Dalla scorsa settimana, la pandemia da Covid non è più al centro dell’attenzione, in quanto “scavalcata” per importanza dal confitto Russia-Ucraina.
In tutto questo, una nuova parola è diventata di interesse comune, ovvero “SWIFT”. Questa parola in particolare fa parte di un gruppo di sanzioni imposte dai Paesi occidentali alla Russia. Dal momento che tuttavia se ne è molto abusato, e che sembra un po' la “soluzione definitiva” per chiudere la questione, in verità ciò non solo è poco utile, ma rischia anche di ritorcersi contro, vediamo perché.
Swift come funziona
Cominciamo col dire che quando ad esempio Draghi compra 1 Dollaro di gas da Putin, non è che questo Dollaro viene portato dall’Italia alla Russia con le valigette.
Lo scambio avviene infatti “virtualmente”, tramite uno scambio di messaggi che non fanno altro che accreditare la Banca di Putin di 1 Dollaro ed addebitare la Banca di Draghi di 1 Dollaro. Ciascuna delle due banche (immaginiamo Intesa Sanpaolo SpA (MI:ISP) per Draghi e Sberbank Of Russia (LON:SBNCyq) per Putin) hanno a loro volta un conto corrente (solitamente presso una Banca Centrale, tipo Fed e BCE) dove la transazione di questo Dollaro viene registrata.
Ora, bloccare la Russia dal sistema swift, significa di fatto bloccare le transazioni delle banche russe (quindi questo scambio di messaggi e quindi di soldi) con le altre controparti nel resto del mondo.
Arma a doppio taglio
Come sempre però, noi che non dobbiamo vendere copie di giornali, vogliamo approfondire invece perché questo potrebbe essere un errore per noi “occidentali”.
Prima cosa, sono state bloccate dal sistema Swift tutte le transazioni…ad eccezione di quelle che hanno per oggetto il settore energetico. Il messaggio è molto chiaro, “cara Russia ti sanzioniamo però non vogliamo restare senza Future Gas naturale”.
Il motivo lo troviamo nella foto sopra, in particolare vediamo come i principali Paesi Europei (tra cui la Germania) dipendono per quasi metà del loro approvvigionamento proprio dalla Russia.
Ecco quindi che applicare sanzioni “a metà” potrebbe non essere la soluzione.
Questo senza considerare che (udite udite) esistono per la Russia almeno altri 3 sistemi alternativi a Swift (certo, più lenti, meno diffusi, ma pur sempre una possibile alternativa) di cui 2 (pensate) forniti proprio grazie alla Cina (uno da Unionpay e l’altro dalla People Bank of China, la banca centrale cinese), ovvero MIR e CIPS.
Le altre sanzioni
Tra le altre sanzioni, il congelamento dei beni di Putin e dei suoi fedelissimi, nonché il blocco delle riserve valutarie (soprattutto EUR/USD) che la Russia detiene su altre piazze finanziarie. Questo tuttavia potrebbe essere un problema non solo per i russi…ma pure per noi.
Infatti prima l’Iran, oggi la Russia, e se domani toccasse a noi essere costretti a negoziare con il Biden di turno per non vederci bloccate le nostre riserve?
Il ruolo delle criptovalute
Torniamo quindi al tema principale ed alla preoccupazione che dovrebbero avere anche gli altri stati. Esiste un metodo (oppure un sistema) che possa aggirare questo problema ovvero cercare di “disintermediare” gli Stati Uniti (se parliamo di Dollari) per fare in modo che ciascun Paese sia completamente in grado di gestire le proprie riserve?
Oppure pensiamo sotto quale forma stanno arrivando aiuti agli ucraini, non si inviano Dollari, si invia qualcos’altro…
Di seguito riporto a titolo di esempio il grafico di Bitcoin degli ultimi giorni (non tanto dall’invasione Russa, ma dall’applicazione delle sanzioni), a voi la risposta…
Alla prossima!
- Se ritieni utili le mie analisi, e vuoi ricevere gli aggiornamenti quando le pubblico in tempo reale, clicca sul pulsante SEGUI del mio profilo!
- "Quest'articolo è stato scritto a titolo esclusivamente informativo; non costituisce sollecitazione, offerta, consigli, consulenza o raccomandazione all'investimento in quanto tale non vuole incentivare in nessun modo l'acquisto di assets. Ricordo che qualsiasi tipo di assets, viene valutato da più punti di vista ed è altamente rischioso e pertanto, ogni decisione di investimento e il relativo rischio rimangono a carico