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Tutti gli occhi puntati sull’OPEC

Pubblicato 30.11.2016, 11:20
Aggiornato 31.08.2022, 18:00

Durante la seduta asiatica, i titoli delle agenzie sull’odierna riunione dell’OPEC a Vienna hanno catturato l’attenzione degli operatori, determinando i prezzi degli asset. In Asia, gli indici azionari regionali hanno avuto un andamento contrastato, il Nikkei e l’Hang Seng hanno guadagnato rispettivamente lo 0,5% e lo 0,27%. L’indice composito di Shanghai e l’ASX sono invece scesi per effetto della debolezza dei prezzi delle materie prime.

La riunione dell’OPEC in programma oggi ha generato questa settimana forte volatilità sul mercato petrolifero, facendo salire le probabilità che una decisione inaspettata abbia un effetto marcato sui prezzi. Al momento un taglio della produzione sembra improbabile, visti gli interessi divergenti dei membri.

Stando alle ultime notizie, l’Iran e l’Iraq si oppongono alle pressioni esercitate dall’Arabia Saudita per tagliare la produzione, rendendo complicato un accordo sul taglio alla produzione. C’è, però, il rischio che l’OPEC cerchi di proteggere la sua reputazione, già intaccata, con qualche annuncio (molto probabilmente sugli ulteriori sforzi per gestire l’attuale eccedenza dell’offerta globale).

Il greggio WTI si è stabilizzato al centro della fascia 42-50 USD, sono dunque possibili movimenti in entrambe le direzioni.

Continuiamo a dubitare fortemente sulla possibilità di un accordo significativo e andremmo corti su eventuali comunicati deboli, puntando a un movimento verso la base a 40 USD.

Andremmo corti anche su valute legate al petrolio come la NOK, il CAD, il RUB e l’MXN contro l’USD perché la combinazione di prezzi del greggio più bassi (sensibilità inferiore) da una parte e maggiore differenziale fra i tassi d’interesse dall’altra dovrebbe far aumentare le pressioni a vendere. Sul fronte economico, il PIL canadese riferito al T3 in uscita oggi dovrebbe indicare una solida ripresa della crescita.

In Nuova Zelanda, il ministro delle Finanze Bill English ha detto che i tassi d’interesse hanno toccato il minimo e che la normalizzazione della politica monetaria non è negativa.

I mercati OIS si sono lievemente adeguati ai commenti da falco (vicini comunque ai tassi già scontati), dando una spinta all’NZD.

Altrove, i costi totali (pubblici e privati) previsti per il terremoto a Kaikoura vanno dai 3 agli 8 miliardi di USD; se si considerano anche le agevolazioni fiscali su cui già si è discusso, le prospettive di crescita per la Nuova Zelanda nel 2017 sono molto positive. In Corea, a ottobre la produzione industriale è scesa dell’1,6% a/a, perché gli scioperi dei lavoratori hanno fatto diminuire il numero di auto prodotte e l’incertezza politica ha, in generale, un effetto negativo.

Sulla scia dei solidi dati economici USA pubblicati ieri, l’USD rimane forte, anche se la richiesta della valuta è diminuita marginalmente. Ieri, il PIL USA del T3 è stato rivisto al rialzo, al 3,2% dal 2,9% della stima precedente.

La revisione è legata principalmente alla spesa per i consumi personali. La fiducia dei consumatori USA è salita da 100,8 a 107,1, raggiungendo il massimo dalla recessione.

Infine, i prezzi delle abitazioni americane sono aumentati di nuovo, l’indice Case Shiller sul prezzo delle abitazioni in 20 città americane riferito a settembre è salito dello 0,4% m/m, il tasso annuale di crescita è pari al 5,1%.

Tuttavia, i rendimenti dei titoli di Stato USA a scadenza lunga non sono saliti in modo significativo, anche se in poco tempo hanno già fatto molta strada.

Senza il supporto dai rendimenti, il rialzo dell’USD dovrebbe essere limitato.

I mercati probabilmente compreranno USD in vista del dato ADP (la posizione da cui trarre maggiore beneficio è andare lunghi sull’USD/JPY), perché si prevede che i dati USA continueranno a essere forti. L’USD/JPY rimane all’interno della sua fascia, ma, poiché il supporto chiave resiste a 111,30, un’estensione al rialzo sembra plausibile.

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