Investing.com - L’oro è schizzato a un massimo storico questa settimana, superando i 2.900 dollari l’oncia per la prima volta, in scia all’aumento delle tensioni commerciali.
Questa impennata è arrivata dopo che il Presidente Donald Trump ha parlato di possibili dazi del 25% su tutte le importazioni statunitensi di acciaio e alluminio nel fine settimana.
Ma, nonostante abbia battuto il record, Joe Maher, assistente economista di Capital Economics, suggerisce che il rally potrebbe non mantenere lo slancio per molto.
I metalli preziosi sono una delle classi di asset con la migliore performance nel 2025, nonostante la mancanza di supporto da fattori tradizionali come il dollaro USA e i rendimenti reali. La solita correlazione inversa tra il rendimento dei TIPS USA decennali e il prezzo dell’oro si è notevolmente indebolita di recente.
“Sospettiamo invece che l’oro abbia tratto vantaggio dai timori degli investitori per la possibilità di un’altra guerra commerciale”, spiega Maher in una nota.
“La preoccupazione che l’oro possa ritrovarsi in mezzo al fuoco incrociato della guerra commerciale potrebbe anche aver spinto gli investitori statunitensi ad accumulare il metallo prezioso, per essere pronti ad eventuali dazi futuri che potrebbero colpire le importazioni USA di oro. E questo potrebbe in parte spiegare il recente accumulo di oro sul Comex negli Stati Uniti”, aggiunge.
Tuttavia, l’economista evidenzia che i recenti timori per i dazi sono solo parte di una più ampia divergenza dai tradizionali fattori di traino per l’oro.
Gli acquisti di oro delle banche centrali costituiscono un fattore importante, potenzialmente come strategia per ridurre l’esposizione alle sanzioni statunitensi, come osservato dopo il congelamento di circa 300 miliardi di dollari di riserve russe da parte degli USA e dei loro alleati a seguito dell’invasione russa dell’Ucraina.
Inoltre, il grosso deficit fiscale statunitense, oltre ai recenti commenti del Presidente Trump sul debito nazionale, potrebbe stare influenzando la fiducia dei gestori delle riserve.
Un altro fattore messo in luce da Maher è la robusta domanda di oro dalla Cina, legata non solo alla banca centrale del Paese, ma anche a investitori privati cinesi in cerca di opzioni di investimento sostenibili.
Sebbene Capital Economics ammetta che i fattori non tradizionali potrebbero continuare a sostenere il valore dell’oro nel breve termine, prevede che la diversificazione delle riserve della banca centrale procederà lentamente e che il prezzo elevato dell’oro potrebbe frenare alcuni investitori.
Inoltre, si aspetta un aumento dei rendimenti dei Treasury a lunga scadenza quest’anno, rafforzando la previsione che i prezzi dell’oro scenderanno a 2.750 dollari entro fine 2025.