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USA. Quasi tutti si aspettano che la crescita continui. Ne siamo proprio sicuri?

Pubblicato 23.04.2019, 11:32
Aggiornato 09.07.2023, 12:32

Da Modddy's a Goldman Sach's, i grandi oracoli di Wall Street si pronunciano con ottimismo sulle sorti dell'economia statunitense, respingendo la possibilità di una recessione nel 2019 e addirittura pronosticando la crescita anche per il 2020.

Persino la FED, attaccata da Trump per la decisione di rialzare i tassi d'interesse, conferma uno scenario di crescita per il 2019.

A conferma di tali opinoni sono poi sopraggiunti i risultati trimestrali lusinghieri di molte grandi banche americane, rafforzando le aspettative positive sugli andamenti di Borsa.


Però non tutti sono così positivi. Non poco tempo fa, in occasione del Meeting di primavera del Fondo Monetario Internazionale e della Banca Mondiale, Christine Lagarde, direttore del FMI, ha affermato che "siamo passati al rallentamento sincronizzato, con il 75% dell'economia globale in frenata", per poi ricordare come la "fragile" ripresa dell'economia mondiale nella seconda metà del 2019 sia messa a rischio dalla guerra commerciale Cina-Usa, da Brexit e dall'instablità finanziaria italiana.


Ma, allora, quale delle due narrazioni è vera e quale è falsa? Proviamo a fare un po' di chiarezza.

L'economia statunitense non è esente dal subire le conseguenze negative di un clima mondiale di sfiducia e di incertezza, nato con la guerra commerciale alla Cina e che si sta rafforzando sempre di più.

Inoltre gli Usa presentano numerose criticità proprie, delle quali le più pressanti sul breve e medio termine sono probabilmente due: un mercato azionario con quotazioni eccessivamente sopravvalutate a causa di buyback senza controllo e ormai incapace di superare solidamente i massimi di settembre, al quale si aggiunge un mercato delle obbligazioni private che rimane in piedi solo grazie alla politica monetaria accomodante della FED, consentendo così a una moltitudine di aziende inefficienti di indebitarsi a bassi costi, però così esponendosi alla selezione di mercato nel momento in cui dovessero alzarsi i tassi d'interesse.

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Queste due bombe ad orologeria possono essere innescate da varie micce, provenienti sia da dentro sia da fuori gli States.

Per esempio potrebbe iniziare un crollo delle quotazioni azionarie dovuto ad utili molto sotto le attese di alcune importanti aziende del listino, utili che non possono più beneficiare della spinta prodotta dalla riforma fiscale Trump.

Oppure la scintilla potrebbe provenire dalla Cina, come è successo durante il breve mercato Orso scoppiato tra fine 2015 e inizio 2016 tra Hong Kong e Shangai, sconvolgendo per alcuni mesi i listini mondiali. O, ancora, potrebbe provenire dall'Europa, colpita dai dazi USa e da nuove crisi dei debiti sovrani.


Perciò, ritornando al nostro quesito iniziale, si potrebbe rispondere dicendo che è saggio ascoltare la voce fuori dal gregge, specie quando è una voce autorevole, che parla per chi vuole ascoltare.

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