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Trade War? Il mercato festeggia (in Asia soprattutto) la composta reazione cinese

Pubblicato 19.09.2018, 10:03
Aggiornato 09.07.2023, 12:32

Mercoledì 19 Settembre

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 La composta reazione cinese, comprendente anche un ritorno allo stimolo infrastrutturale, ha tranquillizzato un mercato molto reattivo a sfruttare il tono positivo, specialmente sulle piazze asiatiche. Alla luce dei fatti i timori espressi ieri dal sottoscritto sull’ultimo giro di vite di Trump sul protezionismo commerciale e su come andasse affrontato con maggiore cautela rispetto agli episodi precedenti, sembrano essere stati rispediti al mittente. Anche se il giudizio con sole 24 ore di price action alle spalle potrebbe essere prematuro.

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 La reazione della Cina. Da Pechino le risposte sono state misurate e nei limiti della prevedibilità, perlomeno quelle apertamente dichiarate, senza avvertimenti espliciti di voler far ricorso a misure non tariffarie ora che l’importo di import dagli Stati Uniti su cui imporre i dazi non è più sufficiente a reagire ‘in natura’: CHINA TO LEVY TARIFFS ON $60B U.S. GOODS, EFFECTIVE SEPT. 24 / TARIFF RATES RANGING BETWEEN 5 TO 10 PERCENT ON U.S. GOODS / HAS NO CHOICE BUT TO RETALIATE AGAINST LATEST U.S. TARIFFS / HOPES U.S. WILL MAINTAIN MUTUALLY BENEFICIAL TRADE RELATIONSHIP / WILL NOT WEAKEN YUAN TO BOOST EXPORTS. Il mercato ha quindi concluso che la probabilità di un’escalation immediata e di un inasprimento ancora maggiore nella relazione sia diminuita. Dal mio punto di vista la situazione resta fluida e per nulla risolta e vanno monitorati in particolare due aspetti. a) se Trump, come promesso in caso di reazione di cinese (che, per quanto blanda, c’è stata), metterà l’amministrazione al lavoro su una nuova ondata per tutto l’import che rimane (267 bio USD) e con quali tempi; b) se, viste le limitazioni sulla quantità di importazioni da tassare, la Cina introdurrà, con più calma ed eventualmente in maniera più occulta, misure di diversa natura.

 Stimolo infrastrutturale. Un altro aspetto che il mercato ha gradito (e già nel finale della sessione asiatica di ieri se ne era visto l’impatto positivo sugli indici cinesi) è stata l’espressa volontà, da parte dei policy-makers di Pechino, di voler metter mano a forme di supporto fiscale in questa fase di sempre più evidente rallentamento domestico, che rischia di venire esacerbato dalle tensioni commerciali con Washington. Meng Wei, il portavoce del National Development and Reform Commission (NDRC), in una conferenza stampa ha annunciato che verranno intensificati investimenti mirati a migliorare debolezze nelle infrastrutture. Evidente l’impatto di mercato sui corsi azionari di società di costruzioni, infrastrutture, acciaierie. Leader di settore come China Railway Construction Corporation, China Communications Construction Company e Tibet Tianlu Corporation sono state fermate per eccesso di rialzo (10% di giornata, nella sessione di martedì) https://www.yuantalks.com/beijing-pledges-more-support-for-infrastructure-projects-stocks-bounce/. Il mercato è ovviamente ben disponibile in questa fase a leggere la notizia in termini positivi anche se la proattività della politica fiscale cinese è una chiara denuncia del disagio di fronte a un deterioramento delle prospettive commerciali (con la Cina che è sempre più consapevole di avere pochissimo controllo sull’agenda di Trump) che si va ad innestare su un rallentamento economico che sta emergendo con sempre maggiore evidenza. Parlavo ieri con proprietary trader di lungo corso sui mercati emergenti (Cina inclusa) e mi raccontava come per la prima volta negli ultimi 10 anni i suoi contatti locali fossero più pessimisti del mondo occidentale sulla situazione macro-economica cinese e di come si stia assistendo a un cambiamento strutturale e pluriennale in grado di rendere molto più complessa rispetto al passato la risposta dei policy-makers ai segnali di rallentamento: a) il debito complessivo del sistema cinese ha raggiunto un livello preoccupante negli ultimi anni ed è stato messo un tetto a quanto le amministrazioni locali, un motore fondamentale nelle varie fasi di reflazione dell’ultimo decennio, possono prendere a prestito (e poi spendere), chiudendo un rubinetto importante di supporto potenziale; b) una priorità di Xi e dell’ultimo piano quinquennale è indubbiamente quella di combattere l’inquinamento con conseguenti ricadute pratiche che rendono più problematica la ‘crescita facile’ di cui siamo stati testimoni per lungo tempo. In buona sostanza, al di là dell’importanza dei tempi e modi con cui la Trade War tra Stati Uniti e Cina si sta sviluppando, è probabilmente necessario non farsi distrarre dal vero elefante della stanza, ovvero se sia davvero in atto un pericoloso rallentamento cinese su cui, si può immaginare volontariamente, l’amministrazione americana stia basando l’efficacia del suo attacco frontale.

