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Trump colpisce il dollaro, questa settimana attesi altri 3 eventi di rischio

Pubblicato 21.08.2018, 09:36
Aggiornato 09.07.2023, 12:31

Analisi realizzata alla chiusura del mercato statunitense a cura di Kathy Lien, Direttrice di FX Strategy per BK Asset Management.

Il dollaro USA ha iniziato in calo questa settimana di scambi. Il biglietto verde è rimasto stabile o è sceso ulteriormente contro le altre principali valute. Sebbene la domanda fosse ferma all’inizio della seduta di newyorkese, le vendite hanno ricevuto una spinta dopo la notizia che il Presidente Trump si sarebbe lamentato degli aumenti di tassi di interesse da parte della Federal Reserve durante una raccolta fondi agli Hamptons questo fine settimana. È già la seconda volta che il Presidente si lamenta della politica della Fed e in teoria le sue affermazioni non dovrebbero influire sulla politica monetaria. Tuttavia, se la banca centrale aumenterà i tassi di interesse il mese prossimo ma non si impegnerà verso un quanto aumento, molti operatori dei mercati lo attribuiranno senza dubbio alle pressioni del Presidente, che sia vero o meno. In effetti, la vera ragione per cui il dollaro è sceso lunedì è che il rendimento dei titoli del tesoro continua a scendere e Bostic il Presidente della Fed di Atlanta si è detto a favore di soli tre aumenti dei tassi quest’anno, incoraggiando i trader a coprire le posizioni short sull’euro, la sterlina e altre valute beta.

La reazione dei mercati alle dichiarazioni del Presidente Trump ha dato agli investitori un assaggio di ciò che muoverà il mercato Forex questa settimana. In calendario non sono attesi dati economici importanti e gli unici eventi che potrebbero potenzialmente muovere i mercati sono l’indice PMI della zona euro e i report sulle vendite al dettaglio in Canada e Nuova Zelanda.

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Invece, seguite questi tre eventi:

  1. Trattative commerciali tra Cina e USA > martedì e mercoledì
  2. Negoziati tra UE e Brexit > martedì e mercoledì
  3. Jackson Hole > venerdì

Le trattative commerciali tra Cina e USA ed il summit di Jackson Hole potrebbero influenzare tutte le principali valute, mentre l’impatto dei negoziati tra UE e Brexit sarà limitato alla sterlina. David Malpass, il Sottosegretario agli Affari Esteri degli Stati Uniti, incontrerà Wang Shouwen, il vice ministro del commercio cinese. Sebbene non siano attesi accordi a questo livello iniziale di trattative, gli investitori sperano di vedere una certa disponibilità a fare delle concessioni per portare i negoziati ad un livello successivo. Se così fosse, il possibile calo delle tensioni commerciali potrebbe alimentare ulteriormente la propensione al rischio, che si tradurrebbe in nuovi rialzi per il dollaro australiano e canadese e forse anche per l’euro. Anche il cambio USD/JPY potrebbe beneficiarne, ma è importante capire che il motivo per cui il dollaro potrebbe scendere anziché salire è perché è stato trattato da valuta rifugio quando Trump ha colpito con i dazi.

Non ci aspettiamo grandi sorprese dai verbali della Fed di mercoledì né dal summit di Jackson Hole di venerdì.

I verbali indicheranno un miglioramento dell’economia e rafforzeranno le aspettative per un inasprimento il mese prossimo. A Jackson Hole, Il Presidente della Fed Powell probabilmente evidenzierà il successo nel sostegno alla crescita e nel limitare l’inflazione. Non si prevede un picco di aumenti della Fed fino alla metà del prossimo anno, perciò Powell potrebbe limitarsi a confermare che i tassi devono essere alzati in maniera graduale nei prossimi mesi.

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Per quanto riguarda la Brexit, non ci aspettiamo progressi sconvolgenti ma la scadenza di ottobre si avvicina e l’assenza di sviluppi positivi potrebbe essere interpretata come un segnale negativo per la valuta. Circa due anni fa, il responsabile della Commissione UE per i negoziati sulla Brexit, Michel Barnier, aveva dato al Regno Unito 18 mesi per negoziare le condizioni dell’uscita. In quella occasione aveva dichiarato “i negoziati devono terminare entro ottobre 2018 … poco prima della elezioni europee”. Ma a quella data mancano solo due mesi ed il Primo Ministro May sta ancora combattendo per far piegare l’UE su temi importanti come i confini con l’Irlanda. L’UE dal canto suo vede l’avvicinarsi della scadenza come un modo per piegare il Regno Unito; ma non solo la scadenza potrebbe essere spostata a novembre, ma anche la possibilità che non venga siglato alcun accordo cresce in maniera esponenziale. Nessuna delle due opzioni va bene per la sterlina e questo spiega il rally ristretto del cambio GBP/USD nonostante le posizioni short e dati economici accettabili.

Il cambio EUR/USD ha chiuso a 1,15. L’impennata è stata dettata dalla combinazione tra la vendita di dollari USA, short covering e il calo dei rendimenti dei titoli di stato italiani, che sono aumentati in maniera stabile negli ultimi due mesi. Secondo i dati CFTC della scorsa settimana, gli speculatori sono a corto di euro per la prima volta dopo un anno. Sebbene questo non possa sembrare sorprendente o significativo, è un grande cambiamento da aprile, quando le posizioni in euro erano lunghe e ai livelli più alti degli ultimi vent’anni. Siamo molto lontani dall’avere livelli estremi sulle posizioni short (il che vuol dire che il cambio EUR/USD ha ancora modo di scendere) ma dopo una variazione del genere, che ha implicato vendite e chiusure delle posizioni lunghe, la recente ripresa ha attirato i “bottom picker”. Se il cambio EUR/USD riesce a salire al di sopra della media di 200 settimane a 1,470, la prossima fermata potrebbe essere a 1,1550.

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In contrasto alle valute europee, l’impennata delle valute legate alle materie prime è stata più limitata. Il dollaro australiano è salito grazie all’andamento positivo della borsa di Shanghai e dello yuan cinese. I verbali dell’ultimo vertice della Reserve Bank of Australia sono attesi per lunedì sera. Visto l’ottimismo del Governatore Lowe, le previsioni economiche favorevoli e della banca centrale sull’economia e la possibilità che la prossima variazione dei tassi possa essere al rialzo, i verbali dovrebbero favorire anziché sfavorire la valuta. Il dollaro canadese è stato avvantaggiato da prezzi del petrolio più elevati e dalla possibilità di una svolta nei negoziati NAFTA nei prossimi giorni o settimane. Il dollaro neozelandese si è staccato dai recenti minimi ed ha chiuso invariato. Martedì sarà una giornata importante per la valuta vista l’asta casearia e il report sulle vendite al dettaglio del secondo trimestre. I prezzi dei prodotti caseari non hanno registrato variazioni durante l’ultima asta, mentre sono scesi durante 5 delle ultime 6 aste. Se continueranno a scendere, il dollaro neozelandese avrà difficoltà a risalire, ma se saliranno, per la prima volta da maggio, potrebbero dare la spinta al cambio NZD/USD per toccare 67 centesimi.

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