La versione originale di questo articolo, in inglese, è stata pubblicata il 02.04.2020
Come previsto, le notizie dai produttori petroliferi USA sono preoccupanti. L’ex segretario per l’energia ed ex governatore del Texas Rick Perry ha riferito a Fox News che “siamo ad un passo dall’enorme collasso di un’industria che avevamo lavorato davvero duramente negli ultimi tre o quattro anni per costruire”.
Whiting Petroleum, uno dei principali produttori della regione di scisto di Bakken in Nord Dakota, ha dichiarato bancarotta il 1° aprile. Lo stesso giorno, Callon Petroleum, un produttore indipendente con sede a Houston sta assumendo consulenti per ristrutturare il suo debito.
Sapevamo che i produttori petroliferi USA sarebbero stati in grande difficoltà con prezzi del greggio bassi e dovremmo aspettarci altre brutte notizie come questa regolarmente. Ma questo non significa che la produzione petrolifera USA crollerà immediatamente.
Grafico mensile future WTI
L’ultima volta che i prezzi sono crollati…
Vediamo cosa è successo nel 2014-2016, l’ultima volta che i produttori USA si sono ritrovati ad affrontare un significativo calo del prezzo. All’epoca, la produzione USA aveva raggiunto il picco nell’aprile 2015. La produzione non aveva raggiunto il minimo prima del settembre 2016.
La situazione odierna, però, non è esattamente la stessa. Nel marzo 2020, i prezzi del greggio sono scesi molto più precipitosamente: del 30% in un solo giorno. Tuttavia, quanto successo cinque anni fa ci ricorda che i produttori statunitensi continueranno a pompare anche quando perdono soldi per ogni barile. Questo perché hanno bisogno di entrate.
Inoltre, alcuni produttori USA hanno delle coperture ed hanno contratti che pagano più di 50 dollari al barile, il che significa che possono continuare a pompare greggio e ricevere maggiori entrate. Enervus stima che circa 2,5 milioni di barili al giorno sono coperti in questo modo.
La produzione quasi certamente scenderà, soprattutto con asset ed intere compagnie che vengono vendute ad aziende meglio posizionate che non hanno bisogno di entrate immediate. In alcuni i casi, i pozzi potrebbero essere abbandonati. L’industria del greggio negli USA ha sempre seguito cicli di espansione-contrazione e in passato abbiamo visto molti produttori che sono semplicemente usciti di scena.
La bancarotta potrebbe non fermare la produzione
È vitale per i trader capire cosa significa quando un produttore come Whiting dichiara bancarotta. Se una compagnia negli Stati Uniti non riesce più a pagare i debiti ai suoi creditori, può fare domanda di bancarotta. Con l’aiuto del tribunale, la compagnia ed i debitori riorganizzano quanto dovuto. Alcuni debiti probabilmente saranno rimessi. Alla fine, Whiting potrebbe uscire dal processo significativamente più forte.
La bancarotta non significa che Whiting fermerà o ridurrà la produzione. Whiting potrebbe dover lasciare il greggio nel terreno come asset da vendere, ma è anche piuttosto possibile che parte del processo di bancarotta richieda a Whiting di continuare a pompare per poter pagare i conti.
Per il momento, circolano voci secondo cui Whiting continuerà a funzionare come prima. Quindi, quando si legge che un’azienda di scisto ha fatto domanda di bancarotta, bisogna capire che si tratta di un segnale di difficoltà, certo, ma non indica necessariamente che la produzione diminuirà nell’immediato futuro. In effetti, potrebbe indicare che la produzione non scenderà, almeno per un po’.
Ieri, il report dell’EIA sulla produzione di greggio USA per la settimana terminata il 27 marzo ha rivelato che gli Stati Uniti producono ancora 13,834 milioni di barili al giorno. Non c’è dubbio che il settore petrolifero USA non sia in difficoltà. Tuttavia, come per le singole compagnie, anche la produzione dell’industria in generale non si preveda che coli a picco domani stesso.
Cosa ci aspetta?
Domani, il Presidente Trump incontrerà i capi di varie grandi compagnie energetiche americane come ExxonMobil (NYSE:XOM) (NYSE:XOM), Chevron (NYSE:CVX), Occidental (NYSE:OXY), Devon Energy (NYSE:DVN), Energy Transfer (NYSE:ET), Phillips 66 (NYSE:PSX) (NYSE:PSX) e Continental Resources (NYSE:CLR).
Nessuno sa se dal vertice verrà fuori un’eventuale politica per supportare l’industria energetica USA, ma è importante ricordare che si tratta di grandi compagnie americane e che i loro interessi sono spesso contrari a quelli delle compagnie petrolifere più piccole che al momento devono affrontare problemi finanziari.
In teoria, il governo USA dovrebbe preferire una produzione americana alta e prezzi del greggio più bassi per raffinerie e consumatori, ma questa non è una possibilità. Il che significa che dovremo aspettare e vedere cosa succederà.