A Cura di Trading Modern
In un momento di transizione multipolare dell’economia globale, le scelte strategiche degli Stati Uniti, guidati da Donald Trump, stanno segnando profondi cambiamenti negli equilibri geopolitici. Due eventi distinti ma interconnessi – la riduzione dei dazi verso la Cina e l’avvio di una maxi-alleanza economica con l’Arabia Saudita – stanno ridisegnando le priorità di Washington e il posizionamento globale dell’America.
La decisione dell’amministrazione Trump di abbassare i dazi alla Cina fino al 30% è stata accolta dai mercati come un segnale di distensione. Tuttavia, osservatori esperti hanno sottolineato che questa mossa rientra in una strategia già ben collaudata: prima lanciare accuse pesanti e richieste irrealistiche, poi applicare pressioni economiche violente, quindi ritirarsi parzialmente dichiarando “grandi progressi” per smontare le difese dei mercati e, infine, mantenere aperta la possibilità di una nuova escalation.
Non è la prima volta che questa dinamica si ripete, e non sarà probabilmente l’ultima. In questo momento ci troviamo nella fase in cui gli operatori sono costretti a smontare molte coperture di rischio, rendendo vulnerabili intere posizioni speculative. Tuttavia, chi conosce la volatilità politica insita nello stile di Trump sa che il ritorno a una linea dura non può essere escluso nelle prossime settimane.
Parallelamente, a Riyadh si è svolto un summit che potrebbe segnare l’inizio di una nuova alleanza strategica senza precedenti tra Stati Uniti e Arabia Saudita. Il 13 maggio 2025, in occasione del Saudi-US Investment Forum, Donald Trump e il principe ereditario Mohammed bin Salman hanno incontrato i CEO di alcune delle aziende più potenti e influenti al mondo: NVIDIA, Amazon (NASDAQ:AMZN), OpenAI, SpaceX e BlackRock (NYSE:BLK). L’obiettivo dichiarato è quello di avviare investimenti per oltre 1.000 miliardi di dollari, con un focus specifico su intelligenza artificiale, cloud computing, spazio, energia e infrastrutture.
NVIDIA è stata una delle protagoniste centrali del summit. L’azienda ha siglato un accordo con il governo saudita per la fornitura di centinaia di migliaia di chip AI, superando le restrizioni statunitensi sull’export di tecnologie avanzate. Il CEO Jensen Huang ha presentato i rack Blackwell per HUMAIN, una nuova società finanziata dal fondo sovrano saudita, progettati per potenziare la capacità locale di sviluppo AI. Gli effetti si sono subito riflessi sui mercati, con le azioni NVIDIA in netto rialzo.
Amazon, attraverso la sua divisione AWS, ha confermato l’impegno a espandere la propria presenza nel Regno, contribuendo allo sviluppo di un’infrastruttura cloud su larga scala. Il CEO Andy Jassy ha partecipato direttamente al vertice, confermando la volontà di realizzare una “AI zone” con data center dedicati e servizi digitali per supportare le applicazioni dell’intelligenza artificiale.
Anche OpenAI, rappresentata dal CEO Sam Altman, era presente a Riyadh. Sebbene non siano stati annunciati accordi ufficiali, è chiaro che l’interesse saudita per la tecnologia AI generativa è alto. OpenAI potrebbe collaborare con HUMAIN per sviluppare modelli linguistici e soluzioni per settori come sanità, istruzione e pubblica amministrazione.
Sul fronte spaziale, SpaceX ha avuto un ruolo chiave. Elon Musk ha discusso con il principe ereditario opportunità di cooperazione in ambito aerospaziale, come lanci satellitari, sviluppo di infrastrutture spaziali e turismo orbitale. Si ipotizza anche un hub logistico per operazioni lunari nel Golfo.
Infine, BlackRock, rappresentata dal CEO Larry Fink, si è posizionata come regista finanziario dell’intero progetto. La società dovrebbe collaborare con il Public Investment Fund saudita per strutturare e gestire i capitali destinati a questi progetti, che ammontano a circa 600 miliardi di dollari. BlackRock potrebbe fungere da ponte tra il capitale globale e gli interessi strategici del Regno, garantendo solidità finanziaria e attrattività per gli investitori internazionali.
Sebbene l’incontro sia stato presentato come un successo mediatico e strategico, non mancano le ombre. Da un lato, i dettagli di molti accordi sono ancora vaghi e prevalentemente preliminari. Non è chiaro quali progetti entreranno effettivamente in fase esecutiva nei prossimi mesi. Dall’altro, ci sono inevitabili questioni etiche e politiche che meritano attenzione. L’Arabia Saudita è da tempo al centro di critiche internazionali per il rispetto dei diritti umani e per il suo ruolo in crisi regionali. Una stretta alleanza con Washington potrebbe essere vista da alcuni come un passo controverso, soprattutto per le implicazioni valoriali che comporta.
Nel complesso, la strategia di Trump sembra puntare su una ricollocazione degli interessi americani: ridurre la dipendenza economica dalla Cina e aprire canali preferenziali con Paesi che offrono risorse e capitali, ma anche una forte domanda di tecnologia. L’alleanza con l’Arabia Saudita, se implementata davvero su larga scala, potrebbe trasformarsi in uno dei pilastri del nuovo ordine economico globale. Resta da vedere se alle parole seguiranno i fatti, e se il fragile equilibrio tra interessi economici e coerenza politica potrà essere davvero mantenuto.
