Gentili Lettori di Investing.com;
ci avviciniamo alla fine del 2017 e seppur i mercati azionari mondiali continuino a mantenersi euforici, le fonti di stress e pertanto di potenziali shock, sia sul fronte geopolitico sia su quello macroeconomico, si stanno notevolmente incrementando.
La prima e indiscutibile fonte di tensione è l'imprevedibilità e l'estemporaneità degli interventi e delle decisioni del presidente americano; degna di menzione è la mancata ratifica dell'accordo internazionale siglato nel 2015 dagli USA (con Obama), Europa, Russia e Cina circa il nucleare iraniano.
Seppur l'eventuale introduzione di nuove sanzioni all'Iran debba essere deliberato dal Congresso americano entro 60gg (e Trump per ora dal Congresso a maggioranza repubblicana, non è riuscito ad ottenere nulla), si tratterebbe di un provvedimento unilaterale che, con tutta probabilità, non verrebbe condiviso dagli altri Paesi aderenti ed avrebbe pertanto come principale effetto, un inasprimento delle tensioni tra i due Paesi.
Anche per quanto attiene i proclami di riforma del sistema fiscale americano, i progressi politici fatti sinora da Trump sono pressochè pari a zero; risulta al momento difficile pensare che riesca ad ottenere quantomeno l'approvazione di un taglio dell'aliquota fiscale (e quindi non di una vera e propria riforma fiscale) entro fine anno.
In alto mare anche la negoziazione del nuovo accordo commerciale tra USA, Messico e Canada (dopo l'abrogazione del NAFTA) che sta creando un danno economico non trascurabile, sinora in particolare al Paese Centro Americano.
Sul fronte europeo, da segnalare lo stallo nel dialogo tra governo spagnolo e Catalogna, essendo scaduto ieri il primo ultimatum fatto dal governo a Puigdemont circa una maggior chiarezza sulle richieste di indipendenza, senza che quest'ultimo abbia fornito dettagli. Un nuovo ultimatum è fissato per giovedì 19 Ottobre.
Stesso e più preoccupante stallo nelle trattative tra UE e Gran Bretagna, non essendo ad oggi stato formalizzato alcuno step preliminare e propedeutico all'avvio di negoziazioni circa gli accordi commerciali futuri; se non bastasse, la figura di Theresa May come primo ministro appare sempre più in bilico, viste le numerose faide interne al partito Conservatore.
In fase latente, presumibilmente almeno sino alla conclusione del Congresso del Partito Comunista Cinese che inizierà il 20/10 e durerà una settimana, il fronte belligerante nordcoreano.
Nuove tensioni invece, (con riflessi sul prezzo del greggio) in Iraq; il Kurdistan (produttore di circa 600.000 barili di greggio al giorno) ha dichiarato l'indipendenza forzando il Governo iracheno a schierare l'esercito onde evitare il propagarsi del movimento di ribellione.
La Turchia, Paese per il cui tramite il greggio prodotto può essere commercializzato, intende bloccare il transito delle petroliere Curde in caso di escalation della crisi.
Sul fronte macroeconomico, nonostante sia in America sia in Eurozona, l'inflazione in Settembre sia risultata in ritracciamento rispetto le attese (+1,5% vs +1,6% in entrambi i continenti), il mercato finanziario continua ad attendersi un ulteriore rialzo dei tassi d'interesse negli Stati Uniti a Dicembre (probabilità dell'80%) e la definizione di un piano di uscita "dettagliato" dagli stimoli monetari (Quantitative Easing) da parte della Banca Centrale Europea nella prossima riunione del 26/10.
La carne al fuoco è veramente tanta...