LONDRA (Reuters) - L'Angola ha accumulato circa 1 miliardo di dollari di debiti nei confronti delle compagnie petrolifere occidentali che gestiscono i pozzi petroliferi del paese, cosa che ha incentivato la recente vendita di quote nei giacimenti offshore, secondo quanto riferito a Reuters da tre fonti interne al settore.
La portata del debito, accumulato nel corso di diversi anni, è un segno del peggioramento delle sventure finanziarie del gigante statale del greggio Sonangol, una delle più grandi aziende africane, a causa del sotto-investimento nei giacimenti offshore in declino, acuito nel corso della pandemia da Covid-19.
Tale peggioramento arriva mentre le compagnie petrolifere di tutto il mondo stanno mettendo in discussione la propria presenza in costosi progetti a livello globale, in modo da rispettare i propri target climatici, il che potrebbe rendere l'Angola, con i suoi vetusti e complessi giacimenti offshore, una prospettiva meno attraente.
Sonangol e il ministero delle Risorse Minerarie e del Petrolio non hanno risposto a una richiesta di commento da parte di Reuters.
Nel quadro di un accordo di condivisione della produzione di un giacimento petrolifero (Psa), gli azionisti devono pagare il gestore del giacimento per coprire i costi relativi al mantenimento e all'espansione della produzione.
Una compagnia petrolifera nazionale può decidere di pagare in contanti o in barili di petrolio.
Tra i giganti dell'energia che gestiscono giacimenti petroliferi in Angola insieme a Sonangol, ci sono Eni (MI:ENI), Bp (LON:BP), ExxonMobil (NYSE:XOM) e TotalEnergies che non hanno voluto commentare, mentre Chevron non ha immediatamente risposto alla richiesta di un commento.
(Tradotto da Luca Fratangelo in redazione a Danzica, in redazione a Milano Gianluca Semeraro, luca.fratangelo@thomsonreuters.com, +48587696613)