Questa mattina i mercati sono piuttosto nervosi.
A influenzare l'andamento delle valute, tra cui il dollaro che ha registrato una delle oscillazioni più importanti da un po' di tempo a questa parte, la pubblicazione delle riserve valutarie cinesi, scese sotto i tremila miliardi per la prima volta dal 2011.
Ma anche se i numeri della Cina potrebbe rappresentare "il grilletto", c'è sicuramente molto di più dietro il corrente andamento delle valute.
Il dollaro ha registrato una debole performance nell'ultimo mese.
In un discorso tenuto ieri, il membro della Fed Lacker ha affermato che un aumento dei tassi si potrebbe verificare già nel mese prossimo.
Se il presidente Trump finalizzerà e introdurrà un piano di spesa, e la Fed prevedesse tre rialzi nel corso di quest'anno, l'aumento a marzo sarà l'opzione più probabile.
Tuttavia, in questo momento il mercato sta valutando meno del 25% la probabilità di un rialzo dei tassi imminente; ciò lascerebbe ulteriori margini di crescita al dollaro.
Nell'intervento di ieri, Mario Draghi ha assestato un colpo al populismo, attaccando le politiche e le dichiarazioni di Donald Trump e Marine Le Pen.
Tra i passaggi più importanti, l'aver voluto ribadire molto chiaramente che la BCE non è in alcun modo intervenuta nel mercato valutario.
Si tratta ovviamente di una risposta diretta all'amministrazione Trump, che ha accusato molti Paesi, Germania inclusa, di aver manipolato le valute negli ultimi tempi.
Draghi ha inoltre affermato che, anche se l'inflazione è in aumento in alcune aree della zona euro, il programma di stimoli è ancora necessario.
Si tratta, tra l'altro, dello stesso programma di stimoli che ha contribuito a mantenere l'Euro stabile dal 2014.
È vero però che ci sono parecchi modi di intervenire nel mercato delle valute.
Introdurre quantità enormi di denaro allo scopo di mantenere basso il valore della moneta, ad esempio, è una forma di intervento.