dal 2008, e una parte del progresso è dovuta al ridursi dell’oro fisico, perché le raffinerie hanno rallentato o fermato l’attività per effetto delle chiusure legate al coronavirus. Ciò ha provocato però problemi di liquidità sui mercati dell’oro, per cui i trader si chiedono se il metallo giallo offra la protezione giusta in queste acque agitate. L’oro è rimasto sotto i $1650 l’oncia.
Il greggio WTI si è consolidato appena sotto i $25 al barile e probabilmente si muoverà nell’area compresa fra $20-$25, con una maggiore possibilità di sfondare al rialzo questa fascia.
Sui mercati valutari, l’EUR/USD ha compiuto un rally a 1,1086 sulla scia del diffuso indebolimento del dollaro USA. Il miglioramento della propensione al rischio e ulteriori deflussi dal bene rifugio USD potrebbero spianare la strada a un recupero dell’euro verso quota 1,12.
Il cable ha ampliato i rialzi fino a 1,23, ma il timore che il Regno Unito debba affrontare da solo la crisi del coronavirus dovrebbe fermare il rialzo della sterlina vicino al manico a 1,25 contro il biglietto verde. Alla riunione di politica monetaria di giovedì, la Banca d’Inghilterra (BoE) ha avvertito dei danni all’economia nel lungo termine, con aziende non più in grado di operare e diffusa perdita di posti di lavoro in tutto il paese. La banca si è detta “pronta a rispondere con nuove misure, se necessario, per evitare un restringimento ingiustificato delle condizioni di finanziamento e per sostenere l’economia”, dopo aver già abbassato i tassi d’interesse due volte questo mese, portandoli al minimo storico dello 0,10%, e aver aumentato di 200 miliardi di sterline la dotazione del suo programma di acquisto asset.
Altrove, in un intervento d’emergenza, la banca centrale indiana (Reserve Bank of India) ha abbassato il suo tasso di riferimento di 75 punti base, portandolo al 4,40%, e quello sui pronti con patto di rivendita al 4,15%. L’USD/INR è rimbalzato da 74,30 e si prepara a chiudere la settimana sopra la soglia a 75. Tuttavia, poiché chi opera sul carry trade ha già lasciato il mercato, i tassi più bassi non dovrebbero avere un ulteriore impatto negativo sulla rupia indiana. Al momento ciò che conta davvero è la propensione al rischio globale. Un miglioramento dell’umore dovrebbe far rallentare l’apprezzamento della rupia, nonostante i tassi d’interesse più bassi.