Torna la Fed ma i mercati guardano di più alle mosse di Washington per il rinnovo dei sostegni fiscali. I lati meno noti del Covid, come la distorsione di indicatori chiave a partire dall’inflazione. Perché gli investitori pensano che alla fine con il virus si conviverà
I MERCATI GUARDANO PIÙ A WASHINGTON CHE ALLA FED
Non c’è grandissima attesa sui mercati per l’ultima riunione del FOMC prima delle elezioni, in calendario per il 15-16 settembre. Il comitato che decide la politica monetaria americana si limiterà probabilmente a confermare e dettagliare quanto già annunciato a fine agosto dal suo presidente Jay Powell, vale a dire che lascerà correre l’inflazione anche oltre il target del 2% se serve a creare occupazione, vale a dire tassi fermi intorno a zero per anni, si dice fino al 2023-25, ma c’è chi si spinge a profetizzare fino al 2028. Andranno invece probabilmente deluse le attese di fissazione di obiettivi anche per i rendimenti dei T-bond a 10 anni, anche perché per ora non sembra proprio ce ne sia bisogno, visto che se ne stanno bassissimi da soli tra lo 0,6-0,7% da cinque mesi, vale a dire in territorio negativo in termini reali, visto che l’inflazione viaggia all’1,3%. Più attenzione forse per quello che succede a Washington, dove è ancora impasse in Congresso su rinnovate misure di stimolo fiscale, nonostante le sollecitazioni della stessa Federal Reserve e nonostante i circa 30 milioni di americani che ancora non hanno ritrovato occupazione. La palla è nel campo dei Democratici, da cui però non arrivano segni di iniziativa. Forse perché temono che a meno di 50 giorni dal voto nuovi sostegni economici possano dare una mano a Trump...
** Il presente articolo è stato redatto da FinanciaLounge