In un momento di transizione multipolare dell’economia globale, le scelte strategiche degli Stati Uniti, guidati da Donald Trump, stanno segnando profondi cambiamenti negli equilibri geopolitici. Due eventi distinti ma interconnessi – la riduzione dei dazi verso la Cina e l’avvio di una maxi-alleanza economica con l’Arabia Saudita – stanno ridisegnando le priorità di Washington e il posizionamento globale dell’America.
La decisione dell’amministrazione Trump di abbassare i dazi alla Cina fino al 30% è stata accolta dai mercati come un segnale di distensione. Tuttavia, osservatori esperti hanno sottolineato che questa mossa rientra in una strategia già ben collaudata: prima lanciare accuse pesanti e richieste irrealistiche, poi applicare pressioni economiche violente, quindi ritirarsi parzialmente dichiarando “grandi progressi” per smontare le difese dei mercati e, infine, mantenere aperta la possibilità di una nuova escalation.
Non è la prima volta che questa dinamica si ripete, e non sarà probabilmente l’ultima. In questo momento ci troviamo nella fase in cui gli operatori sono costretti a smontare molte coperture di rischio, rendendo vulnerabili intere posizioni speculative. Tuttavia, chi conosce la volatilità politica insita nello stile di Trump sa che il ritorno a una linea dura non può essere escluso nelle prossime settimane.
Parallelamente, a Riyadh si è svolto un summit che potrebbe segnare l’inizio di una nuova alleanza strategica senza precedenti tra Stati Uniti e Arabia Saudita. Il 13 maggio 2025, in occasione del Saudi-US Investment Forum, Donald Trump e il principe ereditario Mohammed bin Salman hanno incontrato i CEO di alcune delle aziende più potenti e influenti al mondo: NVIDIA, Amazon (NASDAQ:AMZN), OpenAI, SpaceX e BlackRock (NYSE:BLK). L’obiettivo dichiarato è quello di avviare investimenti per oltre 1.000 miliardi di dollari, con un focus specifico su intelligenza artificiale, cloud computing, spazio, energia e infrastrutture.
NVIDIA è stata una delle protagoniste centrali del summit. L’azienda ha siglato un accordo con il governo saudita per la fornitura di centinaia di migliaia di chip AI, superando le restrizioni statunitensi sull’export di tecnologie avanzate. Il CEO Jensen Huang ha presentato i rack Blackwell per HUMAIN, una nuova società finanziata dal fondo sovrano saudita, progettati per potenziare la capacità locale di sviluppo AI. Gli effetti si sono subito riflessi sui mercati, con le azioni NVIDIA in netto rialzo.
Amazon, attraverso la sua divisione AWS, ha confermato l’impegno a espandere la propria presenza nel Regno, contribuendo allo sviluppo di un’infrastruttura cloud su larga scala. Il CEO Andy Jassy ha partecipato direttamente al vertice, confermando la volontà di realizzare una “AI zone” con data center dedicati e servizi digitali per supportare le applicazioni dell’intelligenza artificiale.
Anche OpenAI, rappresentata dal CEO Sam Altman, era presente a Riyadh. Sebbene non siano stati annunciati accordi ufficiali, è chiaro che l’interesse saudita per la tecnologia AI generativa è alto. OpenAI potrebbe collaborare con HUMAIN per sviluppare modelli linguistici e soluzioni per settori come sanità, istruzione e pubblica amministrazione.
Sul fronte spaziale, SpaceX ha avuto un ruolo chiave. Elon Musk ha discusso con il principe ereditario opportunità di cooperazione in ambito aerospaziale, come lanci satellitari, sviluppo di infrastrutture spaziali e turismo orbitale. Si ipotizza anche un hub logistico per operazioni lunari nel Golfo.
Infine, BlackRock, rappresentata dal CEO Larry Fink, si è posizionata come regista finanziario dell’intero progetto. La società dovrebbe collaborare con il Public Investment Fund saudita per strutturare e gestire i capitali destinati a questi progetti, che ammontano a circa 600 miliardi di dollari. BlackRock potrebbe fungere da ponte tra il capitale globale e gli interessi strategici del Regno, garantendo solidità finanziaria e attrattività per gli investitori internazionali.
Sebbene l’incontro sia stato presentato come un successo mediatico e strategico, non mancano le ombre. Da un lato, i dettagli di molti accordi sono ancora vaghi e prevalentemente preliminari. Non è chiaro quali progetti entreranno effettivamente in fase esecutiva nei prossimi mesi. Dall’altro, ci sono inevitabili questioni etiche e politiche che meritano attenzione. L’Arabia Saudita è da tempo al centro di critiche internazionali per il rispetto dei diritti umani e per il suo ruolo in crisi regionali. Una stretta alleanza con Washington potrebbe essere vista da alcuni come un passo controverso, soprattutto per le implicazioni valoriali che comporta.
Nel complesso, la strategia di Trump sembra puntare su una ricollocazione degli interessi americani: ridurre la dipendenza economica dalla Cina e aprire canali preferenziali con Paesi che offrono risorse e capitali, ma anche una forte domanda di tecnologia. L’alleanza con l’Arabia Saudita, se implementata davvero su larga scala, potrebbe trasformarsi in uno dei pilastri del nuovo ordine economico globale. Resta da vedere se alle parole seguiranno i fatti, e se il fragile equilibrio tra interessi economici e coerenza politica potrà essere davvero mantenuto.