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Nel consueto sondaggio mensile (BoA-ML) gli investitori si dicono meno preoccupati, rispetto ad agosto, della Trade War… il rallentamento cinese è, al margine, un timore crescente…

 La reazione del mercato azionario (e dei risky asset più in generale) ai segnali provenienti dalla Cina, moderazione nelle contromisure annunciate e ricorso alla spesa infrastrutturale, è stata comprensibilmente di sollievo e il recupero delle perdite della sessione precedente praticamente completo: S&P 500 +0.5%, Nasdaq +0.8%, Euro Stoxx 50 +0.4%. Evidente anche l’impatto sulle curve dei rendimenti con il bear steepening americano a dettare i tempi. Il rendimento del Treasury a 10Y è salito di 7bp a quota 3.05%, quello a 30Y di 7bp a 3.20%. Entrambi sono tornati ai livelli più alti dal 22 maggio. La curva si è fatta più ripida in maniera significativa: il differenziale 2Y10Y (+5bp) è ora a 26bp. Oltre alla citata scrollata di spalle che i risky asset sono stati capaci di mostrare di fronte alla nuova ondata tariffaria, il movimento delle curve è quasi certamente dovuto anche a fattori tecnici. Il 15 settembre si è chiusa la finestra con cui le aziende potevano utilizzare l’aliquota del 35% per dedurre i contributi pensionistici. Ora si passa al 21% e probabilmente c’è stata un accelerazione di questi contributi e dei conseguenti investimenti, soprattutto sul reddito fisso a lunga scadenza (ma anche sull’azionario), nelle ultime settimane. Un supporto che, ora che è meno fiscalmente conveniente rispetto a prima contribuire ai piani pensionistici, potrebbe venire a mancare per qualche tempo.

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L’azionario cinese prova a rialzare la testa…

 Azionario giapponese, rottura rialzista? Ieri da più di un contatto mi è stato fatto notare il set-up grafico degli indici nipponici, con la rottura di resistenze importanti. Sotto il grafico del Nikkei 225.

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Come il Dow Jones, il Nikkei è un indice ‘price-weighted‘ (una concezione antica che non ha più senso con la facilità tecnologica che ormai da tempo abbiamo di calcolare real-time il valore di indici market ‘cap-weighted’) che quindi presenza notevoli distorsioni, pur inferiori in una composizione di 225 nomi rispetto al DJ (30 nomi). Ho quindi dato un occhiata al grafico dell’indice Topix (pesato a capitalizzazione su 2000+ nomi quotati a Tokio) che è ormai più usato anche dalla Bank of Japan nei sui acquisti QE di ETF. In maniera forse meno eclatante, la rottura sembra simile con anche il superamento di slancio nella sessione che si sta concludendo della media mobile a 200 giorni.

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 La sessione asiatica ha approfittato a piene mani del tono positivo consolidato dalle piazze occidentali nella sessione di ieri: Nikkei +1.2%, Hang Seng +1.3%, Shanghai Comp +1.3%. La riunione della Bank of Japan ha prodotto un comunicato fotocopia, rispettando le attese unanimi per la conferma dello status-quo. L’incontro tra i leader delle due coree ha prodotto un accordo scritto con cui si consente l’accesso di ispettori internazionali in Corea del Nord. Kim ha comunque ricordato che la sua disponibilità alla chiusura dei siti nucleri è rimasta intatta ma necessita che gli Stati Uniti rispettino le condizioni a suo tempo stabilite. Buona giornata.

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Alessandro Balsotti, Strategist e Gestore del JCI FX Macro Fund

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